Il piemontese Boniperti: non sono Fiorito, regalo soldi. Il tapinaccio è sempre in agguato. Egli cerca lavoro, chiede soldi, assilla con i suoi problemi. «Crede che io sia una agenzia di collocamento, pensi un po’ che gente».
È per questo che Roberto Boniperti non risponde mai al telefonino quando vede apparire numeri sconosciuti, per sventare la costante minaccia del «tapinaccio», come lo chiama lui.
Dopo innumerevoli tentativi a vuoto, il sofisticato sistema di sbarramento anti-tapini viene aggirato con un sms di presentazione, e il consigliere piemontese in moto perpetuo fissa l’appuntamento per parlare dei suoi rimborsi agostani, 22 nel mese in cui la Regione è chiusa per ferie. Uno per ogni giorno non coperto dall’indennità fissa, che prevede una settimana garantita a 122 euro netti, anche se si resta a casa. Nel 2009 arrivò 63° su sessantacinque consiglieri nella classifica delle presenze. «Anno sfortunato: mi hanno fatto passare per assenteista ma sono stato a casa solo un mese per assistere il papà. Non mi sembrava serio farmi vedere solo per firmare il foglio presenze. Guardi che io non sono il Fiorito del Nord. Vuole le prove? Così, a memoria: san Rocco è il patrono di Vicolungo, san Sereno è quello di Biandrate, quest’anno lo abbiamo festeggiato vicino al nuovo centro dell’Esselunga».
Segue lungo elenco di santi e sagre paesane. «Caro mio, bisogna saperle le cose. Guardi nel bagagliaio della mia Audi, cosa vede?». Due paia di scarpe, due completi giacca pantalone di diverso colore, due maglioni. «Appunto. Non è mica facile fare la mia vita. Io mi muovo, in estate anche tre eventi al giorno. Magari da una parte del lago d’Orta c’è il sole, dall’altra piove. Bisogna essere preparati. E io, modestamente, lo sono».
Roberto Boniperti, classe 1962, parla, si muove e si veste come Ezio Greggio negli anni Ottanta. Sembra un reperto storico della Milano da bere, ma nasce assicuratore in un paese a pochi chilometri da Novara. «Tutta la vita a combattere il razzismo dei torinesi che ci considerano dei lombardi. I miei problemi nascono da questa discriminazione».
Il destino da commesso viaggiatore della politica non è stato una scelta consapevole, ma un esilio. «Mi dipingete come un mostro per la faccenda dei rimborsi, dei 40.000 dichiarati in un anno. Si metta nei miei panni: una volta arrivati a Torino tutti i miei colleghi hanno avuto un posticino, la vicepresidenza di una commissione, un assessorato. Io nulla, nisba, due di picche. Sono un peperino, dico sempre le cose come stanno. E quindi il Pdl mi ha tagliato fuori».
A quel punto c’è solo la strada su cui può contare, la strada è l’unica salvezza, come cantava Giorgio Gaber. «Non lo conosco, ma sembra l’abbia scritta per me. Sono stato obbligato a mettermi in mezzo alla gente. A partire e correre, correre, per crearmi una rete di persone mie. Agosto è il mese delle feste patronali: piatto ricco mi ci ficco». Le polizze sono ormai un ricordo da evocare con nostalgia. «Passo nella mia bella agenzia una volta al massimo alla settimana, ma sono sempre connesso, si capisce».
Boniperti entra in politica nel 1995, candidato alle provinciali di Novara con Alleanza nazionale. Da allora non ne esce più. «Io sono un tipo very professional, mi applico a palla, anche se nessuno ha mai creduto in me, per ragioni che mi sfuggono».
Il paragone con il celeberrimo Fiorito non sta in piedi. Se il prototipo originale è grosso, lento, lui risulta sottile e veloce. Qualche affinità persiste invece a livello ideologico. Il Batman di Anagni sogna di essere il federale del suo borgo, Boniperti annovera un nonno che lo fu per davvero. Si illumina quando parla di Giorgio Almirante: «Il più grande politico della storia italiana, dubbi zero».
È stata dura, ci è voluto del tempo, ma anche Boniperti ha trovato qualcuno disposto a credere in lui. Da qualche mese è vicepresidente del Consiglio regionale. I rimborsi del 2012, garantisce, saranno per forza di cose meno elevati dei 37.000 euro percepiti lo scorso anno. La mistica della strada riemerge solo nei festivi, come oggi, inaugurazione della biblioteca di Ponio, seguirà premiazione al concorso di poesia a Pella, sempre dalle parti del lago d’Orta.
Dice che a differenza di Fiorito, lui vive del suo. I 164 mila euro all’anno dello stipendio da consigliere regionale se ne vanno tutti in politica. Alla levata d’orgoglio si aggiunge però un problema di contabilità. «Purtroppo la mia attività è fatta di spese non dimostrabili. Stare in mezzo alla gente ha i suoi costi». Il suo papà gli mostrava spesso le foto dei bambini «neri», nel senso della pelle. «A te ti abbiamo trovato nero, mi diceva, poi ti abbiamo dato una bella lucidata. Capito il senso?». Urge spiegazione della parabola familiare. «Sono sempre a tirare fuori soldi per dare qualcosa al tapinaccio di turno. Mi creda, è un assedio. Quello si avvicina, la mena che non ha più il lavoro. Io mi faccio prendere la mano, e sgancio. Mica posso fargli lo scontrino». I magistrati cattivi sono avvisati: colpa del tapinaccio.
Corriere.it – 1 ottobre 2012