Il lungo addio alle quote latte si conclude per l’Italia nel peggiore dei modi, con l’inevitabile deferimento alla Corte di giustizia Ue arrivato ieri «per il mancato recupero dei prelievi dovuti dai produttori di latte italiani», come spiega la stessa Commissione europea. Una decisione, quella dell’esecutivo comunitario, annunciata dopo l’inutile scambio di lettere e la messa in mora con un parere motivato da parte di Bruxelles, prodromo alla vera e propria procedura d’infrazione scattata ieri. Impossibile a oggi quantificare la sanzione pecuniaria che certamente sarà comminata dalla Ue all’Italia al termine della procedura, aggiungendo al danno la beffa. Perché al centro della procedura d’infrazione c’è proprio il mancato recupero delle multe pagate a Bruxelles dallo Stato italiano ma mai, «nonostante le ripetute richieste della Commissione», riscosse da quest’ultimo dai singoli caseifici responsabili del superamento dei tetti produttivi assegnati.
«La notizia di oggi (ieri, ndr) conferma che tutti quelli che hanno spiegato agli allevatori che non si dovevano pagare le multe e che qualcuno sarebbe arrivato al posto loro, hanno fatto un grosso danno al Paese. Salvini si dovrebbe mettere una felpa con scritto scusa», dice il ministro delle Politiche agricole attaccando il leader della Lega (partito di riferimento degli allevatori splafonatori) con una buona battuta in una vicenda in cui per il resto non c’è niente da ridere. Il conto per il Paese mette i brividi: oltre 4 miliardi tondi. Anche se la procedura d’infrazione si riferisce «solo» ai 2,3 miliardi di multe non pagate dagli allevatori italiani tra il 1995 e il 2009, «quando l’Italia – spiega la nota ufficiale dell’esecutivo Ue – ha superato la quota nazionale e lo Stato italiano ha versato alla Commissione gli importi del prelievo supplementare dovuti per il periodo in questione». Con tutte le conseguenti «distorsioni della concorrenza nei confronti dei produttori che hanno rispettato le quote e di quelli che hanno preso provvedimenti per pagare gli importi individuali del prelievo supplementare. Come sottolineato dalla Corte dei conti italiana, questa situazione è iniqua anche nei confronti dei contribuenti italiani».
Secondo le stime della Commissione europea, dell’importo complessivo di 2,305 miliardi, circa 1,752 non sono ancora stati recuperati. «Parte di questo importo – spiega ancora Bruxelles – sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma la Commissione stima che siano tuttora dovute sanzioni per un importo pari a 1,343 miliardi». Un debito accumulato anche grazie alla legge voluta nel 2009 dall’allora ministro (leghista) Zaia che reimpostava il sistema delle riscossioni, oltre ad assegnare ulteriori quote aggiuntive, rateizzando (con interessi) le multe ma aprendo al tempo stesso la strada dei ricorsi da parte degli allevatori inadempienti. Con l’effetto di riazzerare praticamente tutto il sistema.
«Ora affronteremo il deferimento – dice ancora il ministro Martina – tenendo presente che in questi 10 mesi abbiamo fatto quello che non si è fatto in 10 anni. Secondo me è inaccettabile che per mille allevatori disonesti ci vadano di mezzo 34mila allevatori onesti e l’intero Paese. Nella legge di stabilità – aggiunge il ministro – c’è una norma che non si era vista che indica esplicitamente chi deve operativamente gestire la riscossione (si tratta di Agea, ndr). Nelle prossime settimane partiranno le cartelle per quei mille che non hanno pagato». Per circa 600 di loro, come conferma la Coldiretti, l’importo supera i 300mila euro. «Una pesante eredità – sottolinea l’associazione agricola – delle troppe incertezze e disattenzioni del passato nel confronti dell’Europa nell’attuazione del regime delle quote latte che terminerà il 31 marzo 2015 peraltro con il rischio concreto dell’arrivo di nuove multe quest’anno per il superamento del quantitativo di produzione assegnato dall’Unione europea».
