Si parte con gli esodati, poi al lavoro su incentivi, staffetta generazionale e penalizzazioni. Muove su almeno quattro fronti il piano di interventi in materia previdenziale allo studio del governo. Si pensa a chiudere il capitolo “esodati”, allargando un po’ le maglie delle “salvaguardie”. Si tratterà poi di fare un monitoraggio sui casi di lavoratori anziani non lontani dalla pensione con le regole attuali per i quali è possibile intervenire con forme di sostegno al reddito, incentivi alle aziende o esperimenti di staffetta generazionale; fino a prevedere forme di pensionamento flessibile con penalizzazioni in termini di importo dell’assegno. Intanto il Sole pubblica una guida per capire a quanti anni è possibile accedere alla pensione di vecchiaia con le regole attuali, come viene calcolata la pensione e quanti contributi bisogna aver maturato
1. A quanti anni è possibile accedere alla pensione di vecchiaia?
Dal 2013 l’accesso alla pensione di vecchiaia è possibile al raggiungimento di 66 anni e 3 mesi per i lavoratori dipendenti, autonomi e per le lavoratrici del pubblico impiego. Le lavoratrici dipendenti del settore privato, invece, accedono alla pensione con 62 anni e 3 mesi mentre le lavoratrici autonome a 63 anni e 9 mesi. L’accesso alla pensione è consentito dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile a condizione di poter vantare 20 anni di contributi oppure 15 anni entro il 31 dicembre 1992.
2. Come viene calcolata la pensione dal 1° gennaio 2012?
Solo le anzianità contributive successive al 31 dicembre 2011 comporteranno il calcolo della pensione con le regole del sistema contributivo. La novità, introdotta dal decreto legge 201/2011, si applica esclusivamente nei confronti di quei lavoratori che possono vantare 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 e che si vedevano applicare il sistema retributivo. Nei confronti dei lavoratori con un’anzianità contributiva inferiore, le modalità di calcolo della pensione previgenti la riforma Monti-Fornero già prevedevano una quota contributiva decorrente dal 1° gennaio 1996.
3. È vero che la finestra mobile è stata soppressa?
La finestra mobile, introdotta dalla riforma estiva del 2010, è stata superata dalla riforma Monti-Fornero nei confronti di quei lavoratori che accedono alla pensione sulla base dei requisiti stabiliti dalla riforma stessa. I lavoratori che accedono alla pensione con le vecchie regole (donne optanti, lavoratori che svolgono attività particolarmente faticosi e pesanti, turnisti nonché i cosiddetti “salvaguardati”) continuano a essere assoggettati alla finestra mobile di 12 mesi. Nei casi di accesso al pensionamento tramite la totalizzazione nazionale (Dlgs 42/2006) la finestra mobile è di 18 mesi.
4. Per le lavoratrici è ancora possibile ottenere la pensione con le regole contributive?
L’articolo 1 comma 9 della legge 243/2004 stabilisce che in via sperimentale e fino al 31 dicembre 2015 è consentito l’accesso alla pensione di anzianità con 57 anni di età e 35 anni di contributi. Dal 2013 il requisito anagrafico è incrementato di tre mesi per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita. Dal perfezionamento dei requisiti devono trascorrere 12 mesi di finestra mobile che dovrà risultare aperta entro novembre 2015 al fine di poter consentire l’accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2015. Per le lavoratrici autonome, il requisito anagrafico richiesto è di 58 anni e 3 mesi e la finestra mobile è di 18 mesi.
5. Le lavoratrici del pubblico impiego a che età accedono alla pensione di vecchiaia?
My24 Per effetto dell’innalzamento dei requisiti anagrafici disposta dalla riforma Monti Fornero l’età richiesta alle lavoratrici non subisce sconti rispetto a quella richiesta ai lavoratori. Pertanto, dal 1° gennaio 2013 l’accesso al pensionamento è consentito con 66 anni e 3 mesi di età. Sono salve, tuttavia, le donne nate entro il 1950 le quali hanno già perfezionato il requisito anagrafico richiesto della previgente normativa. Naturalmente dovrà essere soddisfatto anche il requisito contributivo che dal 2012 è pari a 20 anni.
6. È ancora possibile accedere alla pensione con quaranta anni di contributi?
Dal 1° gennaio 2013 l’accesso al pensionamento anticipato è consentito esclusivamente con 42 anni e 5 mesi di contributi (per gli uomini) oppure con 41 anni e 5 mesi (per le donne). Qualora il lavoratore dovesse avere un’età inferiore a 62 anni si vedrà applicare le penalizzazioni previste dalla Riforma pensionistica. Fino al 2017, le penalità non saranno applicate qualora l’anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, compresi i periodi di astensione obbligatoria, servizio militare, cassa integrazione guadagni ordinaria, malattia e infortunio. Dal 2014 il requisito contributivo sarà innalzato di un ulteriore mese e dal 2016 sarà adeguamento nuovamente agli incrementi legati alla speranza di vita.
7. Le novità della riforma si applicano a tutti i lavoratori?
Le novità del decreto Salva Italia si applicano esclusivamente nei confronti di quei lavoratori che al 31 dicembre 2011 non avevano maturato alcun diritto a pensione. Pertanto se un lavoratore è ancora in forza, e avrà maturato un diritto a pensione entro il 2011, non sarà interessato dall’inasprimento dei requisiti. Tuttavia, anche a questa persona si applicherà la quota contributiva a decorrere dal 1° gennaio 2012 e con riferimento a queste anzianità contributive.
8. È ancora possibile trasferire gratuitamente i contributi dall’Inpdap all’Inps?
