Paolo Russo, La Stampa. Sarà il caldo reso più insopportabile da quella cinquantina di corpi accatastati senza distinzione di sesso ed età, ma l’omone dà fuori di testa, aggredisce l’infermiere urlando: «Pago le tasse, qualcuno mi faccia almeno appoggiare da qualche parte».
L’arte di arrangiarsi
Pronto soccorso del San Camillo di Roma, una registrazione speditaci da un paziente racconta una delle tante storie di ordinaria follia della sanità che ad agosto va in vacanza. Ignorando che le malattie non prendono ferie. Perché in questo ospedalone romano si replica quel che si recita da Nord a Sud Italia: reparti e studi dei medici di famiglia che chiudono per ferie lasciando che a sbrigarsela siano i servizi d’emergenza. Già congestionati di loro, figuriamoci quando la metà dei camici bianchi e degli infermieri ad agosto si godono il meritato riposo e alle loro spalle si tagliano i di per sé scarsi posti letto. Perché ad agosto un letto su tre viene sforbiciato. Almeno a vedere le oltre trenta segnalazioni che abbiamo raccolto lungo lo Stivale. Che parlano di intere aree dove è vietato venire al mondo per la chiusura dei punti nascita, di donne dimesse da ginecologia per chiusura reparto nonostante fosse già stato programmato un intervento chirurgico, di sale operatorie che vanno ko.
L’Ats, l’Agenzia sanitaria milanese, ha rilevato che questo mese saranno messi in pausa e riaperti dopo le ferie il 34,6% dei letti, quasi tremila sugli 8.546 normalmente funzionanti. Ma le chiusure per letti e reparti scattano un po’ ovunque. All’ospedale di Battipaglia, in provincia di Salerno, le sale operatorie di chirurgia, ortopedia e chirurgia del rachide chiudono a cavallo di ferragosto e i relativi interventi vengono rinviati a data da destinarsi. Al Nord ma la musica non cambia. Al Santa Croce di Cuneo chiusure estive per i reparti di oculistica e ginecologia. Nel punto nascita di Vittorio Veneto addio vagiti fino a settembre. Chi aveva programmato il parto dovrà andare in trasferta.
Niente interventi chirurgici programmati all’Ospedale Sant’Anna di Como e chiusura dei servizi della week e day surgery, quelli che dovrebbero servire a ottimizzare i costi nella sanità, riducendo la permanenza in ospedale a sole 24 ore. A Cosenza poi si arriva al paradosso di non poter nemmeno pagare il ticket, perché l’unico dipendente dell’azienda sanitaria di Castrovillari è andato in ferie e tornerà il 25 agosto. Nessuno ha potuto o voluto sostituirlo, così chi ha bisogno di una visita o di un accertamento dovrà andare da un privato e pagare a tariffa piena, perché senza l’obolo il pubblico non eroga.
Proprio al San Camillo di Roma ginecologia è chiusa per ferie e chi aveva un intervento programmato deve attendere pazientemente la fine delle vacanze. Nel Barese è stato ridotto l’orario di apertura dei pronto soccorso più piccoli e le ambulanze fanno fatica a partire per carenza di medici.
Si dirà che ad agosto anche gli assistiti lasciano le città e che la domanda di cure si sposta nei luoghi di villeggiatura. E qualcuno, come in Puglia, si è attrezzato, potenziando i presidi sanitari estivi lungo la costa. Ma nell’ospedale di Loreto Mare, in Campania, le stanze sono vuote per carenza di sanitari in vacanza e i pazienti sono ammassati nei corridoi.
Scandali di mezza estate fomentati anche dalle ferie dei medici di famiglia. Che lasciano i sostituti a presidiare i loro studi.
La chimera
Peccato però che in buona parte d’Italia il fascicolo sanitario elettronico sia ancora una chimera e così, non fidandosi di chi non sa nulla dei nostri problemi pregressi di salute, molti finiscono per bussare alle porte del pronto soccorso.
