di Giorgio dell’Orefice. Sull’applicazione della Pac spunta un ticket olio-zootecnia. L’ipotesi è emersa nei giorni scorsi nei tavoli di confronto fra il ministero delle Politiche agricole e gli assessori regionali all’Agricoltura. Lo stesso ministro, Maurizio Martina, ha auspicato che si raggiunga entro metà maggio un accordo fra Stato e Regioni su scelte che l’Italia dovrà comunicare a Bruxelles l’1 agosto prossimo. L’opzione di un ticket olio–zootecnia è resa possibile dalla flessibilità nell’applicazione della Politica agricola garantita dalle stesse norme Ue. La regola generale alla base della riforma è, infatti, quella di perseguire una convergenza degli aiuti fra settori e aree geografiche. Da questo riequilibrio emergeranno però dei tagli sul monte risorse che a seconda dei casi potranno oscillare fra un minimo del 5 e un massimo del 30 per cento.
Per mitigare l’effetto di questi tagli agli Stati membri è riconosciuto un paracadute: sarà possibile far confluire su alcuni settori definiti «strategici» una fetta di premi accoppiati nella disponibilità dei singoli paesi. E in Europa, al momento, la Francia ha espresso l’intenzione di privilegiare la zootecnia a scapito dei seminativi, la Spagna ha escluso dai settori destinatari di premi il vino, la Germania ha rifiutato il ricorso agli aiuti accoppiati puntando su contributi maggiorati in base all’entità delle superfici aziendali. L’Italia invece sembra intenzionata a privilegiare allevamenti e uliveti e secondo indiscrezioni delle ultime ore il ticket potrebbe essere presto allargato anche al riso.
Sarà così possibile redistribuire un budget che al massimo può coprire il 15% della dotazione totale. Per l’Italia si stima un plafond di 570 milioni di euro l’anno considerato che le risorse complessivamente assegnate ammonteranno a circa 20 miliardi per l’intero periodo 2014–2020.
«In Italia zootecnia e olio d’oliva sono strategici – spiega il direttore dell’Unaprol (la principale organizzazione di produttori olivicoli), Pietro Sandali –. D’altro canto sono i settori che in passato hanno ottenuto i titoli più elevati (si va dai 3–4mila euro a ettaro dell’olio d’oliva fino ai 3–400mila euro incassati da aziende senza terra, ma con allevamenti di migliaia di capi) e che quindi rischiano ora, nel processo di convergenza, di subire i tagli maggiori. Inoltre, favorire zootecnia e olio d’oliva consentirebbe anche una migliore distribuzione territoriale delle risorse, visto che gli allevamenti sono diffusi soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre gli uliveti sono più estesi al Sud».
«La misura sarà di grande importanza per l’universo degli allevamenti – spiega il responsabile zootecnia della Coldiretti, Giorgio Apostoli – che a partire dal 2015 dovranno anche fare i conti con la fine del sistema delle quote latte. Auspichiamo solo che vengano privilegiate le filiere tutte italiane rispetto agli allevamenti specializzati nel ristallo di capi acquistati all’estero».
Il Sole 24 Ore – 15 marzo 2014