Uscita anticipata per le donne con una pensione assottigliata dal calcolo contributivo, riscatto degli anni dell’università o di lavoro all’estero, cumulo dei contributi versati in gestioni diverse durante la vita lavorativa. Sono alcune delle strade per avvicinarsi al traguardo della pensione, che dopo la riforma del 2011 si è allontanato per una vasta platea di lavoratori. Il decreto «salva-Italia» (Dl 201/2011) del governo Monti ha innalzato, infatti, l’asticella dei requisiti anagrafici e contributivi per accedere all’assegno pensionistico, sia per i lavoratori dipendenti, sia per gli autonomi. Il requisito dell’età, poi, è aggiornato in base all’andamento della speranza di vita, con ritocchi sempre al rialzo (prima ogni tre anni, poi ogni due). Un primo risultato della riforma Fornero è che nel 2013 sono state liquidate 649.621 nuove pensioni, con un calo del 43% rispetto a 1.146.340 nuovi assegni liquidati l’anno precedente.
Ha già superato quota 150mila la platea dei lavoratori “salvaguardati” dopo la riforma, perché rimasti senza lavoro e senza pensione. Sia per esigenza delle aziende, sia per volontà dei lavoratori, però, il raggiungimento della pensione sembra una priorità per molti: è aumentato parecchio, ad esempio, rispetto agli anni precedenti la riforma, il numero delle donne che hanno scelto l’uscita anticipata in base al regime sperimentale introdotto nel 2004 (legge 243/2004): oltre 15mila lavoratrici (su un totale di 17.565 “optanti”) hanno fatto questa scelta dal 2012.
Dai numeri emerge che l’accelerazione c’è stata proprio dal 2012 in avanti, con 5.646 pensioni liquidate, cui si sono sommate le 8.846 del 2013, mentre nei primi mesi del 2014 sono già oltre mille (si veda Il Sole 24 Ore del 22 gennaio). Insomma sono sempre di più le donne che preferiscono avere meno soldi, ma subito, al posto di una pensione piena tra qualche anno.
Gli oneri
La scelta di una delle strade a disposizione per uscire dal lavoro è fortemente condizionata dai costi. Il lavoratore deve valutare attentamente sia l’ammontare dell’assegno che andrà a percepire, sia le somme da versare per riscattare periodi contributivi non coperti o per sommare contributi accreditati in gestioni diverse.
Un esempio tipico è quello del riscatto della laurea, dove l’anno spartiacque è il 1996. Il riscatto di anni precedenti presenta un conto piuttosto salato, perché comporta il sostenimento di un costo calcolato con il metodo molto oneroso della riserva matematica, mentre se i periodi si collocano dal 1996 in poi, il calcolo è più agevole e porta a un onere inferiore (si vedano gli approfondimenti a pagina 32).
Un 45enne che decidesse oggi di riscattare quattro anni precedenti al 1996, con una retribuzione media settimanale di circa 650 euro, si troverebbe a pagare quasi 50mila euro all’Inps.
Una parziale “consolazione” è la possibilità di dedurre fiscalmente i costi sostenuti per il riscatto, al momento della dichiarazione dei redditi, possibilità estesa anche ai genitori che riscattano la laurea per i figli privi di reddito.
Sono tre, invece, le strade per sommare contributi a gestioni diverse. Alla ricongiunzione, onerosa, si “contrappongono” totalizzazione e cumulo, gratuiti. Tuttavia, la pensione totalizzata sarà in genere calcolata con il sistema contributivo, mentre la pensione frutto della ricongiunzione potrà essere basata su una quota calcolata con il sistema retributivo. Il cumulo, invece, introdotto dalla legge di stabilità 2013 (228/12) permette di sommare i contributi versati in più gestioni per conseguire però la sola pensione di vecchiaia maturata con le regole del sistema misto, che tiene cioè conto anche di una quota retributiva.
Un’ultima strada, infine, per raggiungere i requisiti contributivi della pensione è quella della prosecuzione volontaria nel versamento dei contributi, una chance per lavoratori dipendenti, autonomi e dipendenti pubblici, a condizione che vantino un numero minimo di contributi effettivi
Due sistemi per il riscatto. Il costo aumenta se i periodi da «assicurare» sono precedenti al 1996
Lavoro all’estero, congedi parentali, corso di laurea. Sono solo alcuni dei casi in cui la legge consente al lavoratore o al pensionato di coprire periodi contributivi scoperti.
