Francesca Schianchi. L’irritazione del premier Renzi era trapelata fin da ieri l’altro, quando la polemica sul Fertility Day del 22 settembre e la sua contestatissima campagna pubblicitaria è esplosa sui social network. Ma lui stava a Maranello con la Merkel e non era certo quella l’occasione di esternarla.
Lo ha fatto appena possibile, cioè ieri mattina in un’intervista radiofonica con Rtl 102.5: «Non sapevo niente della campagna del ministero, non l’avevo vista, avevo problemi più importanti da seguire», prende le distanze, «certo non conosco nemmeno un amico che fa un figlio perché l’ha visto su un cartellone», commenta gelido l’iniziativa della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, «se vuoi creare una società che scommette sul futuro devi creare le condizioni strutturali: gli asili nido, i servizi, creare lavoro. Nei Paesi dove si fanno figli non credo che sia per effetto di una campagna».
Parole che per lui dovrebbero chiudere il caso, ma che la ministra scaricata pubblicamente non prende per niente bene, mentre la polemica, nata su Twitter e Facebook e alimentata soprattutto dall’attacco di Roberto Saviano, accende il mondo politico. Non è bastata la disponibilità della Lorenzin a rivedere la comunicazione dell’evento, a cambiare in particolare due delle cartoline incriminate (quella della clessidra e quella che dice «datti una mossa»), né i suoi tentativi di spiegare che l’evento vuole solo essere «informativo», a placare il premier che sa bene quanto delicata e fondamentale sia la comunicazione in politica. Fino a ieri sera i due non si erano sentiti, ma l’uscita del mattino di Renzi non fa certo piacere alla ministra nel mirino, che passa la giornata a rilasciare interviste: «Nella decisione di avere figli l’aspetto economico è il grande tema che deve affrontare l’Italia – conviene -ma io faccio il ministro della Salute e mi occupo di questi temi». Il resto, aggiunge con una sottile vena polemica verso il capo del governo che l’ha bacchettata «lo facciano il premier e gli altri ministri».
Ma le critiche si moltiplicano. Dall’opposizione – Laura Castelli del M5S annuncia un’interrogazione parlamentare sui costi –, ma anche da alleati di governo: una «campagna retrograda» la qualifica il Pd Roberto Speranza, mentre il verace senatore Pd Stefano Esposito la definisce una «stronz…» costata «circa 150-200 mila euro» («28 mila», corregge la ministra). C’è anche chi, come il leghista Calderoli, chiede le dimissioni della Lorenzin: al suo fianco, a difenderla, praticamente solo i centristi. Dopo uno stillicidio di attacchi, all’ora di cena è il leader Ncd Angelino Alfano a intervenire in difesa: «Campagna condivisibile nel merito e per questo noi la sosteniamo». Condivisibile nel merito, ma forse non del tutto nelle immagini e negli slogan, criticati anche da un creativo come Oliviero Toscani: a sera, la ministra concede via tweet che se la campagna non è piaciuta «ne facciamo una nuova», sottolineando però che «il Fertility Day è più di due cartoline, è prevenzione, è la salute degli italiani». Sperando così di chiudere la questione.
La Stampa – 2 settembre 2016