Bandito il termine tagli lineari o semilineari, semmai si parla di interventi «selettivi», ministri in ordine sparso a palazzo Chigi dove oggi pomeriggio si doveva aprire il cantiere della revisione della spesa. A tutti il premier chiederà un elenco delle cose da tagliare, e «sappiamo che ce ne sono tante», ha ricordato ancora ieri, ed uno speculare di interventi da finanziare con gli stessi importi. Individuare nei bilanci e nei fondi gestiti dai singoli dicasteri risparmi per 16-20 miliardi di euro, con l’obiettivo «politico» di ridurre del 3% il budget di ognuno di loro, non è cosa facile. A cominciare dalla Sanità dove il ministro Lorenzin ha già fatto sapere che il grosso delle spese, ovvero il Fondo sanitario nazionale, che vale all’incirca 110 miliardi, non si tocca perché ne andrebbe della «tenuta dell’intero sistema».
Senza contare che si dovrebbero stracciare gli accordi recenti con le Regioni. Al massimo la responsabile della Sanità, anche se a malincuore, è pronta a «rivedere» le spese per una serie di servizi (controlli di sicurezza nei porti e negli aeroporti e e ispezioni agroalimentari) che però se va bene valgono 30-40 milioni di euro.
È saltato l’incontro sulla spending review previsto per oggi pomeriggio a Palazzo Chigi tra il premier Matteo Renzi e i suoi ministri. A far rinviare la riunione alla prossima settimana sono state le assenze tra le fila di alcuni esponenti del Governo. Tra gli assenti di lusso: il numero uno dell’Economia Pier Carlo Padoan, il ministro degli Esteri Federica Mogherini e dell’Interno Angelino Alfano. Peccato che nessuno abbia avvisato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che diligentemente si era presentata a Palazzo Chigi per l’incontro delle 15. Appuntamento rimandato alla prossima settimana. Ministri (e avvisi di Palazzo Chigi) permettendo.
Dopo il salasso da 400 milioni, servito a finanziare parte del bonus da 80 euro, anche alla Difesa si preparano a fare le barricate. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, invece, da un lato dice di voler fare la sua parte ma poi dall’altro mette in chiaro che «una cosa sono i contributi per le attività culturali e per la tutela del patrimonio, altro sono le spese di gestione», le uniche a suo parere su cui si può ragionare. Peccato che anche in questo caso si tratti di spiccioli.
Il faccia a faccia con Federica Guidi potrebbe andare invece decisamente meglio: anche lei ha tante spese da rifinanziare, ma il ministro dello Sviluppo ha dichiarato d’esser pronta a fare la sua parte mettendo in conto una revisione degli incentivi destinati alle imprese.
Qui ballano 4 miliardi di euro, ma bisogna ricordare il precedente fallito di due anni fa, quando il piano – Giavazzi individuò 10-11 miliardi di tagli su un totale di 33 e poi non se ne fece nulla. Ora Renzi – Guidi provano a riaprire questo dossier. Spiega il ministro: «Credo sia un’opera utile e importante, ma non vogliamo naturalmente fare errori. Credo ci siano incentivi che, se dati bene e in maniera più focalizzata, possono essere utili».
Di certo tutti i ministri hanno già ben chiaro che in assenza di loro proposte credibili sarà palazzo Chigi ad intervenire d’ufficio applicando anche molte delle ricette del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che poi a legge di stabilità varata – come ha spiegato ieri sera Renzi in tv – tornerà al Fondo Monetario. Salva di fatto la scuola, che terrà al proprio interno tutti i risparmi destinati poi a finanziare il piano da 148mila assunzioni, il menù dei possibili tagli è ricchissimo: 1,7 miliardi con le sinergie tra i corpi di polizia, 3,5-4 miliardi potenziando gli acquisti centralizzati in tutta la Pa, 1,5-2 miliardi razionalizzando l’uso degli immobili. E quindi ci sarebbero da riorganizzare i dipartimenti di palazzo Chigi e da ristrutturare la rete di ambasciate e consolati della Farnesina.