Il riscatto è sempre a titolo oneroso e si perfeziona con il pagamento di un importo pari agli oneri che l’Inps si assume con il riconoscimento dei periodi riscattati, onere che è comunque in buona parte alleggerito dalla possibilità di dedurlo fiscalmente dal reddito.
I contributi derivanti da riscatto sono utili sia per il raggiungimento del diritto (compresa la pensione anticipata) che per la determinazione della misura della pensione. La contribuzione da riscatto è equiparata, sotto l’aspetto della concessione delle prestazioni previdenziali, a quella effettiva. Infine sono utili per l’accertamento del diritto alla prosecuzione volontaria.
Periodi riscattabili. L’assicurato può coprire i seguenti periodi:
periodi di lavoro non coperti da contribuzione;
lavoro all’estero (se non è possibile ricorrere alla totalizzazione estera); corsi di laurea; congedo parentale; sospensione e interruzione del rapporto di lavoro;
periodi di non lavoro tra un rapporto e l’altro o di formazione/tirocinio; servizio civile. Il riscatto dei periodi universitari rappresenta una delle tipologie più diffuse: è limitato agli anni di durata del corso legale di laurea (esclusi i periodi fuori corso), interessa i lavoratori dipendenti e, dal 12 luglio 1997, anche gli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, artigiani e commercianti), nonché gli iscritti alla gestione separata Inps.
I requisiti
Per ottenere il riscatto è necessario che l’interessato possa far valere almeno un contributo effettivamente versato nell’Ago Ivs prima della data della domanda. Può, quindi, chiedere il riscatto anche chi inizia a lavorare con l’obbligo assicurativo dopo il conseguimento della laurea. Inoltre, è necessario non essere già coperti da contribuzione, obbligatoria o figurativa o da riscatto che sia, non solo presso il Fondo cui è diretta la domanda stessa ma anche negli altri regimi previdenziali.
Per le domande di riscatto della laurea presentate dal 1?gennaio 2008 la relativa facoltà può essere esercitata anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza compresa la gestione separata Inps che non abbiano iniziato l’attività lavorativa (legge 247/07; circolare Inps 29/08).
Il costo
L’onere dei periodi da riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo degli artigiani e commercianti moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria (vigente nell’anno di presentazione della domanda).
In genere il riscatto di anni precedenti al 1996 comporta il sostenimento di un costo calcolato con il metodo molto oneroso della riserva matematica, mentre se i periodi si collocano dal 1996 in poi il calcolo è più agevole e porta a un onere inferiore perché basato sull’aliquota contributiva vigente al momento della domanda nella gestione da accreditare e sulla retribuzione/reddito degli ultimi 12 mesi, senza riferirsi né all’anzianità contributiva né all’età dell’assicurato.
Deduzione fiscale
Tutti i contributi da versare come onere da riscatto sono deducibili fiscalmente dal reddito del contribuente. La deducibilità fiscale è utilizzabile in sede di dichiarazione dei redditi, ed è fruibile nell’ambito dell’assistenza fiscale (modello di dichiarazione 730) per i lavoratori dipendenti, oppure nel quadro RP del modello di dichiarazione Unico negli altri casi.
Nel caso in cui il richiedente non abbia un reddito personale, come nell’ipotesi di giovani inoccupati, il contributo è detraibile nella misura del 19% dell’onere stesso dai soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico. L’ipotesi normale è quella del genitore che paga l’onere del riscatto della laurea del figlio inoccupato privo di redditi personali.
Il cumulo non intacca il sistema di calcolo. Resta il retributivo se l’anzianità lo consente
I limiti. La possibilità è riservata a chi non può vantare un numero di contributi sufficiente a garantire una prestazione autonoma
Ci sono tre strade per “sommare” i contributi accreditati in diverse gestioni e avere così un’unica pensione. Alla ricongiunzione e alla totalizzazione, dal 2013 si è aggiunto il cumulo. Vediamo, dunque, di che cosa si tratta.
