Il Sole 24 Ore. La Regione Lombardia vuole riformare la sanità (soprattutto quella territoriale) partendo dall’esempio veneto? È un’ipotesi plausibile, suggerita, più che dai progetti di legge, dalle persone scelte per entrare nella nuova squadra della Direzione generale Welfare.
L’ultima delibera sui dirigenti è del 19 aprile, e contiene un altro nome veneto, quello di Francesco Bortolan. Non arriva da un posto qualsiasi, ma dall’azienda Zero di Padova. L’azienda Zero è quell’istituto che in Veneto accentra il controllo delle Unità locali socio sanitarie (Ulss) e degli ospedali, e che fa della sanità pubblica la sua principale cifra. Un modello molto diverso da quello lombardo, diviso in molti rivoli territoriali, con otto Agenzie di tutela della Salute (Ats) che si occupano di coordinare le attività pluriprovinciali delle Aziende socio-sanitarie territoriali (Asst), le quali al loro interno offrono agli utenti un “doppio canale” di assistenza, quello per gli acuti e quello per i malati cronici. Una complessità che ha mostrato durante la pandemia il difetto di non avere una vera medicina territoriale, con l’aggravante di aver trasformato gli ospedali in focolai, essendo l’unico luogo in cui sono stati contemporaneamente accolti malati gravi o con traumi e cittadini con sintomi da coronavirus.
Potrebbe dunque essere Bortolan a portare in Lombardia l’esperienza veneta, o almeno l’esempio di un maggiore accentramento dei controlli? Il suo incarico, tra le varie cose, riguarda lo «sviluppo di indicazioni per forme innovative di organizzazione sanitaria ospedaliera» e la «collaborazione con UO Programmazione e UO Rete Territoriale per favorire la continuità assistenziale ospedale territorio».
Tra gli altri nomi veneti c’è quello di Matteo Corradin, arrivato da un mese in Regione Lombardia dall’ospedale milanese Niguarda, ma con esperienza veneta precedente. Ora si occupa della programmazione ospedaliera.
Altro elemento che diversifica la sanità lombarda da quella veneta, è che mentre il Veneto basa le sue attività principali sugli ospedali pubblici, la Lombardia fa del rapporto con i privati la sua caratteristica preponderante. È un modello nato con Roberto Formigoni governatore, che ha permesso lo sviluppo di eccellenze riconosciute in tutto il paese (la Lombardia è la regione con maggiore ”turismo sanitario”) ma che ha sguarnito progressivamente il territorio di poliambulatori e consultori pubblici, e in cui l’attività privata intramoenia ha grande rilevanza negli ospedali. L’innesto veneto anche in questo caso potrebbe servire a rivedere questo sbilanciamento.
Un altro manager veneto era già arrivato a febbraio alla guida della Sanità regionale. Si tratta di Giovanni Pavesi, divenuto massimo responsabile della Direzione Welfare in Lombardia e arrivato dalla Ulss di Vicenza.