L’autonomia potrebbe essere la risposta alla carenza di medici e infermieri (in Veneto ne mancano rispettivamente 1295 e 2mila) che rischia di far saltare il Sistema sanitario nazionale, ma anche alle liste d’attesa e all’esigenza di cambiamento indotto da una tecnologia sempre più sofisticata, dall’informatizzazione e dall’invecchiamento della popolazione. E’ il terreno sul quale si sono incontrati rappresentanti del governo, delle Regioni, del pianeta salute pubblico e privato nella due giorni di «Summer School», organizzata a Gallio da «Motore Sanità» col patrocinio di Palazzo Balbi. Una sorta di Stati generali della Sanità che, per il quarto anno, traccia il quadro in essere e favorisce il dialogo fra le parti (anche in tema di gestione delle cronicità, potenziamento della medicina territoriale in continuità con l’ospedale, nuovi modelli di finanziamento e best practice) nei giorni della ripresa dei lavori del Parlamento, al quale suggerisce spunti preziosi. Dall’edizione 2017 è stata recepita da Roma l’idea di creare un fondo per l’acquisto dei farmaci innovativi, dalla 48 ore chiusa ieri il ministro vicentino degli Affari regionali, Erika Stefani, ha concretizzato il concetto astratto con l’equazione autonomia uguale servizi efficienti e senza sprechi.
«Il Veneto ha formulato proposte di maggiore autonomia per rispondere ai quesiti di oggi, tra cui la formazione dei medici, questione centrale per far fronte alla carenza che nei prossimi anni renderà problematica l’assistenza — ha detto Stefani —. Stiamo lavorando per riuscire in questa impresa insieme ad una Regione, il Veneto appunto, che ha i conti in ordine pur garantendo performances di qualità ed efficienza, quindi garantisce il buon esito di un’ulteriore acquisizione di competenze legislative e amministrative in materia di sanità. La soluzione del nodo della formazione e specializzazione universitaria dei professionisti sanitari, che vede il Veneto eccellenza nazionale ed europea, valorizzerà il territorio e risponderà ai bisogni della gente. Garantire una migliore sanità significa consentire alle Regioni di agire in autonomia sul regime del personale, superando i vincoli livellati su chi non ha fatto bene i conti (la Finanziaria Monti, che fino al 2020 impone per l’organico il limite di spesa del 2004 meno un 1,4%, ndr ) e che irrigidisce anche chi ha agito correttamente — ha aggiunto il ministro —. L’autonomia permetterà poi alle Regioni di agire sulla leva della remunerazione e degli incentivi, assicurando uno specifico livello di contrattazione locale». «L’autonomia è a un passo dal compimento — la chiosa finale — la mia proposta sarà presentata al Consiglio dei ministri in ottobre».
Ed è la risposta che Veneto, Lombardia ed Emilia aspettavano. «Siamo già pronti a concretizzare l’autonomia in sanità con scelte sui fronti più caldi: la mancanza di medici, la gestione delle borse di specialità e l’accesso dei giovani camici bianchi alla professione — ha annunciato Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità —. Senza personale saltano i Livelli essenziali di assistenza, ci dev’essere consentito di gestire solo sul territorio l’assegnazione delle borse di specialità, perché al Miur non sanno quali specialisti siano necessari ad Asiago, piuttosto che a Chioggia o a San Bonifacio. Chiediamo inoltre di poter assumere i neolaureati da formare in alcuni ospedali, di cui abbiamo già l’elenco (Padova, Verona, Treviso, Vicenza, Mestre e lo Iov, ndr )». «La carenza dei medici è legata al macroscopico errore di programmazione di chi aveva il compito di gestirla a livello nazionale — ha precisato Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità regionale —. Il sistema paga anni di immobilismo da parte del governo: abbiamo assistito ad un’erosione delle risorse, che ne ha depauperato le potenzialità, creando distorsioni a scapito dell’efficienza. Un esempio: la difficoltà di gestione delle liste d’attesa, che stanno diventando la vera emergenza. Bisogna poi dare risposta alla cronicità e all’accesso ai farmaci innovativi, irrinunciabili per una fetta sempre più ampia della popolazione». L’altra emergenza è l’accesso alle cure. «Il 20% dei cittadini ci rinuncia perchè non può pagare il ticket — ha ammonito Antonio De Poli (Udc), questore al Senato — e il 5% per farlo vende la casa. Il futuro è un sistema integrato Sanità-Sociale».
CORVENETO