Dall’estate 2010 è stata eliminata la possibilità di trasferire gratuitamente i contributi dai Fondi sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione generale obbligatoria all’Inps e sono state rese più onerose le ricongiunzioni.
Per i lavoratori che potevano vantare contribuzioni accreditate in diverse gestioni previdenziali l’unica possibilità di accedere alla pensione, senza dover sostenere un costo, era dunque quella di ricorrere alla totalizzazione nazionale (Dlgs 42/2006) che – di norma e in assenza di un diritto autonomo acquisito in una delle gestioni interessate – comporta l’applicazione del sistema di calcolo contributivo, anche in riferimento alle anzianità contributive maturate in un sistema (ex) retributivo o misto.
I requisiti per il cumulo
La legge di stabilità 2013 (legge 228/2012) ha consentito agli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi, e degli iscritti alla gestione separata dell’Inps e alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, di cumulare i periodi non coincidenti, per conseguire un’unica pensione.
A differenza della totalizzazione, il ricorso al cumulo è ammesso esclusivamente per il conseguimento della pensione di vecchiaia, non essendo prevista la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con le elevate anzianità contributive. Il cumulo è possibile anche per accedere ai trattamenti di inabilità e ai superstiti dell’assicurato deceduto prima di aver acquisito il diritto della pensione.
Come la totalizzazione, il cumulo deve avere per oggetto tutti i periodi contributivi accreditati nelle gestioni assicurative come individuate dalla norma. Rimane esclusa l’eventuale contribuzione in corso presso una Cassa libero-professionale, anche se questo non pregiudica la possibilità di accedere alla pensione «cumulata». Tuttavia, questa anzianità non potrà essere considerata per accedere al pensionamento.
I requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia sono quelli previsti dalla Riforma Monti-Fornero del dicembre 2011: per il 2014, 66 anni 3 mesi per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego, 63 anni 9 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato e 64 anni 9 mesi per le autonome.
Questo a condizione che gli interessati non siano già titolari di trattamento pensionistico diretto presso una delle gestioni e non abbiano maturato il diritto autonomo al trattamento pensionistico in nessuna delle forme assicurative oggetto del regime di cumulo.
In caso contrario, il cumulo non sarà consentito e rimarrà possibile la strada della ricongiunzione onerosa o quella della pensione «totalizzata». Nel cumulo la pensione si consegue in presenza dei requisiti anagrafici e di contribuzione più elevati tra quelli previsti dai rispettivi ordinamenti che disciplinano le gestioni interessate all’esercizio di questa facoltà. Inoltre devono risultare soddisfatte le ulteriori ed eventuali condizioni per l’accesso al pensionamento, come la cessazione dell’attività lavorativa dipendente alla data di decorrenza della pensione.
La pensione decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti oppure, a richiesta dell’interessato, dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata presentata la domanda di pensionamento. In questo caso, a differenza della pensione «totalizzata», la finestra mobile non trova applicazione. Per le anzianità contributive maturate a partire dal 1?gennaio 2012, la quota di pensione relativa a decorrere da questa data, sarà calcolata con le regole del sistema contributivo puro, così come previsto dal decreto «salva-Italia».
A chi conviene
Il vantaggio di ricorrere al cumulo è quello di lasciare inalterato il sistema di calcolo applicabile, in funzione delle anzianità contributive maturate nelle diverse gestioni previdenziali dove il lavoratore risulta avere accrediti. Il ricorso all’istituto giuridico del cumulo è limitato esclusivamente ai casi in cui l’interessato non possa vantare un numero di contributi sufficiente a garantire una prestazione autonoma. Di norma, un’anzianità contributiva superiore a venti anni in una delle gestioni interessate non farà accedere al pensionamento il lavoratore.
La domanda di cumulo deve essere presentata all’ente previdenziale cui da ultimo risulta iscritto il pensionando. L’ente attiverà il procedimento, mentre il pagamento degli importi liquidati dalle singole gestioni sarà effettuato dall’Inps.
Ultima chiamata per l’anticipo. Le lavoratrici con i requisiti nel 2014 possono uscire prima optando per il contributivo
Dopo la riforma Monti-Fornero del 2011, è aumentato il numero delle lavoratrici che hanno deciso di accettare una pensione di importo inferiore rispetto a quella spettante, optando per il sistema di calcolo contributivo.
