Roberto Petrini. Matteo Renzi tira dritto sulla flessibilità in uscita dalla pensione, conferma che il governo «sta studiando» i meccanismi da introdurre, come ormai sembra concretizzarsi, all’interno della prossima legge di Stabilità. Sull’onere finanziario, nodo che il ministro dell’Economia aveva sollevato nell’intervista a «Repubblica », il presidente del Consiglio apre ad una possibile soluzione di intesa con il Tesoro: «Condivido totalmente la linea di Padoan: i conti pensionistici non si toccano e non metteremo una voce “più” sul costo delle pensioni », ha chiarito ieri nel suo intervento alla direzione del Pd.
La soluzione sarà trovata facendo un gesto di «buon senso e di buona volontà, magari con un piccolo aumento di costi nell’immediato che saranno recuperati in prospettiva ». Fin dalla mattina il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, da Modena, aveva confermato che il governo «sta lavorando sulla riforma delle pensioni sullo scalino introdotto dalla riforma Fornero che blocca il turn over» e aveva aggiunto di essere in contatto con Padoan per valutare «opzioni e punti di equilibrio».
Il tema è caldo e scende in campo la leader della Cgil Susanna Camusso in polemica diretta con il ministro del Tesoro che aveva circoscritto la valutazione dell’età pensionabile alla sola aspettativa di vita. «Se Padoan pensa che l’unico criterio sia l’aspettativa di vita allora facciamola per mestieri e scopriremo che è molto diversa per chi stacca cedole e chi lavora all’altoforno». Chiede la convocazione dei sindacati e una proposta «chiara» la segretaria della Cisl Anna Maria Furlan. Entra nel merito il «numero uno» della Uil Carmelo Barbagallo che ritiene «inaccettabile» la penalizzazione del 15 per centoi.
Segnali di dialogo vengono anche dal presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano che, dopo le parole di Renzi, si dice disposto ad aggiustamenti tecnici. La sua proposta, firmata insieme al sottosegretario al Tesoro Pierpaolo Baretta, prevede una penalizzazione dell’8 per cento per anticipare di quattro anni, da 66 anni e 7 mesi a 62 anni, il prepensionamento. Il punto critico di questo progetto era appunto quello dei costi che, secondo i firmatari, sarebbe meno di 4 miliardi considerando le stime di coloro disposti ad aderire (se fosse l’intera platea si salirebbe ad 8 miliardi). Si lavora dunque, partendo da questa base, per alzare la penalizzazione e portarla verso il 4 per cento per ciascun anno fino ad arrivare dunque intorno al 15 per cento. L’altra ipotesi è quella di consentire l’uscita a 63 anni, dunque con tre anni di sconto invece di quattro, riducendo anche in questo modo la platea. Le maglie più strette, secondo quanto viene riferito, consentirebbero costi zero o piuttosto bassi e sostenibili.
In arrivo anche la cosiddetta «opzione-uomo» per disoccupati senior, in pratica esodati a pochi anni dalla pensione che avrebbero così un meccanismo di salvataggio strutturale, che potrebbero beneficiare anch’essi dell’uscita anticipata con penalizzazioni legate alle speranza di vita. Lo stesso sistema sarebbe introdotto per la nuova opzione-donna: l’uscita anticipata salirebbe da 57 a 62-63 anni e la riduzione sarerebbe del10 per cento (invece del 30 con il ricalcolo sulla base del contributivo).
Repubblica – 22 settembre 2015