Uno sforamento confermato dal ministero e pari al 3,4% circa della quota nazionale, per il quale Bruxelles ha già autorizzato il pagamento in tre anni senza interessi. «Sono anni che inascoltati ribadiamo l’urgenza di chiudere definitivamente questa partita», aggiunge Confagricoltura, mentre la Cia teme «che ancora una volta i cittadini italiani onesti e gli agricoltori saranno chiamati a coprire i danni di un gruppo di furbetti».
IL PASTICCIO ALL’ITALIANA ALLA RESA DEI CONTI
Annamaria Capparelli . Se Atene piange, Sparta non ride. La resa dei conti nella Ue sulle vecchie multe latte è arrivata, ma un epilogo altrettanto pesante si profila in Italia. Se infatti in Europa, Roma finisce sul banco degli imputati per il mancato rispetto delle procedure comunitarie, l’impunità di una pattuglia agguerrita di allevatori, che pur avendo prodotto in eccesso rispetto al tetto fissato non sono stati chiamati alla cassa, si declina nel nostro paese come «danno erariale». Come ha denunciato la Corte dei Conti. E così a una manciata di giorni dalla fine delle quote, ancora non si intravede un armistizio per la guerra dei trent’anni del latte.
Trent’anni segnati da tatticismi e mosse a effetto, trattative in sede Ecofin e due rateizzazioni, che hanno segnato l’agricoltura italiana, spaccando il fronte degli allevatori (la maggiore parte, ma si è trattato soprattutto dei piccoli, si è messa in regola), mettendo in difficoltà le rappresentanze agricole e ponendo una pesante ipoteca sulla credibilità italiana. Con un rimpallo estenuante tra Equitalia ed Agea sulle riscossioni forzose. Un «macigno» di oltre 4 miliardi che ha pesato sui ministri che si sono avvicendati (l’agricoltura si è contraddistinta per un vorticoso turn over) e ha portato addirittura l’esecutivo Berlusconi (Alemanno ministro dell’Agricoltura, Tremonti delle Finanze e Bossi al governo) a un passo dalla crisi. Ma sul latte ha rischiato di scivolare anche Giancarlo Galan entrato in rotta di collisione con l’allora presidente dell’Agea, Fruscio, di matrice leghista.
Insomma chi provava a contrastare gli «irriducibili» del latte si è sempre scottato. Anche perché la partita è stata ed è tuttora connotata da una forte valenza politica. A perorare periodicamente la causa dei Cobas del latte è stata infatti la Lega, partito forte al Nord, «latteria» nazionale. E proprio l’attuale governatore del Veneto, Zaia, quando era ministro delle Politiche agricole calò una carta pesante con una relazione col “timbro” dei Carabinieri che metteva in discussione le modalità di calcolo delle multe. A firmarla l’allora vice comandante del comando dei carabinieri delle Politiche agricole, Marco Paolo Mantile (oggi dirigente della regione Veneto). Una relazione che veniva a sconfessare a stretto giro un precedente documento, sempre dei Carabinieri, ma che andava in tutt’altra direzione.
Insomma in questo «pasticciaccio» europeo molto italian style i colpi di scena non sono mancati, inevitabili per un affare che vale quanto una manovra. Impietosa l’analisi della Corte dei Conti che ha ricordato come il Tesoro abbia anticipato 1,7 miliardi con il risultato di spalmare i debiti degli splafonatori sulla platea dei contribuenti italiani. Da qui dunque il «diktat»: ricondurre in bilancio le somme versate dallo Stato italiano nelle casse di Bruxelles e la decisione (di pochi mesi fa) di inviare la relazione con tanto di accuse di «malagestione» alla procura generale della Corte.
Ora sembra che davvero siano finiti i tempi dei giochetti, ma forse è troppo tardi: i buoi sono ormai scappati dalle stalle. Rintracciare i debitori è impresa ardua, molti hanno chiuso, altri hanno cambiato ragione sociale, qualcuno ha fatto anche un giro in Parlamento. Mentre solo con l’ultima Stabilità è stato definito il meccanismo che farà arrivare a marzo le cartelle a mille allevatori per 440 milioni.
Il Sole 24 Ore – 27 febbraio 2015