Il decreto «salva-Italia» (Dl 201/2011), infatti, inasprendo i requisiti di accesso alla pensione, sia di vecchiaia, sia anticipata, ha comportato un maggiore ricorso al regime sperimentale riservato alle lavoratrici dipendenti e autonome, previsto dall’articolo 1, comma 9, della legge 243/2004. La norma consente l’accesso alla pensione di anzianità con 57 anni di età (58 anni per le autonome) e 35 anni di contributi, a condizione che si accetti un assegno calcolato esclusivamente con le regole del sistema contributivo, perdendo il beneficio di una quota di pensione calcolata con le regole del sistema (ex) retributivo o misto in funzione dell’anzianità contributiva posseduta al 31 dicembre 1995.
Tra il 2011 e il 2012 il numero delle lavoratrici iscritte all’Inps e delle iscritte alla gestione dipendenti pubblici (ex Inpdap) che hanno fatto ricorso alla sperimentazione è quadruplicato, arrivando a toccare la soglia di oltre 5.600 pensioni, mentre nel 2013 questo numero è cresciuto di oltre sei volte, rispetto a coloro che avevano fatto l’opzione prima della riforma (1.377 nel 2011). Verosimilmente, si deve supporre che le persone interessate dalla norma siano state coloro che avrebbero perfezionato la quota «96» nel 2012 o la quota «97,3» nel 2013 ma che per effetto dell’innalzamento dei requisiti sarebbero state costrette a rimanere al lavoro per almeno altri cinque anni.
I requisiti
Dal 1? gennaio 2013 il requisito anagrafico è incrementato di tre mesi per l’adeguamento legato alla speranza di vita. Inoltre, come precisato dall’Inps con la circolare 35/2012, dal perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi occorrerà attendere dodici mesi prima di poter riscuotere il primo assegno, poiché continuerà a trovare applicazione la finestra mobile.
Da più parti sono arrivate sollecitazioni a modificare le regole, tant’è che le commissioni Lavoro di Camera e Senato hanno approvato una risoluzione perché l’Inps riveda la propria posizione nei confronti di queste lavoratrici, consentendo l’accesso al pensionamento senza la finestra mobile e senza gli adeguamenti legati alla speranza di vita.
Se l’Istituto avallasse questa soluzione, l’accesso sarebbe consentito con la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.
L’attuale normativa prevede che l’opzione per il regime sperimentale possa essere esercitata entro il 2015, rinviando al Governo la verifica dei risultati della sperimentazione, per una sua eventuale prosecuzione.
L’interpretazione fornita dall’Istituto previdenziale, tuttavia, con l’applicazione della speranza di vita e della finestra mobile, restringe il campo delle potenziali beneficiarie.
Le scadenze in base ai profili
Per le lavoratrici dipendenti del settore privato i requisiti devono risultare perfezionati entro il 30 novembre 2014. A questa data devono poter vantare 57 anni 3 mesi di età e 35 anni di contributi. In altri termini, sono escluse le lavoratrici nate dopo il 31 agosto 1957.
Infatti, a causa del differimento della finestra mobile di dodici mesi, l’accesso dovrà avvenire entro il 1? dicembre 2015, poiché nell’Inps le decorrenze dei trattamenti pensionistici sono fissate al primo giorno del mese successivo a quello di compimento dei requisiti.
Per le lavoratrici iscritte all’ex Inpdap i termini sono un po’ più ampi: in questo caso, sono escluse coloro che sono nate dopo il 30 settembre 1957. Infatti, nell’ex Inpdap la decorrenza della pensione può avvenire il giorno seguente a quello di apertura della finestra. Inoltre, per queste lavoratrici, il requisito contributivo si intende perfezionato anche con 34 anni 11 mesi 16 giorni.
Per le lavoratrici autonome, poiché la finestra mobile è di 18 mesi, i requisiti (58 anni e tre mesi di età e 35 anni di contributi) dovranno essere perfezionati entro il 31 maggio 2014. Rimarranno escluse le lavoratrici nate dopo febbraio 1956.
Il Sole 24 Ore – 24 febbraio 2014