Mentre il dibattito politico si concentrava sulle nomine Rai e sull’ennesimo conflitto all’interno del Pd, il governo otteneva l’approvazione della legge delega per la riforma della Pubblica amministrazione. È una misura di grande rilevanza, non sufficientemente valutata dalla pubblica opinione nei suoi aspetti positivi anche per la complessità del provvedimento. La legge prevede infatti ben 15 deleghe, da attuarsi attraverso decreti legislativi che, anche se sottoposti al parere del Parlamento, sono di esclusiva competenza del governo.
Alcune delle deleghe hanno già incontrato pesanti critiche: ad esempio, il principio del silenzio-assenso per cui trascorsi 30 giorni senza che un’amministrazione si pro nunci negativamente il suo consenso sarà presunto, limite elevato a 90 giorni in materia di tutela ambientale e di salvaguardia dei Beni culturali o della salute. Nello stato delle nostre amministrazioni tali tempi sono molto stretti, ma ai timori di studiosi quali Rodotà, Settis o Montanari si può rispondere che per interrompere il decorso del silenzio-assenso basterà che l’amministrazione richieda ulteriore documentazione, ovviando così — ad esempio nel caso del ministero dei Beni culturali — alle carenze di organico. È però auspicabile che il governo in sede di esercizio della delega provveda anche a dotare tale amministrazione di mezzi e organici adeguati ai suoi delicatissimi compiti. L’introduzione sistematica del na portata generale ed è un provvedimento estremamente necessario per adeguare l’amministrazione italiana ai tempi e alle modalità di funzionamento delle amministrazioni dei
Paesi sviluppati nostri concorrenti. La competizione economica a livello internazionale passa infatti anche per l’efficienza amministrativa.
Molte delle altre deleghe sono settoriali e mirate a una semplificazione amministrativa di cui il nostro Paese ha molto bisogno. Ne sono esempio il trasferimento presso il ministero dei Trasporti del Pra, unificando così le banche dati di Aci e Motorizzazione; o la drastica riduzione nel numero delle Camere di commercio; o l’unificazione nel numero 112 di tutte le chiamate di emergenza. Importante inoltre l’introduzione dell’accesso in via telematica ai documenti della Pubblica amministrazione che realizza anche in Italia quella trasparenza assicurata in molti Paesi dai Freedom of Information Acts (Foia).
Più pro blematico invece l’accorpamento del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei carabinieri: anche se ciò potrebbe consentire risparmi, pprincipio del silenzio-assenso ha comunque uermettendo inoltre una maggiore presenza dello Stato in zone isolate, le modalità di formazione e reclutamento dei due corpi sono molto diverse e richiederanno provvedimenti attuativi attenti a salvaguardarne la specificità.
Le deleghe più importanti – vero cuore della riforma – sono però due: quella che riordina la Dirigenza dello Stato, introducendo la temporaneità degli incarichi e la loro revocabilità in caso di condanna da parte della magistratura o della Corte dei conti, ma anche in caso di valutazione negativa dell’operato del singolo dirigente; e quella che, ispirandosi all’art. 95 della Costituzione, consente al presidente del Consiglio un potere di surroga qualora singoli ministeri non emanino in tempi certi i loro decreti attuativi, o non si giunga per i provvedimenti che richiedono il concorso di più amministrazioni a un tempestivo accordo. Dare attuazione al principio della surroga non spoglia alcun ministero delle proprie funzioni e responsabilità, ma realizza quel maggior ruolo della presidenza del Consiglio che da tempo si ricercava attraverso una riforma costituzionale della nostra forma di governo. Il provvedimento adottato mostra così che l’annoso dibattito in materia poteva essere superato semplicemente dando piena attuazione all’art. 95 della nostra Costituzione. Il nostro governo nei suoi rapporti con il Parlamento è uno dei più forti governi europei. Sin dai tempi del primo Prodi, seguito poi da Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi, il governo — ricorrendo al combinato uso di decreti legge, maxiemendamenti e voti di fiducia — si è progressivamente rivelato essere il vero dominus di un Parlamento ridotto dalle liste bloccate del Porcellum a mero organo di ratifica.
Dominatore dell’attività legislativa, il governo era però alla mercé del potere della dirigenza dei ministeri, come mostra il ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi cui solo ora l’azione del ministro Boschi comincia a portare rimedio. L’affermare il potere di surroga del premier in caso di ritardo dei ministeri è dunque passo che va salutato con favore.
Se a quanto sopra si aggiunge il commissariamento delle società partecipate in perdita, e l’estensione del riordino della dirigenza anche a quella di regioni ed enti locali, ve ne è a sufficienza per affermare che, in attesa dei decreti legislativi, il progetto di riforma della Pubblica amministrazione elaborato dal ministro Madia merita un giudizio ampiamente positivo
Il Corriere della Sera – 12 agosto 2015