Trasparenza dimezzata nella Pa. No alla diffusione di consulenze e denunce dei redditi. Relativamente ai dipendenti pubblici, resta la possibilità di pubblicare sui siti internet solo gli stipendi tabellari e i curricula, escludendo dunque eventuali consulenze. Mentre per quanto riguarda i politici, stop alla diffusione integrale di dichiarazioni dei redditi e stati patrimoniali, anche relativi ai familiari. Sono alcuni dei rilievi contenuti nel parere del garante privacy allo schema di decreto legislativo delegato attuativo della legge 190/2012 (anticorruzione), nella parte relativa al riordino della trasparenza sul web della pubblica amministrazione. Pur essendo un parere favorevole (ma condizionato), il garante boccia l’impostazione dello schema di decreto.
Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, lo schema di decreto legislativo dovrà essere modificato, scrive il garante, “circoscrivendo la pubblicazione dei dati a un ambito più ristretto di informazioni personali, strettamente pertinenti, sia riguardo ai curricula sia ai compensi corrisposti, individuando anche modalità di diffusione meno invasive di quelle previste”
Dal canto suo il governo, per bocca del ministro per la p.a., Filippo Patroni Griffi, ha assicurato che i rilievi del garante saranno esaminati attentamente, anche se deve essere impedito che la riservatezza diventi un alibi per assicurare sfere pubbliche non conoscibili. Mentre dal punto di vista dell’Associazione dei comuni italiani (Anci), pure essendo auspicabile la massima trasparenza dell’azione amministrativa, «fa piacere che il garante abbia nuovamente sottolineato alcune necessità di tutela nei confronti di chi assume incarichi elettivi».
Dati sanitari & co.
No alla diffusione sui siti della p.a. di dati sanitari o dei dati identificativi di chi percepisce sussidi. E periodo massimo di conservazione dei documenti in rete, accessibili solo da motori di ricerca interni ai siti istituzionali. Nel merito il provvedimento distingue gli atti e documenti da pubblicare obbligatoriamente da quelli da pubblicare facoltativamente. Su questi ultimi lo schema lascia alle singole p.a. la decisione se anonimizzare o meno le informazioni: il garante chiede anonimizzazione obbligatoria e, comunque, il rispetto della regola per cui la possibilità di pubblicazione deve essere rimessa alla legge o al regolamento e non a una decisione discrezionale del singolo ente pubblico.
Pubblicazione…
Quanto ad atti destinati per legge alla pubblicazione (ad esempio le deliberazioni di un ente locale) il garante propone una modifica nel senso che il contenuto di tali atti non violi la privacy delle persone. Questo si ottiene fissando la regola per cui le p.a. devono rendere non intelligibili i dati eccedenti o, se sensibili o giudiziari, i dati non indispensabili. In questo caso si devono usare le tecniche della allegazione di documenti, contenenti i dati delicati, richiamati negli atti pubblicati o della codificazione degli stessi dati delicati.
Deve comunque essere prescritto il divieto di pubblicazione di dati sanitari o idonei a rivelare la vita sessuale. Il decreto legislativo non chiarisce se e in che termini possano essere pubblicati altri dati sensibili o giudiziari. Il garante suggerisce, poi, con riferimento ad atti e documenti soggetti a pubblicazione, di limitare le ricerche a motori di ricerca interni al sito, escludendo quelli generali. Il garante frena sul libero riutilizzo dei dati pubblicati dalle p.a.: deve essere consentito solo in termini compatibili con gli scopi per cui sono stati raccolti e utilizzati.
… e diritto all’oblio
Tema scottante è quello della durata della pubblicazione e del diritto all’oblio. Lo schema di decreto legislativo prevede un termine di cinque anni indifferenziato. Il garante suggerisce di rimodulare la scadenza, anche in considerazione di termini molto diversi previsti dalla normativa di settore (per esempio, 15 giorni per le deliberazioni di comuni e province). Nel parere del garante si sottolinea che è necessario spiegare cosa fare allo scadere del termine di pubblicazione, non essendo sufficiente in ogni caso la conservazione in altre sezioni del sito ad accesso selezionato.
Politici e dipendenti
Il principale rilievo, come detto, concerne le informazioni reddituali e patrimoniali dei politici. Secondo il garante è sproporzionata la diffusione tramite i siti istituzionali delle integrali dichiarazioni dei redditi o di dati dei familiari. Anche per i dati del personale delle p.a. al garante appare sproporzionata la diffusione tramite il web di dati, se eccedenti i profili del curriculum. Lo schema di decreto legislativo conferma la normativa (dl 83/2012) relativa alla pubblicazione dei provvedimenti relativi a sussidi e vantaggi economici di qualunque genere anche a persone fisiche.
Secondo il garante tale disciplina va riformulata, escludendo espressamente dall’obbligo di pubblicazione i dati identificativi dei destinatari di provvedimenti riguardanti persone fisiche dai quali sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute degli interessati, oppure lo stato economico-sociale disagiato degli stessi (come il riconoscimento di agevolazioni economiche, la fruizione di prestazioni sociali collegate al reddito, il contributo per le refezione scolastica o dal ticket sanitario, i benefici per portatori di handicap, il riconoscimento di sussidi ad anziani non autosufficienti, i contributi erogati per la cura di malattie o per le vittime di violenza sessuale).
Va vietata anche la diffusione di dati non pertinenti rispetto alle finalità perseguite, quali ad esempio l’indirizzo di casa, il codice fiscale, le coordinate bancarie, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce Isee, informazioni sulle condizioni di indigenza.
Tutela in giudizio
Osservazione conclusiva riguarda la tutela giurisdizionale. Lo schema di decreto prevede la competenza del giudice amministrativo, mentre il garante, richiamando il codice della privacy, ritiene che la giurisdizione sia del giudice ordinario (tribunale).
ItaliaOggi – 9 febbraio 2013