Filippo Tosatto, Il Mattino di Padova. La salute non ha prezzo ma la sua tutela richiede risorse adeguate. Per l’anno in corso, la sanità del Veneto avrà a disposizione un finanziamento di 8 miliardi e 769 milioni di euro, ai quali se aggiungono 3,66 milioni di “premialità” perla corretta gestione di bilancio; fatti i conti, si tratta di 96,66 milioni in più rispetto al 2015. È quanto prevede l’accordo sul riparto del Fondo sanitario nazionale 2016, raggiunto in mattinata a Roma – in sede di Conferenza dei presidenti di Regioni e Province autonome – che ha concluso un tiro alla fune tra delegazioni “concorrenti” e ministero protrattosi per mesi. Soddisfatto (ma non al punto da rinunciare a qualche recriminazione) il governatore Luca Zaia: «Premesso che la cifra di partenza a disposizione era largamente inferiore a quella prevista dal Patto nazionale per la salute, a causa dei tagli apportati dal Governo, e che non sarà comunque facile far quadrare i conti, portiamo a casa un aumento significativo»
«Con un’inversione di tendenza, per certi versi storica, verso i costi standard e la virtuosità che chiedevamo da tempo immemore. Il cammino è iniziato, adesso bisogna accelerare».
«È un buon risultato», fa eco l’assessore alla sanità Luca Coletto «finalmente i costi standard vengono applicati in misura significativa, in particolare nella distribuzione del “fondino” della premialità, destinato a chi amministra senza sprechi, che l’anno scorso era stato completamente azzerato a beneficio delle Regioni in deficit». «Ora che le Regioni hanno fatto la loro parte» conclude «è tutto nelle mani dell’esecutivo, che tra l’altro dovrà riconoscere e recepire con un proprio atto l’indicazione delle Regioni benchmark, tra le quali la Conferenza dei presidenti ha scelto il Veneto». Tant’è, lo stanziamento finale, concordato già mercoledì in una riunione tecnica conclusiva dal direttore generale Domenico Mantoan (delegato a trattare da Coletto), consentirà alla sanità veneta di chiudere l’anno in pareggio.
Ma quali saranno le ricadute concrete per i cittadini? E come saranno impiegate, in via prioritaria, queste risorse? Da Palazzo Balbi si apprende che i finanziamenti garantiranno tre obiettivi ritenuti «irrinunciabili». Anzitutto, l’aumento di dotazione degli organici ospedalieri, dettata dalla nuova legislazione europea che stabilisce pause più lunghe e stringenti nei turni di servizio; la prospettiva è quella di assumere 150 infermieri e una ventina di medici entro la fine dell’anno.
A seguire, la riduzione delle liste d’attesa dei pazienti, qua è là tuttora eccessivamente elevate; per farlo occorrerà acquistare prestazioni mediche supplementari, attingendo sia alla sanità privata che (in forma di lavoro straordinario) al sistema pubblico, nonché potenziare il parco di apparecchiature nei reparti, in particolare per ciò che riguarda l’attività diagnostica.
Ultimo, last but not least, il versante dei medicinali salvavita: dagli oncologici ad alto costo (in media 100 mila euro a trattamento) al fondo destinato ai nuovi farmaci contro l’epatite C che richiederà una cinquantina di milioni.
È tutto? Quasi. A giorni entrerà in vigore il nuovo decreto governativo sull’appropriatezza delle ricette che, di fatto, taglia 203 prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale, rendendole a pagamento. Un atto fortemente contestato dal sindacato dei medici Snami, che ha scritto a Zaia paventando «pericolose» conseguenze per la salute degli indigenti; «Abbiamo chiesto al ministro Lorenzin di sospendere o almeno frenare i tagli che colpiscono sia le necessità dei pazienti che le professionalità dei medici prescrittori», fa sapere il governatore leghista: «oltrettuto, secondo i calcoli effettuati dai nostri tecnici, i risparmi prefissati dal decreto nella realtà non verrebbero assolutamente raggiunti».
Il Mattino di Padova – 5 febbraio 2016