Maltrattato e denutrito. Rinchiuso in un garage dove non filtrava mai la luce del sole. Senza vaccinazioni e in mezzo ai propri escrementi. Per colpa di tutto questo a un mese di distanza dalla sua liberazione, era morto un rottweiler maschio di otto mesi. Tenuto prigioniero da una coppia di tunisini ora a processo per maltrattamenti ad animali.
Loro sono Riadh Absi e la madre Adel Stahosvolgyi e abitano ad Abano in via Monte Lozzo. Lì due guardie zoofile avevano scoperto il lager in cui era costretto a vivere il cane.
A raccontare come sono andate le cose è stato ieri, durante l’udienza del processo, una delle due guardie. «Ci hanno chiamati i vicini – ha ricordato in aula -. Ci hanno raccontato che da un mese sentivano latrati e rumori nel garage della casa dei due tunisini. Il garage però era sempre rimasto chiuso. Siamo stati io e la mia collega a suonare il campanello e chiedere che venisse aperto». E quando la serranda si è alzata, la sorpresa.
Dentro, in un angolo perché impaurito dalla luce, c’era un rottweiler di otto mesi. Immerso nelle proprie feci. Un odore insopportabile a detta della stessa guardia, che ha ricordato anche come la sua collega stesse svenendo per la situazione. «Abbiamo chiamato i carabinieri e sequestrato il cane – ha aggiunto -. Era debilitato, con sbalzi di comportamento, gli dava fastidio la luce e allora l’abbiamo portato a curarlo. Poi affidato a una famiglia, ma il 18 dicembre è morto a causa delle malattie contratte durante la prigionia». Ma qui s’insinua un dubbio. Perché? «Secondo noi – ha risposto la guardia – si trattano di tecniche d’addestramento per cani poi destinati ai combattimenti illegali». Nel processo è costituita parte civile la Lav con l’avvocato Sergio Vettore.
Nicola Munaro – Corriere del Veneto – 27 settembre 2012