Annunciati per oggi in Consiglio dei ministri, rinviati alla prossima settimana. Il destino degli ultimi quattro decreti attuativi del Jobs Act sembra appeso a un calendario troppo fitto per il primo Cdm dopo la pausa estiva. «Ho parlato con il premier, non c’è alcun problema di merito, ma c’erano troppi provvedimenti all’ordine del giorno ed altri temi con scadenze più stringenti», rivela il ministro Giuliano Poletti.
Con una palese retromarcia, solo poche ore dopo aver assicurato, dal palco del meeting di Rimini, il varo per oggi dei provvedimenti. Cos’è successo nel frattempo? I tecnici chiamano il ministro da Roma, mentre è in corso il preconsiglio, la riunione chiave che precede il Cdm. Dopodiché tutto salta. Nel mezzo una telefonata Poletti-Renzi.
A scorrere l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, i punti non sembrano però né numerosi né incompatibili con i decreti sul lavoro. La ratifica degli accordi bilaterali fiscali con Svizzera, Monaco, Vaticano, Liechtenstein. E un decreto del presidente della Repubblica sul regolamento per individuare gli aeroporti di interesse nazionale. Poi certo c’è il verdetto su Roma dopo Mafia Capitale. «Porterà via molto tempo e non volevamo svilire l’importanza della chiusura del Jobs Act», fanno sapere dal ministero del Lavoro.
Con questi quattro decreti attuativi, già approvati dal Consiglio dei ministri di giugno e poi licenziati ai primi di agosto dalle commissioni parlamentari con parere consultivo non vincolante, in effetti la legge delega sul lavoro nota come Jobs Act è completata. Ma la mancata approvazione definitiva di oggi autorizza qualche dubbio sui nodi lasciati aperti. A partire dal discusso controllo a distanza sui lavoratori. Per finire con il congedo parentale ad ore da rendere strutturale, come più volte ribadito dallo stesso ministro. Passando per le nuove regole sulla cassa integrazione, in parte contestate dai sindacati. Alle altre sui disabili che consentono l’assunzione nominativa, senza rispettare la graduatoria predisposta dai centri per l’impiego e stilata anche tenendo conto della gravità dell’handicap. Senza trascurare le norme volute per impedire l’odiosa pratica delle dimissioni in bianco.
«Spero proprio che il governo tenga conto dei punti di accordo trovati con le commissioni parlamentari su tante questioni importanti, a partire dai controlli a distanza», chiede Cesare Damiano, ex ministro e presidente della commissione Lavoro della Camera. In questo caso, il tema non è solo la privacy del lavoratore che può essere sorvegliato da remoto tramite videocamera, ma anche seguito via tablet, smartphone, badge, computer, portatile, mail. La questione sensibile riguarda piuttosto l’uso dei dati raccolti anche a fini disciplina- ri, cioè per licenziare il lavoratore. La soluzione trovata dalle commissioni Lavoro è quella di distinguere tra strumento che si installa e dispositivo che si mette in tasca. Nel primo caso la telecamera – si chiede di tornare alle norme originarie dello Statuto dei Lavoratori del 1970. E dunque consentire la ripresa dei lavoratori per la salvaguardia del patrimonio aziendale o la sicurezza degli impianti. Ma solo dietro accordo sindacale ed escludendo l’uso dei filmati come causa di licenziamento. Nel secondo caso – tablet e smartphone – si lascia la norma nella versione del governo: controllo sì, senza accordo, ma con informativa al dipendente e possibilità anche di licenziare, utilizzando i dati raccolti.
Tra le modifiche quasi certe ai decreti c’è la conferma del congedo parentale ad ore, in scadenza a dicembre, reso strutturale. E dunque per sempre. Poi lo slittamento al 2016 dell’Anpal, la nuova agenzia di collocamento così attesa, ma penalizzata dal caos sui dipendenti delle Province cancellate che lavorano nei centri per l’impiego. Sulla cassa integrazione, la Uil con Guglielmo Loy chiede di rivedere l’ipotizzata riduzione nella durata. «Troppo flebile la ripresa».
Sorveglianza dei lavoratori, Damiano: “Si parta dalle soluzioni trovate in commissione” In poche ore il ministro del Lavoro annuncia l’approvazione e poi fa retromarcia
LO STAND DEL MINISTERO
C’è spazio anche per uno stand del governo al meeting organizzato ogni anno da Comunione e liberazione a Rimini. Si chiama “Casa del Welfare” ed è stato finanziato generosamente dal ministero del Lavoro, con una cifra vicina ai 100 mila euro. L’idea del corner condiviso con Covip, Inps, Inail, Italia Lavoro e Isfol – è quella di illustrare ai giovani e agli imprenditori come funziona il Jobs Act, grazie ad operatori, brochure e video Il ministero non è l’unico sponsor pubblico del meeting. Come da tradizione, anche quest’anno non si sono sottratte Finmeccanica, Eni e Ferrovie. Nel doppio ruolo di finanziatori e invitati ai dibattiti
Repubblica – 27 agosto 2015