Sono state dissequestrate le 200 bufale che il 5 agosto scorso erano state sequestrate su ordine della magistratura per sospetta brucellosi nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Con un provvedimento di tre pagine, il procuratore aggiunto ha firmato il decreto di restituzione dei capi bufalini all’imprenditore di Castelvolturno che un mese fa era stato interessato dall’indagine che aveva portato alla luce una presunta truffa ai danni di consumatori di mozzarella. Le bufale, con una prima analisi, erano risultate positive al vaccino che era stato iniettato, secondo la tesi della Procura, in dosi massicce, in età superiore ai nove mesi per nascondere il batterio della brucellosi.
Da un’analisi del sangue prelevato sulle bufale era emerso in particolare che il vaccino sarebbe stato somministrato agli animali (dei quali solo tre su 200 sono risultati affetti realmente da brucellosi) in età adulta, malgrado l’Unione Europea consenta, la somministrazione di vaccino limitatamente agli animali in età compresa tra i 6 e i 9 mesi e con il rispetto di protocolli gestiti dalle autorità sanitarie locali. Per questo, dopo il sequestro dei capi che producevano latte poi venduto ai caseifici con il marchio Dop, il Ministero ha inviato i carabinieri del Nas di Napoli a Castelvolturno, Grazzanise e a Cancello e Arnone per eseguire un’analisi dettagliata sugli animali allevati in 58 aziende. Voleva vederci chiaro, il Ministero.
Sull’azienda interessata dall’indagine, è stato successivamente eseguito un ulteriore accertamento. L’ispezione-studio che il Ministro della Salute ha voluto eseguire per capire l’estensione del pericolo infettivo, ha “tagliato la testa al toro”, è il caso di dire. La prova «regina» della positività delle bufale al batterio della febbre di Gibilterra è riscontrabile, infatti, attraverso il test della «brucellina». Si tratta di una sostanza iniettata sotto la cute degli animali per diagnosticare la Brucella Abortus. In pratica, se dopo l’iniezione del medicinale si forma un grumo, allora il capo è infetto. Altrimenti, può dirsi sano. Così è stato per le bufale dell’azienda di Castelvolturno. Le bufale, tranne le tre infette, erano “abilitate” per produrre latte non infetto. Ad ammettere che nelle bufale non ci fosse pericolo di presenza della brucellosi è stato lo stesso centro che aveva, in un primo momento, riscontrato la presenza delle dosi massicce di vaccino.
Il dissequestro è stato chiesto dall’avvocato Nando Letizia alla Procura anche per le altre due aziende ancora sotto la gestione dell’amministratore giudiziario mentre si attende ancora un responso medico anche sulle 180 bufale dei tre allevamenti del Casertano sequestrate dal Corpo Forestale dello Stato nell’ambito dell’operazione Bufale sicure.
IL Mattino – 12 settembre 2013