Michela Nicolussi Moro, il Corriere del Veneto. Nella fase 1 dell’epidemia la Regione era ricorsa a loro per prendere «in prestito» i ventilatori polmonari, nel caso in cui quelli per umani non fossero bastati per tutti i ricoverati nelle Terapie intensive. Eventualità poi scongiurata. Ora il governatore Luca Zaia torna a chiedere la collaborazione dei veterinari, che stavolta vorrebbe mettere a fare tamponi, magari nei drive-in. «Ho dato mandato alla dottoressa Francesca Russo, a capo della Direzione Prevenzione, di convocare i rappresentanti dei 2450 veterinari privati e dei 330 pubblici, per chiedere loro di mettersi a disposizione nell’attività di screening — annuncia Zaia —. L’uomo è un mammifero, tutti i mammiferi hanno sette vertebre cervicali, allattano i neonati e i veterinari sono esperti in questo campo. In più conoscono bene l’anatomia umana, perciò non c’è nulla di trascendentale nel pensare di coinvolgerli, se fossero disponibili. Abbiamo bisogno del loro aiuto per i tamponi, ormai 10mila al giorno (dal 21 febbraio ne sono stati effettuati 2.381.170). Magari nei drive-in».
E per spazzare via qualsiasi perplessità, il presidente del Veneto precisa: «Sono titolati a farli, anzi già li eseguono sugli animali, non necessitano di corsi di formazione».
Ma i diretti interessati rispondono: «No grazie». «Ci troviamo, a sorpresa, tirati in ballo per lo svolgimento di un’attività di medicina umana in cui dovremmo sostituirci ad operatori sanitari e infermieri in prestazioni di loro competenza — dichiara Maria Chiara Bovo, segretario regionale del Sivemp Veneto, sigla di categoria —. Forse nella concitazione dell’emergenza è sfuggito che l’esecuzione di attività di questo tipo rappresenterebbe, da parte dei veterinari, un abuso di professione infermieristica o medica. Esprimiamo la nostra ferma contrarietà a svolgere funzioni in aree in cui non abbiamo competenza né copertura giuridica. Anche le Usl dovrebbero riflettere su rischi e conseguenze che attività svolte al di fuori delle previsioni normative e contrattuali potrebbero avere per loro. Rinnoviamo la nostra totale disponibilità a mettere le nostre conoscenze di sanità pubblica a supporto del Sistema sanitario regionale — aggiunge Bovo — chiedendo però che la nostra professionalità sia impiegata nella tante e importanti attività di prevenzione e sorveglianza per cui siamo stati formati e assunti e che possiamo svolgere ai massimi livelli». La portavoce dei veterinari pubblici al lavoro nelle Usl ricorda inoltre che a marzo la categoria aveva offerto la propria disponibilità a partecipare alla definizione delle strategie di contrasto all’epidemia, «sulla base delle proprie approfondite e specifiche competenze epidemiologiche, oltre che di trattamento e isolamento dei focolai infettivi». «Ma questa offerta è stata ignorata», sottolinea il segretario del Sivemp, che aggiunge: «Ci sembra stiano sfuggendo basilari questioni di competenze. I veterinari impiegati nelle Usl controllano l’intera filiera agroalimentare e la salubrità degli alimenti, dall’allevamento alla tavola, attuando nel contempo la sorveglianza sulle malattie animali, tra cui quelle trasmissibili all’uomo. Tutti compiti a tutela della salute pubblica, che non possono essere sospesi e che infatti sono stati assicurati anche durante il lockdown».
Il Corriere del Veneto, 5 novembre 2020