Il Sole 24 Ore. «Senza la condivisione con le Regioni il Pnrr non si riesce ad attuare». La ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini usa le parole più chiare nel suo incontro con i presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano al Festival dell’Economia. E di fronte alle obiezioni su una gestazione del Piano un po’ troppo «centralizzata» tiene ad aprire tutte le porte disponibili alla collaborazione con i territori.
È stata del resto questa la cifra data agli Affari regionali con l’arrivo del governo Draghi, come riconoscono i presidenti. «Il cambio di sensibilità è stato netto», riconosce Maurizio Fugatti, che guida la Provincia autonoma di Trento dal novembre del 2018. E il collega altoatesino Arno Kompatscher gli fa eco parlando di «passi in avanti».
Sul piano pratico, a Trento questa collaborazione si traduce nei progetti per l’utilizzo degli 1,3 miliardi messi a disposizione dal Pnrr, e concentrati in particolare in una serie di interventi infrastrutturali che hanno nella circonvallazione ferroviaria l’opera principale. Ma Fugatti guarda più in là e azzarda: «Il commissario Gentiloni ci ha spiegato qualche ora fa che di proroghe del Pnrr non se ne parla (servizio a pagina 4, ndr), per cui il governo sarà costretto a riconoscere più autonomia d’azione e risorse alle regioni che si rivelano più dinamiche, altrimenti il cronoprogramma salta». Nel frattempo, la richiesta è di una maggiore condivisione declinata sul piano operativo prima ancora che su quello politico: «In conferenza delle Regioni veniamo a conoscenza dei bandi quando vengono pubblicati – spiega Kompatscher -, con il risultato che non è possibile intervenire sugli errori: come è accaduto per il bando sull’edilizia scolastica, che ha chiesto anche a noi la dichiarazione sulla conformità dei progetti alla legge nazionale: cosa per noi impossibile perché qui sul tema vige una legge provinciale come previsto dallo Statuto».
L’indice dei territori, a Trento come in tante altre parti d’Italia, è puntato in realtà più contro qualche struttura tecnica ministeriale che contro l’indirizzo politico del governo. Che nel frattempo si è evoluto come ha spiegato la stessa Gelmini: «L’avvio del Pnrr è stato gestito dal centro anche perché ci siamo trovati a dover riscrivere il Piano in pochissimo tempo – ricostruisce – ma nella gestione stiamo puntando sulla condivisione come dimostra il fatto che in conferenza tutti i riparti sono stati approvati all’unanimità». Un terreno a sé è poi rappresentato dai «progetti bandiera», quelli scelti da ogni Regione o Provincia autonoma sulla base di un meccanismo nato per «rappresentare l’eredità positiva anche simbolica del Recovery» nato per curare le ferite del Covid, come sottolinea Gelmini.
Ma non c’è solo il Pnrr. Nei piani della ministra «ci sono le condizioni per approvare la legge quadro sull’autonomia entro la legislatura», e avviare così la macchina attuativa delle richieste nate cinque anni fa dai referendum di Lombardia e Veneto e dalla proposta dell’Emilia Romagna. «Abbiamo superato le contrapposizioni Nord-Sud o gli stereotipi come la “secessione dei ricchi”, e altre Regioni come Piemonte e Toscana stanno avanzando le loro proposte». Ma anche le competenze dei territori Autonomi vanno aggiornate: per esempio per ospitare le competenze ambientali che non esistevano alla nascita degli Statuti.
Per partire davvero, però, l’evoluzione istituzionale va accompagnata da quella finanziaria, «con il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza e prestazioni». La legge di bilancio è partita con il fondo che cresce negli anni fino a 1,1 miliardi per gli asili nido; ma in lista le voci sono molte, dal diritto allo studio al trasporto locale.