Oggi è un giorno decisivo per la riforma costituzionale del Senato e del Titolo V perché dopo molti giorni di incomunicabilità (causa pausa elezioni) tornano a sedersi intorno allo stesso tavolo i rappresentanti di governo, Parlamento e Regioni. Le questioni ancora aperte sono in particolare due: l’elezione dei senatori — che secondo Renzi non può essere in nessun modo diretta — e la cosiddetta «potestà legislativa residuale» (ciò che resta in mano alle Regioni) che mette in allarme i governatori preoccupati di una riforma di netto segno centralista.
Sicuro comunque di aggirare questi scogli, il premier detta un nuovo calendario che fissa il primo sì dell’aula del Senato entro la fine di giugno per poi dedicarsi a una legge elettorale certamente riveduta e corretta.
È molto atteso, dunque, l’esito dell’incontro programmato per questa mattina tra la presidente della I commissione del Senato, Anna Finocchiaro (Pd) e il ministro Maria Elena Boschi (Riforme) sullo stato dell’arte raggiunto a Palazzo Madama che proprio stasera chiude il termine per la presentazione degli emendamenti in commissione. I relatori (Finocchiaro è affiancata dal leghista Roberto Calderoli) hanno in mano una raffica di emendamenti di tutti i partiti che puntano a due soluzioni diverse da quella proposta dal governo con il suo testo base. La proposta più radicale (sostenuta dalla minoranza del Pd, FI, M5S, Lega e Ncd) punta all’elezione diretta dei senatori (un listino di candidati a parte, da votare alle consultazioni regionali) che così manterrebbero un legame diretto con i cittadini. La seconda opzione è ormai maggioritaria nel Pd e propone un sistema di tipo francese: elezione indiretta dei senatori affidata ad una platea molto estesa (alcune decine di migliaia di persone) formata da consiglieri comunali e regionali e deputati nazionali. Questa formula — che affida agli eletti anche nei Comuni più piccoli il compito di eleggere il Senato — è stata inizialmente lanciata dal bersaniano Miguel Gotor, ma col passare delle settimane ha fatto breccia anche tra i renziani tanto che il capogruppo pd Luigi Zanda la definisce «una soluzione più che ragionevole». Dirà oggi il ministro Boschi qual è la linea su cui si attesta il governo che vorrebbe chiudere entro la fine di giugno il primo dei quattro passaggi parlamentari previsti per le riforme costituzionali. Chi comunque aveva letto una possibile apertura di Renzi sull’elezione diretta dei senatori (domenica a Trento il premier aveva usato toni meno trancianti sul punto) dovrà fare i conti con una chiusura totale da parte di Palazzo Chigi, che viene confermata. Sul sistema francese, invece, il ministro Boschi già oggi potrebbe dare il via libera ai relatori per un emendamento non sgradito al governo. Resta da vedere se il vicepresidente del Senato Calderoli accetterà questa soluzione che fa a cazzotti con il suo ordine del giorno approvato in commissione 15 giorni fa.
Sempre oggi, poi, il ministro Boschi (coadiuvata dal sottosegretario Graziano Delrio) dovrebbe definire l’altro nodo della riforma con il governatore Vasco Errani che rappresenta la voce di tutte le Regioni. Il testo del governo, infatti, ri-centralizza molte materie strategiche (a partire dall’energia) che la riforma del Titolo V aveva devoluto alle Regioni, innescando un poderoso contenzioso davanti alla Consulta. Ora, però, i governatori non si fidano: la dizione assai vaga di «potestà legislativa residuale» non li soddisfa e dunque chiedono una riserva di legge per le Regioni (con l’elenco delle materie). Il tempo, comunque, stringe perché già giovedì si inizierà a votare in commissione al Senato.
Dino Martirano – Corriere della Sera – 3 giugno 2014