La legge di stabilità 2013 ha previsto la possibilità di trasferire gratuitamente i contributi dalla gestione Inpdap all’Inps esclusivamente nei confronti di quei lavoratori cessati dal servizio entro il 30 luglio 2010. Per gli altri lavoratori la possibilità di trasferire la posizione contributiva è subordinata alla presentazione di una domanda di ricongiunzione (articolo 1 della legge 29/1979). Questa domanda è onerosa sulla base di quanto disposto dal decreto legge 78/2010.
9. I lavoratori contributivi puri devono sottostare alle stesse regole degli altri lavoratori?
Il decreto Salva Italia ha previsto per i lavoratori contributivi puri, cioè con contribuzione versata esclusivamente dopo il 31 dicembre 1995, l’accesso alla pensione anticipata con un requisito anagrafico inferiore di tre anni rispetto alla generalità dei lavoratori. Il requisito contributivo è pari a 20 anni di contribuzione effettiva e il primo importo della pensione dovrà risultare superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Per il 2013 il requisito anagrafico è pari a 63 anni e 3 mesi e dal 2016 sarà assoggetto agli adeguamenti legati alla speranza di vita.
10. Per tutti i lavoratori è possibile proseguire l’attività lavorativa fino a 70 anni?
La riforma Monti-Fornero ha incentivato il proseguimento dell’attività lavorativa fino a 70 anni prevedendo appositi e più elevati coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi in rendita pensionistica. Tuttavia questa possibilità incontra il paletto del limite ordinamentale dei settori di appartenenza del lavoratore, come accade nel pubblico impiego dove normalmente il limite è stabilito a 65 anni di età. Ne deriva che al raggiungimento di questa età, qualora il lavoratore abbia maturato un diritto a pensione, dovrà essere collocato a riposo. (di Fabio Venanzi – Il Sole 24 Ore)
Pensioni, Governo: interventi in quattro mosse
Muove su almeno quattro fronti il piano di interventi in materia previdenziale allo studio del governo. Si pensa a chiudere il capitolo “esodati”, allargando un po’ le maglie delle “salvaguardie” ad alcuni ulteriori gruppi ancora in sofferenza. Si tratterà poi di fare un attento monitoraggio sui casi di lavoratori anziani non lontanissimi dalla pensione con le regole attuali per i quali è possibile intervenire con forme di sostegno al reddito, incentivi alle aziende perché li trattengano a lavoro o esperimenti di staffetta generazionale; fino a prevedere forme di pensionamento flessibile con penalizzazioni in termini di importo dell’assegno, come annunciato martedì dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Tutte le ipotesi puntano a rendere più flessibile l’uscita dal lavoro dopo gli irrigidimenti della riforma Monti-Fornero, cercando di agganciare a ogni ritiro una nuova assunzione accompagnata da un percorso formativo.
Lo strumento principe di tipo previdenziale su cui l’esecutivo sta ragionando sono le penalizzazioni dei ritiri anticipati (in parlamento c’è un ddl sul tema presentato a febbraio 2012 da Ichino-Treu e altri); un intervento che non decollerà subito, ma dopo aver chiuso la partita esodati, con le nuove salvaguardie, e aver chiara l’effettiva entità delle situazioni da tutelare. Già oggi, a legislazione vigente, esistono almeno due tipi di penalizzazioni per chi decide di uscire prima dal lavoro. Per le donne di 57 anni e 35 anni di contributi c’è la possibilità di andare in pensione con l’assegno calcolato tutto con il metodo contributivo: ma in questo caso la penalizzazione è molto forte (secondo stime prudenziale la pensione si ridurrebbe almeno del 30%). Sia per uomini che per donne è previsto poi dalla riforma Fornero un prelievo del 2% sulla quota retributiva del montante pensionistico per ogni anno di ritiro anticipato rispetto ai 62 anni con 35 di contributi versati. A questa strada sembra guardare il governo, immaginando un ampliamento dello strumento tenendo conto del limite invalicabile, verso il basso, dell’assegno finale che non può scendere sotto la soglia di 1,5 volte l’assegno sociale. Si potrebbe intervenire sia sul montante che sui coefficienti di trasformazione, con un onere che aumenta quanto più ci si allontana dal limite dell’equivalenza attuariale. Si tratta di una misura ancora da calibrare; che ha dei costi, e comunque vale la pena ricordare (fonte Ragioneria dello Stato) che la riforma Fornero garantisce risparmi per 77 miliardi fino al 2020.
Nell’immediato il governo punterà a completare «la mappa concettuale» degli esodati. Si vedrà poi quante risorse dell’apposito fondo avanzeranno dalle prime tre salvaguardie (65mila, 55mila, 10mila persone) «e si lavorerà per allargare di poco la platea, soprattutto per chi è stato licenziato con accordi individuali e per quelli che avevano iniziato la contribuzione volontaria. Del resto andare in pensione con le vecchie regole non può più essere un riferimento», evidenzia il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell’Aringa. Che aggiunge come il governo stia pensando anche di allargare la staffetta generazionale (è sperimentata in Lombardia), con più risorse: «Si procederà con bandi rivolti alle aziende». Tra le ipotesi, trasformare in part-time il rapporto del lavoratore anziano a 2-3 anni dalla pensione, e far assumere un giovane in apprendistato o a tempo indeterminato. Il lavoratore in uscita ha i contributi garantiti sull’intera retribuzione, e il neo assunto un percorso di formazione in azienda. Anche questa misura però costa (alcune stime parlano di 500 milioni iniziali a fronte di 50mila assunzioni in part-time), e bisogna perciò trovare i fondi. (Il Sole 24 Ore)
16 maggio 2013