Il Ministro della Pa Marianna Madia ha convocato le Confederazioni tra cui la Cosmed martedi 26 luglio alle 12 a Palazzo Vidoni. Ordine del giorno le “questioni connesse al lavoro pubblico”. I dipendenti pubblici possono iniziare a sperare. Entro l’autunno partiranno le trattative per l’aumento dello stipendio del pubblico impiego, fermo da sette anni. Il primo passo per l’avvio delle negoziazioni sarà fatto il 26 luglio. La ministra della Pa, Marianna Madia, per quel giorno ha convocato i sindacati per una riunione a Palazzo Vidoni con oggetto «questioni connesse al lavoro pubblico», ovvero il rinnovo del contratto del pubblico impiego. E gli attesi aumenti in busta paga. L’appuntamento è il primo di una serie di confronti che le parti svolgeranno per raggiungere un’intesa sui criteri da seguire per la distribuzione delle risorse. La riunione di martedì però non avvierà le trattative vere e proprie. L’incontro rappresenta piuttosto l’anticamera dei negoziati e servirà per parlare in generale del pubblico impiego.
Quindi del contratto ma non solo. Sul tavolo della ministra, infatti, c’è anche la riscrittura complessiva delle regole per i dipendenti pubblici, un Testo unico previsto dalla riforma della Pa che arriverà a ridosso del 2017.
IL NODO RISORSE
Dopo l’estate e il primo giro di tavolo con le sigle sindacali, Madia invierà all’Aran – l’agenzia governativa che si occupa dei negoziati – la direttiva con le linee guida da seguire per la negoziazione. È ormai certo che il documento conterrà l’indicazione di concentrare le poche risorse disponibili soprattutto sui redditi medio-bassi. La strada sarebbe quella dei «rialzi selettivi». Un meccanismo a scaglioni per una distribuzione graduale. E con l’esclusione totale delle fasce più alte. Una delle ipotesi sul tavolo concede gli aumenti di stipendio soltanto a chi guadagna meno di 26mila euro. Circa 800mila persone su una platea di poco più di tre milioni di lavoratori pubblici. La dote per i rinnovi è di 300 milioni, ma non è escluso che aumenti con la prossima legge di Stabilità, che arriverà a ridosso delle trattative. Ed è proprio all’aumento delle risorse a cui puntano i sindacati. Oltre al criterio del reddito, la direttiva ministeriale potrebbe puntare a premiare chi si è distinto per il proprio impegno. Con il ripristino delle pagelle sulla produttività di berlusconiana memoria, quelle previste dalla legge Brunetta che concentrava i premi solo sul 25 per cento degli statali.
Nel frattempo si avvicina al traguardo il decreto partecipate. Il testo, dopo il secondo passaggio in Consiglio dei ministri, torna alle Camere per un’ulteriore informativa alle commissioni sulle condizioni poste dal Parlamento e non accolte dal governo. Un passaggio dovuto, previsto dalla legge Madia del 2015, ma che non produrrà variazioni al testo. Nonostante le richieste dei parlamentari, la sforbiciata non viene più sottoposta a limiti. Rimane a un milione di euro la soglia minima di fatturato che le spa dovranno conseguire in tre anni. E non vengono previsti sconti per le società che hanno chiuso quattro bilanci su cinque in perdita. Sono saltate anche le modifiche sui premi ai manager. Rimane quindi la versione iniziale: nessun bonus per i dirigenti delle partecipate che hanno bilanci negativi. (Tratto dal Messaggero – 20 luglio 2016)
PA. CONFRONTO GOVERNO-SINDACATI IL 26 LUGLIO. SBLOCCATE LE ASSUNZIONI LOCALI IN 4 REGIONI
Arriva, ed è messa in calendario per martedì prossimo 26 luglio, la convocazione della Funzione pubblica per i sindacati del pubblico impiego. Al centro dell’incontro, com’era stato annunciato dalla stessa ministra per la Pa e la semplificazione Marianna Madia, ci saranno sia le prospettive per i rinnovi contrattuali sia la riforma del pubblico impiego. Il clima con i sindacati, nel frattempo, si scalda sulle bozze di un altro decreto attuativo (anticipate sul Sole 24 Ore di ieri), quello sulle Camere di commercio, che fra le altre misure prevedono in prospettiva anche una riduzione degli organici del 15% e del 25% nel caso delle strutture di supporto. Si tratta di un testo ancora in cantiere, su cui peraltro le opinioni all’interno del governo non paiono univoche, ma Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato ieri una «mobilitazione durissima» in caso di conferma di queste ipotesi.
Accanto ai botta e risposta sugli annunci, però, da Palazzo Vidoni ieri sono arrivate anche buone notizie sul piano operativo. La Funzione pubblica ha infatti ripristinato le ordinarie capacità assunzionali degli enti locali di alcune Regioni, con la nota 37870/2016: si tratta di un passo ulteriore nell’attuazione del comma 234 dell’ultima manovra (legge 208/2015), che prevede lo sblocco delle assunzioni laddove, sulla base dei dati inseriti nel portale della mobilità, è possibile verificare l’assenza di “esuberi” fra i dipendenti di Province e Città metropolitane.
La novità più rilevante è lo “sblocco totale” delle assunzioni negli enti locali delle regioni Emilia Romagna, Lazio, Marche e Veneto. In queste quattro regioni, le ordinarie capacità assunzionali sono ripristinate per le assunzioni di personale in tutte le funzioni, con riferimento sia a quelle di competenza sia a quelle residue (i cosiddetti “resti”) del triennio precedente.
Il dipartimento aggiunge la Puglia e il Molise alle regioni che sono “libere” nelle assunzioni della polizia locale; gli enti locali di questi territori si aggiungono quindi a quelli già individuati a febbraio (con la nota 10669) ovvero Basilicata, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Piemonte e Veneto.
Intanto arriva alle Camere il testo finale della riforma delle partecipate, con una sorpresa che rischia di sollevare nuove obiezioni dal Parlamento. Nelle bozze circolate nei giorni scorsi erano state accolte le indicazioni con cui le commissioni chiedevano di rivedere i parametri di fatturato e risultati che imporrebbero l’alienazione o la chiusura delle società. Nelle bozze circolate nei giorni scorsi l’asticella del fatturato minimo nel triennio era scesa da un milione a 500mila euro, e quella che condanna le società in perdita in quattro degli ultimi cinque anni era stata corretta con l’esclusione dal calcolo del “rosso” che non raggiunge il 5% del fatturato, ma nel testo inviato ieri si torna in entrambi i casi alla vecchia versione, più rigida. Ora le Camere avranno 10 giorni per il parere definitivo. (Gianluca Bertagna e Gianni Trovati – Il Sole 24 ore)
20 luglio 2016