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Tagli organici statali, in 24mila con lo spettro di diventare esuberi. Solo un terzo può andare subito in pensione

1a1a1_0aaaaaaesuberiDei 24 mila gli statali considerati in “esubero” dalla spending review solo 8 mila possono andare subito in pensione in base alle vecchie regole pre-riforma Fornero. Tutti gli altri rischiano di finire in mobilità. Su questi numeri, si aprirà la prima partita d’autunno per il governo dopo i tagli varati con il decreto taglia-spesa diventato legge a inizio agosto: il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, incontra oggi i sindacati del settore pubblico per avviare una trattativa che si annuncia tutta in salita In attesa degli incontri a palazzo Chigi con le parti sociali (domani toccherà alle imprese e l’11 settembre ai sindacati) per affrontare i nodi della crescita e del lavoro, il governo comincerà a scoprire le carte sui tagli agli uffici pubblici centrali e periferici.

I sindacati si aspettano che Patroni Griffi spieghi con quali criteri e quali strumenti il governo intende “sfoltire” gli organici pubblici, senza ricorrere ai licenziamenti. L’agenda governativa d’autunno parte dai tagli agli statali: una circostanza che aiuta il dialogo sulla crescita, fortemente condizionato dalle richieste delle parti sociali. Sia le imprese che i sindacati fanno pressing sul premier Mario Monti per ottenere sgravi fiscali, proposti in verità anche da alcuni ministri

Si va dalla riduzione del cuneo fiscale al credito d’imposta per la ricerca, dalla defiscalizzazione del salario di produttività alla detassazione delle tredicesime. Un’ipotesi, quest’ultima rilanciata ieri da Susanna Camusso, leader della Cgil, che ha suggerito di usare i proventi della lotta all’evasione per compensare i minori incassi (una tantum) sulle tredicesime. Braccio di ferro sugli statali Entro dicembre il governo deve passare dai tagli astratti (una sforbiciata del 20 per cento ai dirigenti e del 10 per cento agli impiegati) a quelli concreti, individuando per ogni comparto pubblico i lavoratori considerati di troppo. I conti sono già stati fatti nella relazione tecnica della spending review: si tratta di 24 mila persone da prepensionare o da ricollocare in attesa della pensione. Sono 11 mila gli esuberi degli uffici centrali, distribuiti tra ministeri (5 mila 600 lavoratori), Inps (4 mila 200 addetti) e mail (circa mille persone). Poi ci sono 13 mila tagli nel settore degli enti locali (escluse le Regioni): si va dalle Province ai piccoli Comuni comprese le società in house, fino agli uffici statali periferici che scompariranno con il dimezzamento delle Province. Entro la fine di ottobre, le singole amministrazioni dovranno presentare una “mappa” completa degli esuberi nei singoli comparti. Ma il problema principale, su cui oggi i sindacati chiederanno al ministro, di fare chiarezza come il governo intende procedere per ridurre gli organici pubblici senza licenziamenti (finora esclusi da Patroni Griffi). Si partirà con i prepensionamenti in base ai requisiti pre-riforma, quelli in vigore fino a dicembre 201E una via d’uscita che può essere utilizzata da 6 mila statali e 2 mila lavoratori degli enti locali. Per gli altri si profila il ricorso alla “mobilità”, che significa stipendio pagato all’80 per cento per 24 mesi fino alla pensione (nel 2014, con i requisiti della riforma Fornero). In alternativa, si potrà ricorrere alla “mobilità lunga”, cioè 4 anni con lo stipendio ridotto fino alla pensione: ammortizzatore che però può essere usato solo per i ministeriali.

Il pressing sulle tasse Domani le imprese faranno le loro proposte per la crescita. La Confindustria chiede di ripristinare il credito d’imposta per chi investe in ricerca e innovazione: un bonus che vale circa 1 miliardo. Poi toccherà ai sindacati, che vogliono meno tasse in busta paga ma procedono in ordine sparso. La Cisl punta a incentivare il salario di produttività mentre la Cgil vorrebbe de-tassare le tredicesime sotto i 150 mila euro. Una misura che non si sa quanto costa ma riguarderebbe la stragrande maggioranza dei lavoratori. Ritorna in ballo anche la riduzione del cuneo fiscale (proposto dal ministro Fornero), che richiede tra i 5 e 10 miliardi per avere un qualche effetto. Di fronte a questo assalto, il Tesoro si prepara da alzare le barricate. Al Consiglio dei ministri di domani, il ministro Vittorio Grilli è pronto difendere la linea del rigore con un argomento a prova di bomba non si possono tagliare le tasse mentre ancora mancano all’appello 6-7 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel 2013 e altri 2 mila miliardi per le misure a sostegno delle famiglie più povere.

Il Secolo XIX – 4 settembre 2012

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