Approvate le schede ospedaliere, Venezia e Rovigo ridimensionate, Treviso e Verona acquistano posti. Risparmi per 100 milioni di euro. La Regione: «Non chiamateli tagli»
Entri, ti operano ed esci (presto) come nuovo. Questo, banalizzando, è l’obiettivo della sanità moderna che grazie ai progressi medico scientifici e alla tecnologia riesce a garantire tempi di recupero sempre più veloci. «Gli ospedali del futuro sono ospedali senza letti», sintetizza il governatore Luca Zaia ricordando che la permanenza media nelle nostre strutture è ormai di soli 7 giorni contro i 30 di altre regioni. E dunque la riforma sanitaria, che è stata presentata ieri, segue questo dettame: negli ospedali veneti, entro il 2015, verranno eliminati 1227 posti letto puntando sul fatto che con l’aumento del day hospital il turn over di pazienti è diventato decisamente più rapido rispetto a 17 anni fa, data dell’ultima ripartizione sanitaria prima di questa riforma. «Non si tratta però di tagli – assicura l’assessore alla Sanità Luca Coletto – ma di razionalizzazione delle risorse: attualmente l’80% dei pazienti non ha bisogno di ricoveri ospedalieri, ma di assitenza e servizi».
La stragrande maggioranza degli utenti infatti sono anziani, persone con patologie croniche o a bassa intensità. Che hanno bisogno di un altro tipo di assistenza medica. Quella che potrà essere garantita dai cosiddetti ospedali di comunità o case della salute, cioé strutture sanitarie diffuse sul territorio in cui saranno dirottate le lungodegenze delle malattie croniche, delle geriatrie, delle terapie palliative e del fine vita e che avranno bisogno di meno medici e più infermieri. «Useremo a costo zero strutture dismesse di proprietà dell’Usl per creare nuovi posti letto sul territorio, più vicino alle comunità», continua Coletto. E il totale dei nuovi posti sarà di 1263. «Il saldo dei letti dunque sarà positivo e ci saranno 36 posti in più», sottolinea Zaia che già nei mesi scorsi aveva deciso di denunciare per procurato allarme chi aveva messo in giro «false» tabelle del riparto sanitario. Ad aumentare inoltre saranno anche i primari (si passa da 727 a 754) anche perché 22 di loro, uno per distretto, saranno a breve incaricati della gestione dei nuovi ospedali territoriali per i lungodegenti. Ma anche se Zaia, Coletto e l’assessore al Sociale Remo Sernagiotto parlano di «riforma epocale che migliora il già efficiente sistema sanitario veneto» e anche se sono garantite le eccellenze suddivise in hub di riferimento europeo (le aziende Ospedaliere di Padova e Verona), in hub di riferimento provinciale (le strutture dei capoluoghi) e in nosocomi di rete, bisogna dire che non tutte le aziende sanitarie sembrano essere state trattate proprio allo stesso modo.
Treviso e Verona infatti perdono qualche posto negli ospedali e guadagnano molti letti nelle nuove strutture territoriali, mentre Venezia e Rovigo perdono e basta. E i numeri saltano subito all’occhio: Treviso nel 2015 si troverà con la capacità di ospitare 151 pazienti in più, Verona 81 e Venezia e Rovigo rispettivamente 142 e 99 in meno. Ma non si deve subito malignare pensando che Verona e Treviso sono due feudi leghisti (e di conseguenza bacini elettorali di Coletto e Zaia) mentre Venezia e Rovigo sono un’isola rossa che al Carroccio non ha mai portato fortuna e un’enclave azzurra poco rappresentata in Regione. «Il motivo è che Treviso e Verona hanno carenza di posti letto, mentre Venezia e Rovigo ne hanno di più», frena le polemiche il direttore generale della Sanità Antonio Mantoan. Carte alla mano, quello che conta sono i dati percentuale: con la nuova ripartizione a Venezia e a Treviso ci saranno 4 posti letto per ogni mille abitanti, mentre Verona, nonostante le aggiunte, arriverà a 3,5 per ogni mille abitanti, in linea con la media regionale. Un po’ sotto, 3,3 su mille, c’è solo Rovigo, mentre per Vicenza e Belluno la situazione rimane stabile. Perché le schede sanitarie anticipano i tagli che comunque sarebbero stati fatti – e che senza razionalizzazione sarebbero stati più drammatici – sulla base dei minori trasferimenti al settore sanitario e sulla base del decreto firmato dall’ex ministro Renato Balduzzi che fissa 3,5 posti ogni mille abitanti per le patologie acute e 0,5 per mille per i lungodegenti. La razionalizzazione dei posti inoltre permette di risparmiare quasi cento milioni di euro. Grazie alla diversa composizione del personale, i posti letto negli ospedali infatti costano tra 450 e 600 euro al giorno contro i 150 euro delle strutture alternative. «Con questo risparmio potremo investire in tecnologie migliori e nuovi macchinari», conclude Zaia. Con le nuove ripartizioni nascono anche le unità specifiche per la lotta alle patologie più diffuse. In tutti i distretti, per esempio, farà la sua comparsa unabreast unit, un unità del seno, che mette insieme i diversi specialisti (ginecologi, oncologi, anestesisti, chirurghi e anche chirurghi plastici per la ricostruzione) per seguire le pazienti che incappano nel tumore alla mammella dall’inizio alla fine della terapia senza bisogno di giri esasperanti tra ospedali.
Alessio Antonini – Corriere del Veneto – 19 giugno 2013