Superare la rigidità delle regole attualmente vigenti per l’accesso alla pensione. Nella legge di stabilità per il 2016 le soluzioni per consentire il ritiro anticipato. Uscita anticipata ma con penalità progressive; ricalcolo dell’assegno pensionistico solo con il metodo contributivo; estensione dell’opzione donna; ritorno alle quote di età e contributi; staffetta generazionale. Sono i criteri tra i quali il Governo e il Parlamento dovranno scegliere, per rendere più flessibile l’accesso alla pensione. Una scelta da maturare con un occhio ai conti. Questo l’obiettivo del governo, che farà la sua scelta in autunno, inserendola nella legge di stabilità 2016: un veicolo obbligato, perché il nodo principale, in realtà, è comunque quello delle coperture. Intanto però, si stanno delineando cinque criteri fondamentali, sui quali si stanno confrontando il governo, il Parlamento e lo stesso Inps. Queste possibili soluzioni vengono illustrate in dettaglio nel servizio di oggi del Sole 24 Ore e si possono così riassumere.
-l’applicazione del metodo contributivo in luogo di quello misto (post-Fornero o post-Dini) per chi sceglie di andare in pensione prima dei requisiti standard;
-una penalizzazione economica correlata agli anni di anticipo;
-la staffetta generazionale;
-il ripristino delle “quote”, cioè il raggiungimento di un valore minimo sommando gli anni di contribuzione e l’età;
-l’estensione dell’attuale «opzione donna».
Il dibattito è avviato da tempo: buona parte di queste ipotesi, infatti, è già contenuta in proposte di legge presentate negli ultimi due anni e ora all’esame della commissione Lavoro della Camera, con l’obiettivo di arrivare a un testo unico condiviso. Tuttavia il governo sta a sua volta lavorando su questo fronte e non è detto che i due percorsi arrivino allo stesso punto. Anzi: il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, spinge molto la sua soluzione, contenuta nella proposta di legge 857, basata su una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo del pensionamento rispetto ai 66 anni di età.
Durante la sua audizione in commissione, mercoledì scorso, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha parlato sì di flessibilità, ma ha posto l’accento in particolare sulla staffetta generazionale. «La normativa ha realizzato un blocco rigido – ha affermato Poletti – senza possibilità di costruire percorsi in qualche modo alternativi e questo credo non sia una soluzione adeguata». Da qui la necessità di individuare delle possibilità di pensionamento anticipato, tenendo presente che il prossimo intervento deve evitare di aggiungere elementi di iniquità nel rapporto tra generazioni e la maggiore flessibilità in uscita non deve determinare ulteriori oneri per i giovani che hanno già un carico «rilevantissimo».
Inoltre, nell’individuare i meccanismi di flessibilità, ha aggiunto il ministro, si deve tener presente che se sono troppo onerosi per gli interessati diventano disincentivanti, mentre se c’è un eccesso di vantaggio potrebbero essere utilizzati troppo mettendo a rischio l’equilibrio finanziario del comparto previdenziale.
Il caso più noto, probabilmente, è quello dell’opzione donna, che consente di anticipare il pensionamento se le lavoratrici accettano il ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo. Un’opzione che scadrebbe quest’anno ma che si chiede venga prorogata. Altro punto di intervento ricordato dallo stesso Poletti sono le ricongiunzioni onerose. Un intervento per limitare i costi di questa operazione garantirebbe maggiore flessibilità perché lavoratori che oggi non riescono a raggiungere i requisiti vi potrebbero riuscire sommando le diverse posizioni previdenziali, senza quindi necessità di ricorrere a forme di flessibilità. E poi ci sono i lavori considerati usuranti, che potrebbero essere estesi a tipologie di impiego finora escluse.
Senza dimenticare gli esodati ancora in attesa di un intervento e, in prospettiva, una soluzione specifica per gli ultra cinquantacinquenni che perdono il lavoro senza avere i requisiti per la pensione, con la prospettiva di rimanere inattivi per anni. Qui si dovrà decidere se intervenire con una misura previdenziale o assistenziale. Su questo specifico fronte, l’Inps dovrebbe entro giugno presentare una proposta.
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Matteo Prioschi – Il Sole 24 Ore – 8 giugno 2015