di Lucio Sironi, Milano Finanza. In Italia sono all’opera più di 330 tra Fondi, Casse di previdenza e Mutue sanitarie, delle quali si sa molto ma senza che vi sia una cornice regolamentare che ne inquadri finalità e modalità operative.
Allo stesso tempo, non esistono statistiche ufficiali di settore perché al momento la normativa stabilisce che i dati comunicati all’Anagrafe del ministero della Salute, alla quale questi enti sono iscritti, siano destinati a un uso interno, oltre che della sola Anagrafe tributaria. Un lavoro forse lungo, probabilmente accidentato, ma evidentemente necessario, che ci si accinge ad avviare. Il nodo regolamentare, compreso il non trascurabile aspetto tuttora indefinito della vigilanza (al quale si dovrà cominciare a metter mano al più presto nelle sedi istituzionali, ma tenendo conto delle esperienze dei vari addetti ai lavori), è tra l’altro uno dei temi affrontati in un recente congresso dal titolo «Sanità integrativa e previdenza, analisi delle differenze» organizzato a Capri dalla società di consulenza Valore (www.valoresrl.it), specializzata nell’ottimizzazione dei processi di Casse e strutture sanitarie e Fondi pensione, al quale sono intervenuti i principali fondi sanitari, casse di previdenza e fondi pensione per discutere se e quali sinergie possono sussistere tra la sanità integrativa e la previdenza complementare. Come ha spiegato Stefano Ronchi, managing partner di Valore, molti interessi si stanno sviluppando attorno ai fondi sanitari perché in un contesto di congiuntura economica che limita le risorse a disposizione delle famiglie, mentre la spesa sanitaria è in costante crescita, i fondi e le mutue sanitarie permettono di coprire una consistente porzione della spesa che il sistema pubblico lascia scoperta. Per cogliere i punti di convergenza tra i diversi sistemi, sono state messe a fuoco le possibili interazioni tra la sanità integrativa e la previdenza complementare.
Prendendo le mosse da un’analisi del funzionamento delle casse sanitarie e dei fondi pensione e cioè gli scopi sociali, i modelli organizzativi e gestionali e le politiche di investimento, si sono cimentati sul tema oltre un centinaio di addetti ai lavori in rappresentanza di circa 40 enti. Hanno ragionato sulle possibili sinergie tra i due mondi Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam (medici), il più grande ente previdenziale privato, Anna Trovò, presidente di Cometa, il maggiore fondo pensione italiano, oltre ai direttori di due rappresentativi fondi sanitari, cioè Claudio Giammatteo di Faschim (chimici) e Giuseppe Marabotto di Fasdac (dirigenti aziende di commercio). Presenza fondamentale quella di Roberto Scrivo, capo segreteria tecnica del ministero della Salute, a conferma dell’attenzione con cui si guarda al tema, che tra l’altro ha sottolineato il ruolo della sanità integrativa in una prospettiva di combinazione con le risorse pubbliche nella lotta alle malattie che richiedono terapie onerose come l’Hiv o l’epatite C.
A nessuno sfugge il fatto che fondi pensione e casse sanitarie si rivolgono ad ambiti di intervento diversi e non sovrapponibili, con tempi di erogazione delle prestazioni differenti: i primi accumulano risorse per corrispondere prestazioni future, mentre i secondi le raccolgono per erogare prestazioni nel presente. Anche i modelli di investimento sono profondamente distanti, pur caratterizzati dall’esigenza comune di investire con prudenza le risorse raccolte e tenendo conto del profilo di sviluppo delle passività. Le casse sanitarie tuttavia devono impiegare i limitati avanzi di bilancio nella prospettiva di copertura di squilibri finanziari di breve periodo, mentre i fondi pensione, che dispongono di risorse finanziarie più consistenti, investono a fronte di debiti assunti nella prospettiva di pagare in futuro adeguate pensioni.
Ci sono spazi di sinergia tra strutture così differenti? In alcuni casi sì, per esempio nell’attività di comunicazione e acculturamento verso iscritti e assistiti. Mentre sul fronte degli investimenti un punto di possibile convergenza sono quelli nelle infrastrutture sanitarie quali le rsa (residenze per anziani) e le ra (residenze assistite), che rappresentano per i fondi pensioni un’asset class coerente con il profilo temporale e di rischio e nello stesso tempo, per Casse e Mutue, una rete di erogazione di prestazioni assistenziali in linea con i dettami normativi sulle prestazioni vincolate. E al riguardo ha fatto bene Fulvio Conti, senior advisor di Macquarie, uno dei maggiori gestori di fondi infrastrutturali al mondo, a sottolineare il duplice ruolo sociale e di sviluppo economico che fondi pensione e casse sanitarie svolgono attraverso l’interazione con il sistema delle infrastrutture. Resta, ben evidente, la necessità di tenere acceso un faro sull’evoluzione di questo settore. E nuovi appuntamenti non mancheranno, anche a stretto giro. Per esempio, per migliorare il grado di conoscenza e di sistematizzazione dell’articolato mondo delle casse e mutue sanitarie la stessa società Valore ha avviato lo scorso anno un osservatorio i cui primi risultati saranno presentati a giugno in un convegno che si terrà al Campus Bio-Medico a Roma.
Milano Finanza – 6 maggio 2015