Da non dimenticare poi la razionalizzazione nel campo della giustizia e la soppressione delle prime 2mila società partecipate che consentirebbero da subito mezzo miliardo di risparmi. Da contabilizzare però in quota enti locali. (La Stampa)
Saltato l’incontro sulla spending review tra il premier Renzi e i ministri. L’appuntamento è rinviato alla prossima settimana
Tagli, primo round con i ministri. Lorenzin: se il taglio è al Ministero sì, ma non se è al fondo sanitario nazionale
L’asticella è fissata ad almeno il 3% del budget di competenza dei singoli dicasteri. Obiettivo di questa prima fase di ricognizione della spending review è tagliare la spesa delle amministrazioni pubbliche per non meno di 8-9 miliardi, e il cammino si annuncia tutt’altro che agevole. Gli incontri che a partire da oggi il premier Matteo Renzi e il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, avranno con i vari ministri serviranno a definire l’esatto menù delle spese da tagliare. Renzi assicura che comunque non si percorrerà la strada dei tagli lineari tout court. Si parte dalle ipotesi di intervento messe a punto dal commissario Carlo Cottarelli, e consegnate due sere fa a Palazzo Chigi. «Saranno tagli selettivi – assicura il sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini – e al momento non è in campo alcuna ipotesi di intervento sulle pensioni. Strada facendo si valuterà». Il lavoro di Cottarelli è «serio, sarà utilizzato come base per costruire l’operazione di spending review». E Renzi conferma di aver escluso l’ipotesi di intervenire sui trattamenti pensionistici oltre i 2 mila euro. Se dai ministeri non giungeranno proposte, si procederà a quel punto con tagli lineari o semilineari.
Anche la sanità è nell’elenco. «La situazione – osserva il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – è complicata e lo sappiamo tutti. Se il taglio del 3% è al ministero siamo in grado di reggere, diverso è per il fondo sanitario che ad oggi è comunque in sicurezza». Le indicazioni della vigilia fanno ritenere che non si interverrà sull’ammontare del fondo sanitario nazionale, fissato dal Patto della Salute in 109,9 miliardi per il 2014.
Per quel che riguarda il ministero dello Sviluppo economico, è già in corso un’analisi preliminare. «Stiamo lavorando sulla base della spending review prevista da Cottarelli», rileva il ministro Federica Guidi «sono pronta a fare la mia parte. L’obiettivo è il 3% poi dobbiamo stabilire la suddivisione». Dal fronte del pubblico impiego, il blocco degli stipendi comunque dovrebbe garantire circa 2 miliardi di risparmi. I tagli investiranno anche quest’anno la spesa per acquisti intermedi e se verranno rispettate le indicazioni del piano Cottarelli almeno 2mila società partecipate potrebbero essere tagliate nel 2015, per un risparmio di circa 700 milioni. Si tratterebbe del primo tempo di un’operazione che, in base al programma predisposto dallo stesso Cottarelli agli inizi di agosto, potrebbe consentire di risparmiare a regime circa 2,5 miliardi.
Si comincia in sostanza ad abbozzare il menù della legge di stabilità. Se verrà confermato l’importo complessivo della manovra (da 20 a 23 miliardi), al contributo dei tagli alla spesa si affiancherà la minor spesa per interessi grazie al calo dello spread, che nello scenario ipotizzato in aprile si sarebbe attestata al 5% del Pil (79,1 miliardi). Poi c’è la partita del recupero di risorse dalla lotta all’evasione. Probabile che si faccia altresì conto della maggiore Iva attesa grazie allo sblocco di parte dei debiti pregressi della Pa (a fine luglio risultavano pagati ai creditori 26,1 miliardi a fronte di un finanziamento complessivo ai debitori di 30 miliardi). (Il sole 24 Ore)
10 settembre 2014