Un lavoratore su cinque in Europa riferisce di sperimentare condizioni lavorative stressanti e lo stress lavorativo è al secondo posto tra i problemi di salute da causa lavorativa, con un costo annuale stimato di 20 miliardi di euro. Sono i dati che emergono dal secondo il rapporto dell’European agency for safety and health at work.
A influire, rileva l’Istituto superiore di sanità (Iss), sono i cambiamenti avvenuti nell’ultimo decennio nel mondo del lavoro, con la diffusione di nuove tipologie di contratto di lavoro, la crescente insicurezza lavorativa e l’invecchiamento della forza lavoro. Ma ci sono anche altri fattori che rendono il lavoratore più o meno capace di far fronte alle richieste lavorative, come l’adeguatezza degli strumenti lavorativi e dei dispositivi di sicurezza, il grado di autonomia, la possibilità di sviluppare competenze, la chiarezza del ruolo e delle responsabilità, procedure e cultura organizzative, mentre il supporto sociale esterno all’ambiente di lavoro e quello che si riceve dal proprio superiore e dai colleghi agiscono come moderatori di effetto, riducendo l’effetto negativo dello stress.
Per quanto riguarda l’Italia, nei servizi dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl, rileva l’Iss, si è raggiunta una certa omogeneità a livello nazionale per le funzioni di vigilanza e ispezione per il controllo e la verifica del “rispetto delle
regole di legge” con i tecnici della prevenzione, e anche nell’adozione di alcuni Piani nazionali, come quelli per l’edilizia e l’agricoltura che hanno ottenuto buoni risultati in termini di miglioramenti dei luoghi di lavoro coinvolti. Non altrettanto si può dire di altre attività svolte da molti dei Servizi di prevenzione, ancora episodiche, quali quelle di educazione alla salute o di formazione degli addetti
Il Sole 24 Ore – 30 aprile 2014