Il ministro: a regime i risparmi possono valere l’1-2% del Prodotto interno lordo «Serve più coraggio nel privatizzare le quote del Tesoro e valorizzare gli immobili»
La nostra crescita 2014 è stimata dall’Europa solo allo 0,7%, contro l’1,1% delle previsioni del governo, dunque indebolendosi il denominatore bisognerà tagliare (o tassare di più) per avvicinarsi al pareggio strutturale, obiettivo ormai inciso nella nostra Costituzione. O no?
Saccomanni tira un lungo sospiro. «Guardi, qui la confusione regna sovrana, facciamo un po’ d’ordine. La Commissione non tiene conto, nelle sue previsioni per il 2014, di alcune misure che il governo ha già preso o sta per prendere. Per esempio: noi abbiamo erogato finora 14 miliardi di pagamenti arretrati della pubblica amministrazione, già nelle tasche delle imprese creditrici. Avranno qualche effetto sull’economia, credo, insieme alle altre misure adottate in questi primi mesi di governo». Basteranno? «Io ritengo di sì. Se il governo va avanti, non si parla di crisi ogni giorno e si smette di litigare su tutto — perché un programma si basa sulla credibilità e certo noi non manchiamo di dare spettacolo —, avremo ampi margini per fare ulteriori progressi nella riduzione del debito attraverso le misure strutturali già messe in campo ma non contabilizzate nel budget . È il debito l’elemento di maggiore preoccupazione della Commissione europea, dopo la nostra uscita dalla procedura di deficit eccessivo».
Dove pensate di intervenire per ridurlo questo debito? «Io sono convinto che sia necessario anticipare al 2014 una parte maggiore dei risparmi della spending review affidata al commissario Cottarelli». E quanto vi aspettate di incassare? «L’operazione complessiva potrebbe ambire a un valore tra l’1 e il 2 per cento del Prodotto interno lordo, a regime nell’arco di un triennio». Sono tanti soldi, ministro, da 16 a 32 miliardi, e al momento la previsione per il 2014 è di risparmiare 600 milioni. Un po’ pochi. «Lunedì si riunirà il comitato interministeriale per la revisione della spesa e sono fiducioso che avrà il coraggio di definire una terapia più incisiva sull’intero campo della spesa pubblica, già a partire dal 2014».
Altri interventi, più diretti, per contenere il debito? «Prima di tutto un maggiore coraggio nelle privatizzazioni, nella vendita di quote di partecipate del Tesoro. E poi più decisione nel valorizzare l’immenso patrimonio pubblico immobiliare». Se ne parla da troppi anni, ministro, o c’è un colpo d’ala o finirà come sempre nel nulla. «Il colpo d’ala lo tentiamo». Auguri. Intanto le Poste entrano in Alitalia. «L’obiettivo del governo è di facilitare l’integrazione di Alitalia con un partner industriale di caratura internazionale. Nel perseguire questo obiettivo bisogna prestare molta attenzione, oltre che a tutelare i risparmi degli italiani, a evitare i rischi di una procedura comunitaria per aiuti di Stato».
E poi, ministro? Scorriamo la lista degli interventi. «Sul rientro dei capitali dall’estero ci attendiamo molto, perché il mondo è cambiato. Oggi è più difficile sfuggire al Fisco, le stesse banche svizzere hanno mutato atteggiamento con i loro clienti. I paradisi fiscali sono fortunatamente minacciati. Venerdì a Bruxelles Lussemburgo e Austria — che per inciso hanno appena cambiato i rispettivi governi — sono stati messi in un angolo. Agiamo su due fronti. A fine mese è previsto un incontro importante nel negoziato con la confederazione elvetica. E poi sul piano generale, anche grazie alla collaborazione del giudice Francesco Greco, si sta studiando una depenalizzazione del reato per chi è disposto a far rientrare somme detenute illegalmente all’estero e il raddoppio delle pene per chi si ostinasse a restare fuori».
Un altro importante fronte è costituito dalla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia possedute dagli istituti di credito. «In questo caso — risponde Saccomanni — sono state fatte cifre a caso, un po’ fantasiose. Dopo la perizia, redatta dai tecnici di Visco, la Banca d’Italia ha un valore oscillante tra i 5 e i 7,5 miliardi, dunque il beneficio per l’Erario da una rivalutazione delle quote, che aiuterebbe anche le banche a migliorare le proprie posizioni sul patrimonio di vigilanza in base ai criteri di Basilea III, arriva al massimo a 1,2 miliardi. Altre risorse per il miglioramento dei saldi».
Ministro, quella di Bruxelles non sarà stata una bocciatura come dice lei, però ci impedisce di usufruire della «clausola di flessibilità» che consente ai Paesi fuori dalla procedura di deficit eccessivo di fare investimenti — tre miliardi già previsti nella manovra — non computati nel deficit strutturale. «È vero, ma come ha ricordato lo stesso commissario Olli Rehn, l’Italia potrà invocare la clausola per gli investimenti nel corso del 2014 se si materializzeranno — come pensiamo — gli effetti finanziari degli interventi che ho menzionato prima». Dica la verità: ci è rimasto male, non se l’aspettava? «Bisogna tenere conto che la Commissione era stretta tra due fuochi, i Paesi che come l’Italia spingevano e spingono per un maggiore coraggio nel favorire la crescita e quelli — inutile che dica quali — che considerano la “clausola di flessibilità” un modo per aggirare le regole, insomma spesa corrente mascherata da investimenti. Di fronte a questo dissidio la Commissione si è riservata di fare una valutazione sulla clausola caso per caso». Ma, al di là della vicenda nazionale, l’Europa per la crescita fa poco o nulla, non trova? «Il problema politico, numeri a parte, è esattamente questo. Ho parlato a lungo venerdì con il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy e con Olli Rehn, sulla necessità di una svolta radicale nella strategia macroeconomica dell’Unione. Altrimenti alle elezioni europee vinceranno i tanti populismi di cui è percorsa in questo momento l’Europa».
Faticoso essere europeisti di questi tempi. Saccomanni non lo dice ma credo abbia avuto a Bruxelles una sola soddisfazione, notare che la Finlandia, il Paese di Rehn (Helsinki, si ricorderà, voleva addirittura in pegno il patrimonio artistico greco in cambio degli aiuti) è scivolato nella stessa posizione dell’Italia. Non si è primi della classe per diritto divino. Ma sono magre soddisfazioni, purtroppo.
Il Corriere della Sera – 17 novembre 2013