Cristina Insalaco. Paola e Daniele si sono accordati così: Perry vivrà a casa con lei, ma lui potrà passare con il cane tutti i weekend. Spese del veterinario? Divise al 50 per cento. Adele ha deciso di tenere il gatto con sé, e ad abitare nella nuova casa di Marco ci è invece andato Amy. Quando marito e moglie divorziano, l’affidamento del cane e gatto diventa spesso causa di ulteriori litigi. E allora ci si rivolge a un avvocato.
«Negli ultimi quattro anni ho avuto una quindicina di clienti che si sono rivolti a me per l’affidamento del cane e gatto dopo il divorzio – dice l’avvocato Francesca Mandarini -. Tutte le volte abbiamo trovato un accordo con una scrittura privata, senza bisogno di andare in tribunale». Almeno non per questo. Quello che l’avvocato ha valutato per stabilire l’affidamento è stato prima di tutto il benessere del cane. «Ho ragionato più o meno come si ragiona per i bambini – spiega Mandarini -, valutando il tempo che ogni singolo coniuge può dedicare all’animale e l’intensità del rapporto». Al di là del nome registrato sul microchip.
In Italia sulla questione si contano soltanto tre sentenze. Una è stata a Milano, le altre due a Cremona e Foggia. «Ma sull’affidamento degli animali c’è un vuoto legislativo – continua Mandarini –. Non ci sono leggi a riguardo. Sul codice civile gli animali sono considerati dei beni materiali, e c’è soltanto un articolo del codice penale che li tutela indirettamente, perché tutela il sentimento che noi proviamo per loro». C’è stata una proposta di legge nel 2008 per regolamentare l’affidamento degli animali, però la proposta è rimasta tale e non se ne è fatto nulla.
Gualtiero Crovesio, della Lav sostiene: «Abbiamo bisogno di una legge che tuteli gli animali come soggetti, non oggetti». E a volte il rischio, dopo una separazione, è anche che Briciola non interessi più a nessuno. E allora la sua nuova casa diventa il canile.
La Stampa – 12 marzo 2014