Per nove delle dodici sostanze analizzate, le concentrazioni nel sangue dei residenti nei Comuni a esposizione incrementale sono risultate significativamente superiori a quelle dei residenti nelle aree di controllo. Sono i primi risultati derivanti dallo studio di biomonitoraggio che la Regione Veneto ha realizzato con l’Istituto Superiore di Sanità, sull’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche delle falde acquifere a causa dello sversamento di sostanze da parte di un’azienda chimica del Vicentino. Per dieci sostanze – secondo gli esami – si osservano inoltre nella Usl 5 concentrazioni significativamente più elevate che nella Usl 6. I dati sono stati illustrati questa mattina in una conferenza stampa a Venezia, dal direttore del Dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell’Iss, Loredana Musmeci, che ha effettuato lo studio dei campioni (507 tra esposti e non esposti alla contaminazione delle acque), arrivando alle conclusioni lo scorso 13 aprile (è invece ancora in corso la raccolta dei 120 campioni per lo studio su agricoltori e allevatori, le persone considerate più esposte).
«La dose interna così come evidenziata dallo studio di biomonitoraggio – ha spiegato Musmeci – è determinata essenzialmente dall’esposizione esterna e non dalle caratteristiche genetiche individuali studiate. Il nostro studio conferma dunque il dato di letteratura: la via prevalente per l’esposizione a queste sostanze sono le acque».
Le analisi statistiche aggregate fornite oggi attestano, si legge in una nota della Regione, la presenza di composti Pfas nell’organismo dei soggetti dell’area di maggiore esposizione identificata con Ulss 5 di Arzignano e in misura minore dell’Ulss 6 di Vicenza in quantità “statisticamente significative” rispetto all’area di controllo (parte dell’Ulss 6 di Vicenza non interessata, Ulss 8 di Asolo, Ulss 9 di Treviso, Ulss 15 Alta padovana e la Ulss 22 di Bussolengo).
“Le prime elaborazioni preliminari sembrano confermare – spiega il comunicato – che la individuazione delle aree dei Comuni esposti e non esposti, sulla base dei livelli di Pfas nelle acque con potenziale uso umano, sia adeguata con il disegno dello studio di biomonitoraggio, in accordo con i dati di letteratura che indicano le “acque” come via principale di esposizione ai Pfas”.
Secondo quanto riporta l’agenzia Dire, nel sangue dei cittadini veneti delle zone interessate dalla contaminazione da Pfas sono state trovate concentrazioni fino a 70 volte quelle ritenute tollerabili. Si parla di una concentrazione media nella zona definita “esposta” pari a 12 nanogrammi di Pfoa per grammo di siero contro un valore medio nazionale nelle zone non esposte pari a circa un nanogrammo di Pfoa ogni grammo siero. Ma sono valori medi. Guardando i valori reali la situazione appare diversa. Infatti si hanno 70 nanogrammi di Pfoa per grammo di siero nei campioni prelevati dai comuni di Brendola, Sarego, Lonigo e Montecchio Maggiore, e 5 nanogrammi di Pfoa per grammo di siero nei campioni prelevati dai comuni di Sovizzo, Creazzo e Altavilla Vicentina. La differenza notevole tra i campioni dei diversi comuni sembra essere dovuta alla vicinanza con la fonte della contaminazione. Anche nel caso degli Pfos la concentrazione nel sangue deriva direttamente dall’esposizione alle sostanze, ma la concentrazione rilevata nei campioni è risultata minore, assestandosi su 7 nanogrammi per grammo di siero in media e toccando un picco di circa 11 nanogrammi per grammo di siero.
“A seguito di questi risultati, la Sanità regionale – si legge ancora nel comunicato- è pronta a perseguire tutte le azioni che si renderanno necessarie per rafforzare la sorveglianza sanitaria e la presa in carico della popolazione esposta secondo il modello della gradazione del rischio. Oltre alle azioni dì prevenzione e di presa incarico della popolazione, saranno avviati i seguenti interventi specifici e cioè uno studio epidemiologico osservazionale della popolazione esposta; follow-up dei soggetti positivi al biomonitoraggio con cadenza semestrale a partire da gennaio; offerta di esami clinici di routine e specifici per i soggetti identificati a maggiore esposizione con cadenza annuale e in esenzione ticket (codice Pfas); rafforzamento della formazione agli operatori coinvolti nella gestione del problema; rafforzamento della sorveglianza sanitaria sulle fasce di popolazione più vulnerabili; rafforzamento dell’informazione alla popolazione target; possibili studi sperimentali sui soggetti con le maggiori concentrazioni.
Azioni che prevedono, a breve, la costituzione di un “gruppo di lavoro ad hoc” con il supporto dell’lss, dell’Università e la condivisione con Ministero della salute e l’Oms. Il coordinamento di alcune linee di lavoro verrà affidato all’lss con specifico provvedimento.
«La Regione Veneto e i cittadini – ha commentato l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto – sono parti lese da un inquinamento che va avanti da più di 30 anni e che è stato evidenziato per la prima volta da una ricerca finanziata dall’Europa i cui esiti sono stati pubblicati a giugno 2013».
Pfas, Zanoni (Pd): contaminato anche l’uomo
Il comunicato di Andrea Zanoni, consigliere regionale Pd. “Dopo i dati relativi alla conferma della contaminazione dei corsi d’acqua, della falda acquifera, dell’acqua dei servizi acquedottistici e della catena alimentare da sostanze perfluoroalchiliche, oggi è arrivata l’amara ma prevedibile conferma della contaminazione anche dell’uomo, ovvero di quei cittadini che vivono nell’area interessata.
La Regione ha finalmente reso pubblici i dati sulla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche relativi ai prelievi di sangue dei cittadini. Purtroppo dai documenti distribuiti ai Sindaci ed ai giornalisti non scaturisce una precisa chiave di lettura e sembra quasi ci sia stata la preoccupazione di minimizzare il tutto, prova ne sia il confronto con casi ed eventi accaduti in Ohio, Minnesota, West Virginia e Germania di maggior entità.
A testimoniare che la situazione merita la massima attenzione da parte delle autorità sanitarie sono i valori di picco massimo dei Pfoa pari a 248 o 754 ng/g che testimoniano comunque la serietà della situazione confermando la gravità della contaminazione di molti cittadini.
Risulta curioso il fatto che per adesso non si sappia più nulla dei 120 campioni di sangue che dovevano essere prelevati alle persone “maggiormente esposte”. Dali dati di oggi mancano perciò proprio quelli che potenzialmente dovrebbero dare i risultati peggiori e più preoccupanti.
Risulta evidente che adesso, dopo queste prime conferme, diventi irrimandabile la necessità che i cittadini procedano nelle forme consentite dalla legge a chiedere i danni a chi ha causato potenziali gravi rischi per la loro salute. L’altra nota dolente è che la Giunta Regionale ha dimostrato di voler snobbare il Consiglio regionale, che aveva addirittura ottenuto una seduta straordinaria sull’argomento, preferendo di anticipare questi dati alla stampa anziché a questa istituzione rappresentativa dei cittadini”.
Vai al comunicato della Regione e ai link al materiale relativo alla conferenza stampa
Le slide
Biomonitoraggio, i risultati preliminari – relazione Loredana Musmeci
Contaminazione da Pfas, strategia regionale – dottor Domenico Mantoan
A partire dagli esiti del biomonitoraggio – dottoressa Francesca Russo
PFAS 200416 – Scheda tecnica monitoraggio
PFAS 200416 – studio biomonitoraggio
PFAS 200416 – scheda biomonitoraggio stato dell’arte
20 aprile 2016