Il collegio presieduto da Dario Bertezzolo si è concesso solo mezz’ora di pausa e un’udienza fiume ha caratterizzato l’inizio del processo per le mazzette ai politici e legate alla Sanità
Quell’indagine partita da Trento che poi si spostò a Verona e Venezia, fino in Regione, culminata nel gennaio 2006 con l’arresto dell’allora presidente del Consiglio comunale di Rovereto, Fabio Demattè, dell’amministratore della Pederzoli e della Solatrix, Giuseppe Puntin, e della moglie Bianca Salvalai. In carcere in gennaio finì anche il direttore amministrativo della clinica di Rovereto, Gianfranco Turchini, mentre mesi dopo la misura cautelare colpì anche l’allora dirigente della Sanità veneta Franco Toniolo. Cinque imputati ritenuti responsabili, ognuno per il proprio ruolo, di aver «appoggiato» e «favorito» le cliniche rappresentate da Puntin (in Trentino grazie a un iter velocissimo per ottenere un ampliamento e in Veneto relativamente alla programmazione sanitaria regionale) in cambio di denaro. Diecimila euro a Demattè mentre a Toniolo ne furono consegnati 50mila.
In aula mancava solo la Salvalai, gli altri quattro imputati erano presenti e ad iniziare la lunga giornata delle deposizioni è stato il maresciallo della Guardia di Finanza che si occupò delle indagini fin dall’inizio. Perchè i sospetti che vi fossero commistioni tra politici e amministratori di strutture sanitarie private erano diventati sempre più corposi. E in particolare l’attenzione si focalizzò sulla Solatrix che aveva chiesto e ottenuto l’ampliamento della struttura per realizzare la camera mortuaria all’esterno per dedicare spazio al reparto di radiologia nucleare. Sospetti e poi il 7 ottobre 2005 la telefonata di Demattè a Puntin: «Lo sentimmo dire: “se non facevamo quel blitz” e ci insospettimmo», ha spiegato il maresciallo rispondendo alle domande del pm Paolo Sachar, «avevamo sotto controllo i telefoni fissi e i cellulari, quel giorno raccontò anche delle elezioni ma subito non capimmo. per questo andammo a controllare le delibere approvate dalla giunta in costanza di fine mandato (scaduto nel giugno 2005, ndr) e trovammo l’approvazione della variante al Prg presentata da Solatrix per la realizzazione della camera mortuaria». E controllando le date delle richieste e dei nulla osta scoprirono che l’intero iter amministrativo della richiesta di ampliamento della Solatrix era durato 23 giorni: «Il 23 febbraio fu presentata l’istanza per la concessione edilizia in deroga, il 10 marzo la commissione diede parere favorevole previa presentazione di documenti e in attesa sospese il provvedimento. L’11 marzo viene inserita nell’ordine del giorno la discussione su Solatrix e nell’ultima seduta utile, il 15 marzo, la variante venne approvata. Per coprire il medesimo iter per l’ospedale civico ci vollero 9 mesi».
Partì dal blitz, i telefoni vennero controllati: Puntin disse alla moglie di procurare 10mila euro, Demattè e Puntin si diedero appuntamento il 17, approfittando del rientro del politico da Cremona. «Lo seguimmo, arrivò alla Pederzoli e dal parcheggio fotogrammo la consegna di una busta da parte di Puntin a Demattè». Il politico ripartì e fu fermato a Rovereto: in tasca aveva il denaro. Era l’inizio.
Larena.it – 4 maggio 2011