Nel braccio di ferro tra Governo e Regioni sui nuovi tagli alla sanità – dove l’esecutivo mira ad una riduzione di spesa del 3% e i governatori minacciano la rivolta in caso di riduzione dei servizi ai malati – si profila la mina vagante dei ticket sulle prestazioni di pronto soccorso e sui ricoveri.
Il ministero della Salute, su input diretto del premier Renzi, annuncia entro il 30 novembre una «riforma dei livelli di contribuzione», dizione garbata per alludere ai previsti aumenti. La circostanza ha il tenore di una doccia gelata per il Veneto che nella graduatoria nazionale stilata dalla Corte dei Conti si colloca al secondo posto nel gettito derivante da ticket – 319 milioni annui, preceduta soltanto dalla Lombardia (490) che però conta una popolazione doppia – e diventa addirittura primo nella spesa pro capite, con 66 euro per cittadino. Un dato che colpisce, tanto più che nella nostra regione – a differenza delle altre – non viene applicata l’addizionale sanitaria sull’Iperf, che accrescerebbe ancor più il fardello dei pazienti. Il timore, così, è di un ennesimo ricorso ai tagli lineari, che non distingue chi evade da chi paga fino all’ultimo cent. Un’eventualità che Luca Zaia prova ad esorcizzare facendo la voce grossa: «Se il governo pretenderà di calare la mannaia sulla la spesa sanitaria del Veneto, saremo pronti allo sciopero fiscale», dichiara dal palco di Verona «qui sappiamo ancora che amministrare la sanità significa servire i cittadini e non rubare, qui i pasti in ospedale costano 6,5 euro e non 60 o 80 come altrove, mentre la media delle degenze è 7 giorni contro i 30 di altri. Sarebbe assurdo pretendere ulteriori tagli. Lo sciopero fiscale lo minacciammo nel 2010, e allora c’era il governo Berlusconi, quindi non si dica che oggi ci spingono ragioni politiche: lo facemmo per avere gli aiuti che ci spettavano per l’alluvione e ci diedero 360 milioni. Siamo una delle cinque regioni italiane con un residuo fiscale attivo, lasciamo a Roma 21 miliardi di tasse, basta così. Non possiamo accettare che ci sia ancora qualcuno che, non sapendo come chiudere i conti, sto parlando del governo, pensa che si debba applicare ancora il metodo del taglio orizzontale. Il nostro è un no senza se e senza ma. E si tratta di una conclusione non negoziabile». La questione rimbalzerà in settimana al tavolo romano dei direttori delle sanità regionali – coordinato dal veneto Domenico Mantoan – già convocato per discutere di fecondazione eterologa e ora chiamato a rifare i conti in fretta e furia. Palazzo Balbi teme una riduzione di risorse intorno ai 300 milioni, ritenuta incompatibili con l’attuale erogazione di cure e servizi. «Se ci proveranno, il Patto per la Salute che abbiamo appena firmato diventerà carta straccia», fa sapere l’assessore Luca Coletto.
Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 14 settembre 2014