
Padova. Carne rossa, il ministero: «Fino a 500 grammi si può». Il nutrizionista: non va messa in discussione l’Oms. I vegani: l’uomo può farne a meno
Si sa che non è un gran periodo per i consumi di carne. Un po’ perché pesa sul bilancio familiare, un po’ per gli allarmi degli scienziati. Troppa, a quanto pare, fa male: meglio non superare una porzione a settimana (80-90 grammi) di carni rosse, suggerisce l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Ma la guerra tra i produttori da una parte e alcuni fra ricercatori, vegetariani e vegani dall’altra, è sulla dose massima oltre la quale si rischierebbe il peggio. Per capire, va fatto un passo indietro.
Ieri mattina, nel campus di Agripolis dell’Università di Padova, si è tenuto l’evento «Festeggiamo assieme la nostra Qualità certificata», voluto dalla cooperativa «Azove» di Ospedaletto Euganeo, leader in Veneto per la produzione di carne. Con 45 anni di storia, gestisce l’intera filiera produttiva, dall’allevamento alla commercializzazione. Oltre 130 gli associati, per una produzione annua di 45mila capi. Dice il direttore Giuseppe Borin: «Con un fatturato 2016 di oltre 130 milioni di euro e più di 11 milioni di chili di carne lavorati e commercializzati, Azove ha registrato un utile di 225mila euro». Ma sono dati in controtendenza. Il trend dei consumi continua a calare: -3,3% nel 2016; un po’ meglio del -6% del 2015. C’entrano gli stili di vita, le mode, ma anche un avviso dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet : gli individui che seguono diete ricche di carni rosse e lavorate avrebbero un maggior rischio di sviluppare alcune patologie come il cancro. Soprattutto il tumore al colon-retto. Ieri però il professor Mauro Zamboni, nutrizionista e componente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare del ministero della Salute, ha reso noto un altro studio, più tagliato per l’Italia. Che dice: «L’insorgere di tumori può dipendere non solo dalla carne ma da tanti fattori, legati anche all’ambiente, alla genetica e, per esempio, ai conservanti utilizzati. Vista la qualità del prodotto italiano, fino a 450/500 grammi alla settimana di consumo di carne rossa il rischio è basso o assente».
Non è d’accordo il dottor Francesco Francini, nutrizionista dell’Azienda ospedaliera di Padova: «Ci starei attento a mettere in discussione l’Oms e a parlare di numeri. È una questione complessa, c’è chi consuma nella stessa giornata carne rossa e insaccati, inoltre il rischio aumenta se la carne è cotta ad alte temperature, come nelle grigliate. In questo ultimo caso si producono ammine aromatiche che possono aumentare sensibilmente il pericolo. Invece diminuisce se alla carne si associa il consumo di insalata o di vegetali che contengono sostanze ossidanti, polifenoli, carotenoidi. E anche l’effetto di alcune sostanze benefiche dipende da come sono cotti i vegetali: meglio al vapore o con il microonde che bolliti»». Più radicale la presidente dell’Associazione vegani italiani, Renata Balducci: «All’essere umano non serve carne, di nessun colore. Coloro che affermano il contrario non fanno riferimento ad evidenze scientifiche. Vegetariani e vegani hanno un minor rischio di sviluppare certe malattie». E la vitamina B12, presente nelle carni? «I vegani devono ricorrere a fonti affidabili di questa vitamina, come alimenti fortificati o integratori», chiude Balducci.
Marco de’ Francesco – Il Corriere del Veneto – 9 giugno 2017