Al Consiglio dei ministri Ue dell’Agricoltura, il Commissario Salute e Consumatori Tonio Borg ha illustrato la Relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza per le carni utilizzate come ingrediente COM (2013) 755, pubblicata lo scorso dicembre 2013.
Relazione, non proposta normativa
Un primo motivo da sottolineare riguarda la forma: la Commissione, infatti, temendo un rifiuto della proposta normativa in ragione di opinioni anche molto diverse tra gli Stati membri, ha presentato una semplice relazione.
Un documento quindi da discutere e con elementi da approfondire.
Studio di impatto
In base alla relazione di impatto pubblicata in precedenza dalla Commissione (e di cui avevamo dato notizia, entro la quale si valutavano i costi e i benefici), sebbene i consumatori vogliano “virtualmente” l’origine degli ingredienti (90%), solo una parte di essi sarebbe disposta a pagare un premio di prezzo (60-80%). Il Commissario alla Salute Tonio Borg ha quantificato in un 10%-15% massimo l’aumento di costo in caso di compliance con l’obbligo.
Ma il dibattito in corso ha visto un forte ruolo del Parlamento UE, che vorrebbe una legislazione estensiva. E ha visto una lettera di fuoco proprio a Tonio Borg per avere a tutti i costi l’origine della carne come ingrediente.
Mentre la Francia ha anticipato i giochi con una propria normativa nazionale.
Strumento contro la frode?
In diversi, incluso lo stesso Tonio Borg (ma anche Esther de Lange nella sua relazione sulle Frodi alimentari) sottolineano che l’etichettatura d’origine non risolve il problema delle frodi. Una frode infatti e per definizione può ugualmente avvantaggiarsi della mendace indicazione d’origine di un prodotto per ottenere un premio di prezzo dai consumatori.
Ma qui occorre fare una riflessione. La frode è comunque un meccanismo “costoso” in termini giuridici per chi la svolge. Ora, fare trasparenza con l’etichettatura e imporre ai confezionatori di indicare l’origine, sicuramente contribuisce a eliminare commerci poco trasparenti, sia pure legali, e comunque fatti solo con l’obiettivo del massimo risparmio. Deprimendo così qualità e in certi casi anche sicurezza alimentare. Di conseguenza, tutto quel che contribuisce ad elevare gli standard produttivi e la trasparenza- inclusa l’origine degli ingredienti, laddove possibile- va salutato positivamente. Certo, si potrà frodare anche su questo aspetto. Ma si avrà la certezza di aver infranto la normativa e perciò di essere perseguibili. Oggi non è ovviamente così.
Le posizioni dei paesi Europei
L’Italia tramite il Ministro Maurizio Martina ha chiesto la necessità di trovare un bilanciamento tra costi e benefici attesi da una maggiore trasparenza in etichetta. Idem la Germania (forte paese trasformatore). Più decise sull’obbligo di etichettatura Francia, Svezia, Olanda. Austria. Contrario Regno Unito (adducendo costi per consumatori ed operatori) e cautela anche da Spagna, Irlanda, Malta. Del tutto contrarie Repubblica Ceca, Estonia, Romania.
A chiarimento la presidenza greca dell’Unione ha rimandato a più approfondita discussione nel Gruppo di lavoro del Consiglio dei Ministri UE per approfondire le posizioni dei vari paesi.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 28 marzo 2014