di Filippo Tosatto. Una drastica ristrutturazione del sistema sanitario del Veneto, con la nascita di una governance regionale, l’Azienda Zero, destinata ad accentrare i compiti di programmazione, coordinamento, azione tecnico-amministrativa e controllo finora svolti singolarmente dalle 21 Ulss: queste ultime (“depurate” da oneri extrasanitari) scenderanno da 21 a 7 con dimensione e denominazione provinciali: Dolomitica, Marca Trevigiana, Serenissima, Polesana, Euganea, Berica, Scaligera. È quanto prevede il progetto di legge di Luca Zaia: annunciata in campagna elettorale, la riforma del governatore approda ora in Consiglio attraverso una corsia preferenziale: martedì mattina la commissione sanità di Palazzo Ferro-Fini, presieduta dal leghista Fabrizio Boron, inizierà a discuterne con l’illustrazione del testo da parte dell’assessore Luca Coletto e la relazione tecnica del direttore generale Domenico Mantoan.
Qual è la ratio dell’iniziativa? Anzitutto, eliminare la lievitazione dei costi provocati dalla presenza di molteplici centri di spesa; non soltanto sul piano funzionale (uno per tuta, i 21 uffici legali attuali) ma soprattutto sul versante delle gare pubbliche per l’acquisto di beni e servizi – il cui accentramento mira a garantire prezzi migliori e standard di qualità omogenei – e lo sfoltimento dei quadri manageriali che al momento vedono un quartetto (direttore generale, sanitario, amministrativo e sociale) al vertice di ciascuna Ulss: «In questa prima fase», si legge «la riduzione di spesa sarà riferibile principalmente ai compensi per le direzioni strategiche e per gli organi aziendali; progressivamente, sarà collegata all’aggregazione di sedi e unità operative tecnico-amministrative».
C’è di più: a fronte di un bilancio annuale pari a 8,5 miliardi e ad una platea di utenti che supera i cinque milioni, un monitoraggio autonomo e distinto dall’attività di gestione è giudicato «imprescindibile per porre un freno a fenomeni che, oltre a impoverire le istituzioni, le squalificano agli occhi dei cittadini»; dove è lampante l’allusione ai persistenti ritardi nelle liste d’attesa e alla difformità territoriali negli standard delle prestazioni.
Evidente fin d’ora il ruolo primario assegnato ali’Azienda Zero, il cui dirigente – nominato dal governatore – detterà, de facto, la linea di condotta ai poli della salute sul territorio. Per ciò che riguarda la riduzione delle Ulss, nel corso della discussione, il criterio di partenza potrebbe non rivelarsi ferreo: lo stesso Coletto ha accennato alla possibilità di prevedere due aziende nelle cinque province maggiori (Belluno e Rovigo escluse) per un totale di 12.
Dall’opposizione, disponibilità al confronto con un altola di principio: «Si sta configurando una governance che accentra enormemente i poteri e subordina le Ulss, riducendole a satelliti», è il commento di Claudio Sinigaglia del Pd «è un cambiamento di rotta che sottrae autonomia al territorio e che non condividiamo affatto, Ci preoccupa, inoltre, la cancellazione della figura del direttore sociale, fin qui garanzia dell’integrazione socio-sanitaria che è il cardine del nostro modello veneto. In ogni caso, la riforma dovrà partire da una doverosa consultazione degli enti locali»; apertura dem, invece, sul versante della riduzione del numero di Ulss: «Un taglio è nell’ordine delle cose, 7 o 12 cambia poco, l’importante è concordare la soluzione più sostenibile e rispettosa dell’equilibrio tra sanità e sociale».
nella foto sopra il presidente della V Commissione Fabrizio Boron (al centro), il vicepresidente Jacopo Berti e la segreteria Sonia Brescacin; in quella sotto le Ulss come sono oggi e come verrebbero ridisegnate dalla riforma
Il Mattino di Padova – 25 luglio 2015