Governo prevede un percorso molto graduale per gestire la mobilità del personale in esubero delle province e delle città metropolitane: poco meno di 20mila dipendenti sui circa 44mila che attualmente hanno un contratto a tempo indeterminato.
Una procedura soft e senza impatti sulle buste paga prima dell’aprile del 2017, quando i dipendenti in mobilità che ancora non fossero stati trasferiti ad altri enti potrebbero essere «collocati in disponibilità», come prevede l’articolo 33 del dlgs 165/2001, e subire un taglio del 20% sull’indennità base. Mentre per arrivare all’ipotesi estrema, quella del licenziamento perché proprio non è stato trovato un ricollocamento adeguato, bisognerà arrivare all’aprile del 2019. Ma l’Esecutivo esclude che anche un solo dipendente possa essere licenziato.
È questo il cronoprogramma previsto per la gestione della mobilità che verrà presentato ai sindacati e che, di fatto, rappresenta l’attuazione della norma confermata nel maxi-emendamento alla Stabilità 2015 che taglia del 50% e del 30% le dotazioni organiche di province e città metropolitane. Tra l’altro, come si legge nell’intervista del sottosegretario Gianclaudio Bressa, i numeri reali in gioco sarebbero molto minori di 20mila: escludendo gli 8mila dei centri per l’impiego, si arriva a 12mila e di questi circa 3.500 hanno un’età media attorno ai sessant’anni. Risultato: 8.500 dipendenti (esclusi i dirigenti) da ricollocare.
Si partirà il prossimo gennaio con i tagli degli organici e l’individuazione dei contingenti del personale, mentre entro aprile Regioni e Dipartimento Funzione pubblica individueranno i posti disponibili per assumere il personale in soprannumero delle ex province. Ma attenzione: quei posti saranno disponibili solo in parte, restano infatti i vincoli del blocco del turn over e la precedenza ai vincitori di concorso. La procedura speciale prevista dalla legge Delrio si conclude a fine 2016. A quel punto si aprirà il confronto con i sindacati per l’eventuale utilizzo dei contratti a tempo parziale degli addetti ancora in mobilità (dirigenti e più anziani esclusi) e dal febbraio 2017, fatte le ulteriori verifiche, si entra nella procedura ordinaria prevista dal Testo unico del pubblico impiego per gli eventuali soprannumeri residui. I quali ultimi, solo da aprile di quell’anno, potranno davvero rischiare il taglio del 20% della busta paga base ed entrare nella prospettiva del licenziamento per mancato ricollocamento che scatterebbe 24 mesi dopo.
Fin qui il piano per la megamobilità nelle province, un percorso che, come detto, non riguarderà i circa 8mila dipendenti dei Centri per l’impiego, compresi i 1.200 contrattisti a termine per i quali in Stabilità è prevista una dote di 60 milioni (via Fondo sociale europeo) da usare per i rinnovi che dovranno assicurare le Regioni per non far mancare personale coinvolto nella gestione del Garanzia giovani. Restano fuori dal processo i contrattisti a termine delle province impegnati su altri fronti: il Governo punta a una soluzione con il proroga termini di fine anno ma, come sempre, andrà risolto il nodo risorse e per il momento il ministero dell’Economia non avrebbe acceso la luce verde.
I sindacati ieri hanno chiesto un incontro urgente con il Governo e sostenuto le iniziative di protesta dei dipendenti che hanno occupato diversi Consigli e sedi istituzionali in tutt’Italia. La preoccupazione, la stessa dell’Upi, e che i super-tagli previsti alle province (1 miliardo nel 2015 che sale a 3 nel 2017) non siano compatibili con il piano di ricollocazione del personale e la contemporanea garanzia dei servizi prestati sui territori.
Il Sole 24 Ore – 20 dicembre 2014