Agosto dottore mio non ti conosco. Ma guai dirlo ai diretti interessati. Che puntano l’indice contro le spending review degli ultimi anni. E in effetti dal 2009 sono spariti 18mila posti letto, soprattutto nel Sud, dove a compensare lo svuotamento degli ospedali non c’è stato il rafforzamento dei servizi territoriali. «Ormai abbiamo il tasso di posti letto per mille abitanti più basso d’Europa: meno di 3,5 letti contro i 7 della Germania e i 6 della Francia», afferma Carlo Palermo, Vice Segretario Nazionale dell’Anaao, il più grande sindacato dei camici bianchi ospedalieri. Ma se i letti scarseggiano i sanitari che dovrebbero farsene carico non sono da meno. Negli ospedali mancano 10mila dottori, 20mila infermieri, più altri 30mila che servirebbero a far funzionare i servizi sul territorio. «Noi cerchiamo di scaglionare le ferie tra giugno e settembre ma il problema – denuncia Palermo – è che a causa dei ripetuti blocchi delle assunzioni abbiamo accumulato decine di migliaia di giornate di riposo non godute e 12milioni di ore di straordinario non retribuite». Come dire che senza gli stakanovisti della sanità le cose andrebbero ancora peggio.
“Ritmi massacranti e consulti via Internet per garantire le cure”. Il medico dello Spallanzani di Roma “Superlavoro, ma non chiamateci eroi”
Non si sente uno stakanovista della sanità, ma solo un medico «con forte senso di appartenenza a questo bistrattato servizio sanitario pubblico». Giampiero D’Offizi, direttore dell’Unità malattie infettive dell’ospedale Spallanzani di Roma lavora a un servizio che in ferie proprio non può andare: il Centro trapianti “Poit” per fegato, rene e pancreas.
Come si lavora in un grande ospedale ad agosto?
«Con più spirito di sacrificio del solito perché qui da noi non cambia nulla, né in termini di quantità né di complessità di pazienti da trattare. Di posti letto non possiamo tagliarne nemmeno uno: abbiamo un tasso di utilizzo del 93%, altissimo rispetto alla media nazionale. Quindi occorre rimboccarsi le maniche e lavorare almeno dieci ore al giorno anche ad agosto».
Ma in ferie ci andrete anche voi, o no?
«Ci andiamo ma, come ho fatto io, cerchiamo di scaglionarle tra giugno e settembre in modo da non creare problemi alla funzionalità dei reparti, che qui ospitano pazienti particolarmente fragili che vanno seguiti attentamente. Infatti anche il 14 agosto manterremo in funzione sia il servizio di day surgey sia quello di day hospital. E poi allo Spallanzani svolgiamo anche consulti via mail o tramite la Rete con i pronto soccorso degli altri ospedali. L’attività è massacrante ma prosegue a pieno ritmo».
Perché siete pochi?
«Siamo sotto organico di sicuro, visto che non si assume da anni. Chi va in pensione non viene sostituito e chi resta ha un’età media sempre più alta. Così si fa fatica a coprire turni massacranti, magari notturni».
C’è chi dice: medici e infermieri non sono pochi, è questione di cattiva organizzazione…
«Basta vedere la quantità di ferie e di straordinari che si accumulano e che non ci pagano per capire che non è così. Si rinviano i riposi che poi nessuno fa. La verità è che le cose andrebbero peggio se non ci fossero tanti medici e infermieri pronti a sacrificarsi ogni giorno per garantire i servizi».
Non crede che il doppio lavoro dei medici crei qualche intoppo al funzionamento di ospedali e ambulatori pubblici?
«Sta parlano con uno che non fa nemmeno un’ora l’anno di attività privata. Personalmente credo che soprattutto chi come me ha responsabilità anche organizzative non possa correre qua e la ma debba dare tutto nel pubblico. Che del resto abbiamo scelto noi».
La Stampa – 10 agosto 2017