di Gianni Trovati, il Sole 24 Ore. Per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici «oggi non ci sono le condizioni». Parola dei sindacati del pubblico impiego, che ieri hanno incontrato il ministro della Pa Marianna Madia per avviare il confronto sul nuovo testo unico, atteso entro l’estate, ma hanno ovviamente messo sul tavolo i problemi più spinosi della stretta attualità: a partire dal fatto che, con 300 milioni a disposizione, il rinnovo dei contratti rischia addirittura di far perdere soldi ad alcuni lavoratori, per l’obbligo di applicare le tre fasce di merito previste dalla riforma Brunetta nella distribuzione dei “premi” di produttività. Da un lato, infatti, i 300 milioni (a cui si aggiungono le risorse che Regioni ed enti locali devono individuare nei propri bilanci), permettono solo mini-aggiustamenti nelle buste paga, mentre dall’altro l’obbligo della «meritocrazia» targata Brunetta imporrebbe di tagliare drasticamente i “premi” al 25% dei dipendenti, quelli che verranno collocati nell’ultima fascia di merito.
E produrrebbe qualche taglio anche al gruppone più numeroso, rappresentato dal 50% del personale, destinato a finire nella fascia di merito media: le buone notizie sarebbero riservate al 25% giudicato più “produttivo”, al netto delle difficoltà di avviare davvero un sistema di valutazione che finora nei fatti è rimasto congelato.
Madia: niente incrocio tra riforma e contratti
Ovviamente la nuova ondata di polemiche sull’assenteismo impone di dare segnali concreti sull’introduzione di trattamenti diversi a seconda dei risultati individuali e d’ufficio, ma un rinnovo contrattuale che dopo sette anni di blocco finirebbe per alleggerire molte buste paga sembra una prospettiva politicamente impercorribile, prima di tutto per i sindacati. I problemi della riforma Brunetta, che già sta imponendo la complicata riduzione dei comparti pubblici (sulla proposta di nuova articolazione si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa di ieri), si incrociano con i tempi di approvazione del futuro testo unico. Sul punto, il ministro ha rivendicato la «massima apertura a un confronto tecnico nel merito e approfondito» sul testo unico, chiedendo però ai sindacati di «non legare a questo percorso il tema del rinnovo dei contratti», che secondo il ministro è bloccato a causa dei ritardi nell’accordo sul taglio ai comparti.
Per i sindacati «così il rinnovo è impossibile»
Proprio questo incrocio, tuttavia, sta a cuore alle organizzazioni sindacali: «Chiudendo l’accordo sui comparti – riflette per esempio Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil – si dimostrerà come il rinnovo dei contratti abbia grandi difficoltà ad entrare nel merito e non solo per le risorse che sono assolutamente insufficienti, quanto per il fatto che la legislazione vigente oggi è gravemente lesiva della situazione contrattuale». Analoga la posizione della Uil, che con il segretario generale Michele Foccillo taglia corto sostenendo che «i contratti oggi non si possono fare perché non ci sono le risorse e perché le norme tolgono invece di dare soldi ai dipendenti»; la Cisl, dal canto suo, con il segretario confederale Maurizio Bernava ha manifestato «la volontà di fare un percorso comune con il Governo» sia sulla legge delega sia sul rinnovo contrattuale, «ma se ci ascoltano solo quando il procedimento è già chiuso, il meccanismo non serve».
Il Sole 24 Ore – 5 febbraio 2016