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Pa, la riforma prova a ripartire. Con lo stop ai subemendamenti da martedì è all’esame al Senato. I dirigenti pubblici contro la nuova legge

Stretta sulle partecipate in rosso e sanatoria “salva-sindaci”. Sono solo due dei principali nodi da cui proverà in settimana a rimettersi in cammino la riforma della pubblica amministrazione. Dopo 300 giorni trascorsi in Commissione Affari costituzionali del Senato, schiacciata tra le riforme istituzionali, l’Italicum e il consueto via libera di fine anno alla legge di Stabilità, la cosiddetta “riforma Madia” tenterà martedì prossimo di ripartire dalla scadenza del termine per i subemendamenti alle proposte di modifica presentate dal relatore Giorgio Pagliari (Pd).

E proprio tra questi emendamenti del relatore sono spuntate le nuove spine della riforma. A partire la stretta sulle 2.380 società in perdita: rilanciando il “piano Cottarelli” verrebbe previsto, in caso di disavanzo, prima un piano di rientro e, se questo fallisce, dissesto ed eventuale commissariamento. Stretta in arrivo anche sugli affidamenti in house. Più caldo il tema rilanciato su queste pagine della “sanatoria-salva sindaci”. Con un emendamento del relatore, infatti, nell’ambito della riforma della dirigenza si punterebbe a rafforzare il principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione e del conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativocontabile per l’attività gestionale.

La discussione parlamentare, come ha dichiarato il 25 gennaio scorso al Sole-24 Ore lo stesso ministro per la Funziona pubblica Marianna Madia, dovrà essere «aperta come lo è stataqualchemesefasuldecretosullaPa:“sanatorie” o “colpi di spugna” non sono nelle nostre intenzioni».

Partita con 16 articoli e la previsione di non meno di 10 deleghe da esercitare nei 12 mesi successivi all’approvazione della legge, resta tra le priorità dell’Esecutivo Renzi. Gli obiettivi sono noti: innovare la Pa riorganizzando l’amministrazione dello Stato (centrale e periferica), riformare la dirigenza, ridefinire il perimetro pubblico e, tra l’altro, riordinare la disciplina del lavoro alle dipendenze della Pa. Proprio su quest’ultima delega il confronto con i sindacati sarà particolarmente acuto, vista la preannunciata mobilitazione per il contratto di lavoro. Il Governo punta soprattutto ad accentrare i concorsi e riprogrammare i meccanismi di assunzione, puntando sul calcolo dei fabbisogni del personale delle amministrazioni con il superamento delle vecchiedotazioniorganiche. Altronodocruciale sarà la rilevazione delle competenze. (Il Sole 24 Ore)

I dirigenti pubblici contro la nuova legge: farà sparire la scuola per i supermanager

Negli emendamenti spunta l’appalto ai privati del reclutamento e della formazione

La legge delega sulla Pubblica amministrazione riaccende i motori. Domani scade il termine per la presentazione dei subemendamenti agli emendamenti formulati dal relatore Giorgio Pagliari (Pd) il 20 gennaio scorso. La pausa è servita a quanti volevano approfondirne i contenuti per preparare la controffensiva. Primi fra tutti i dirigenti della P.a., bersaglio di una legge delega già molto dura che gli emendamenti di Pagliari rendono, per certi aspetti, ancora più indigesta.

Proprio su questi emendamenti si appunta l’attenzione dell’Associazione dei dirigenti che provengono dalla Scuola nazionale dell’amministrazione (Sna), da cui negli ultimi 15 anni sono usciti 500 nuovi manager pubblici. Preoccupa l’ipotesi di esternalizzazione del sistema di reclutamento e formazione della dirigenza pubblica, che ridurrebbe la Sna a un ruolo simile a quello di un’agenzia, ipotesi che emerge dalla lettura degli emendamenti Pagliari. In particolare quello che, con riferimento al sistema di formazione dei pubblici dirigenti, prevede «la revisione dell’ordinamento, della missione e dell’assetto organizzativo della Scuola nazionale dell’amministrazione con eventuale trasformazione della natura giuridica, con il coinvolgimento di istituzioni nazionali ed internazionali di riconosciuto prestigio». Una trasformazione della scuola che dovrà «assicurare l’omogeneità della qualità e dei contenuti formativi dei dirigenti dei diversi ruoli», e offrire la «possibilità di avvalersi, per le attività di reclutamento e di formazione, delle migliori istituzioni di formazione, selezionate con procedure trasparenti, nel rispetto di regole e indirizzi generali e uniformi».

Secondo l’associazione di allievi Sna, guidata da Alfredo Ferrante, la formulazione della proposta affida una vera e propria delega in bianco al governo per la stesura dei decreti delegati, rendendola inammissibile. Nel merito poi, la possibile trasformazione della Sna da soggetto pubblico a privato (in un’agenzia?) comporta di appaltare di fatto a soggetti esterni non ben individuati le attività non solo di formazione ma di reclutamento della dirigenza pubblica. «Ciò — aggiunge l’associazione — comporta non solo un inutile aggravio di spesa pubblica ma l’espropriazione di una delle più delicate funzioni dello Stato–datore di lavoro, ovvero la selezione, il reclutamento e la formazione della dirigenza pubblica».

Un altro emendamento di Pagliari rende ancora più chiaro il destino della Sna, laddove riformula l’articolo della delega sulla formazione dei dirigenti che prevedeva «la definizione di obblighi formativi annuali e delle modalità del relativo adempimento presso la Sna», cancellando proprio l’espressione «presso la Sna», che dunque non costituirà più il luogo naturale di erogazione della formazione. L’emendamento mantiene però l’obbligo per i dirigenti pubblici di prestare gratuitamente la propria opera di formazione, senza alcun limite temporale presso soggetti esterni alla P.a . (Antonella Baccaro – Il Corriere della Sera)

2 febbraio 2015 

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