Antonio Ciccia. Sforbiciati i reati contro la pubblica amministrazione. Saranno perdonati i mini abusi d’ufficio e le piccole omissioni di atti d’ufficio. Anche i pubblici ufficiali potranno sfruttare l’agevolazione prevista dal futuro decreto legislativo sulla non punibilità del fatto tenue e non abituale. Lo schema di provvedimento è stato approvato dal governo in prima lettura e ora è all’attenzione delle commissioni parlamentari. Il provvedimento attua la delega conferita al governo con la legge 67/2014. Quest’ultima legge riforma il sistema sanzionatorio penale e vara due tipi di depenalizzazione. La depenalizzazione vera e propria consiste nella programmata trasformazione di molti reati in illeciti amministrativi: questo intervento riguarda tutti i reati puniti con sanzione pecuniaria (tranne alcune materie sensibili, come l’ambiente o la sicurezza sui luoghi di lavoro), e anche alcuni delitti e alcune contravvenzioni.
La legge 67/2014 prevede, poi, una depenalizzazione in concreto e cioè alcuni reati rimangono come previsione astratta nel codice e nelle leggi speciali; però se, nel caso specifico, quel fatto (corrispondente al reato) ha causato una piccola offesa e se il fatto è sporadico (non abituale), allora il colpevole sarà perdonato e non sarà punibile.
Quindi, mentre nel primo caso il reato scompare e non è più punito, nel secondo caso il reato rimane, ma se tenue, ugualmente non è più punito.
La scommessa del legislatore è che questa sia la strada giusta per trovare uno soluzione al problema della giustizia penale che non funziona e delle carceri stracolme.
La tecnica utilizzata è quella dell’applicazione della regola della non punibilità a tutti i reati che stanno sotto una certa soglia di sanzione, ma senza delimitare altrimenti l’ambito di applicazione.
In proposito la relazione illustrativa del provvedimento scrive che l’ambito di applicazione dell’istituto è di «ampio respiro, potenzialmente coprendo l’intera area delle contravvenzioni _ e parte consistente dei delitti puniti con la pena della reclusione non superiore a cinque anni. In particolare la legge delega e lo schema di decreto legislativo non contengono aprioristiche delimitazioni».
Se non ci sono delimitazioni, allora, sono interessati anche i reati contro la pubblica amministrazione.
Rientra, quindi, nel campo astratto di applicazione anche un abuso d’ufficio. L’articolo 323 del codice penale punisce con la reclusione fino a quattro anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, violando la legge intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arreca ad altri un danno ingiusto. Viene, quindi, rispettata la soglia massima di pena. Certo al pubblico ministero e al giudice rimarrà la responsabilità di verificare se si tratta di un fatto tenue (dalla portata offensiva bassa) e non abituale (non inserito in una serializzazione di condotte).
Stesso discorso può farsi per altri reati. Si prenda quello previsto dall’articolo 328 del codice penale: omissione di atti di ufficio. La norma punisce, con la reclusione da sei mesi a due anni, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo. Il medesimo articolo punisce anche il funzionario che, in casi diversi da quelli elencati, non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo (reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032). In entrambe le ipotesi è rispettato il livello soglia della pena massima non superiore a cinque anni. E se tale limite è in grado di escludere le corruzioni e le concussioni, invece, ci rientrano, per esempio, la malversazione (articolo 316-bis codice penale), l’indebita percezione di erogazioni statali (articolo 316-ter codice penale), il peculato mediante profitto errore altrui (articolo 316 codice penale).
Il catalogo dei reati comprende anche alcuni illeciti contro l’amministrazione della giustizia. Si pensi, al reato di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (punita con pena pecuniaria) o all’omissione di referto da parte del medico (anche qui è prevista solo la multa fino a 516 euro).
Rientra nell’ambito di applicazione la simulazione di reato (l’articolo 367 del codice penale prevede la reclusione fino a tre anni), mentre ne resta fuori la calunnia (articolo 368 del codice penale, per la quale il massimo della pena è di sei anni).
ItaliaOggi – 22 gennaio 2015