In un’ottica generale di contrasto alla corruzione, l’articolo 1, comma 51, della legge 190/2012 (c.d. anticorruzione) ha introdotto nel Dlgs 165/2001 (Tu Pubblico impiego) una norma inedita nel panorama legislativo italiano a tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza (c.d. whistleblower). L’articolo 54-bis del Dlgs 165/2001, introdotto dalla legge 190/2012, tutela il pubblico dipendente che denunci all’Autorità giudiziaria, alla Corte dei conti o al proprio superiore gerarchico, condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, impedendo che lo stesso possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a ogni tipo di discriminazione in ragione della denuncia. L’identità del segnalante non può essere comunicata dall’amministrazione, salvo consenso, né possono essere accolte istanze di accesso della segnalazione del dipendente. Le linee guida Anac
Il nome del “whistleblower” può essere rivelato, pur in assenza di autorizzazione, solamente se la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti diversi e ulteriori rispetto a quelli oggetto della segnalazione.
Se la contestazione si fonda in tutto o in parte sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata se la sua conoscenza è assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato. La normativa prevista a tutela del “whistleblower” pubblico non si applica in caso di calunnia, diffamazione o nel caso in cui venga commesso un danno ingiusto o una qualsiasi lesione di interessi tutelati dall’ordinamento giuridico ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile. Ciò comporta che nei casi sopra esposti – e solo in quelli – l’amministrazione datore di lavoro potrà sanzionare, licenziare o sottoporre a provvedimenti disciplinari il dipendente “segnalante”, al pari di ogni altro dipendente, sussistendone i requisiti di legge. Anche in coerenza con le indicazioni che provengono dagli organismi internazionali, in caso di segnalazioni dolosamente o colposamente false l’articolo 54-bis non trova invece applicazione.
Linee guida Anac. L’Autorità nazionale Anticorruzione ha approvato, con la Determinazione n. 6 del 2015, le «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. “whistleblower”)», fornendo una disciplina applicativa rispetto alle scarne disposizioni introdotte dalla legge 190/2012. La suddetta disciplina è stata integrata dal DI 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, che ha conferito anche all’Anac il ruolo di soggetto destinatario delle segnalazioni. Ciò premesso, la sopracitata Determinazione n. 6 del 2015 disciplina esclusivamente le segnalazioni provenienti da dipendenti pubblici, e non anche quelle provenienti da cittadini o imprese ovvero le segnalazioni anonime.
Di seguito saranno illustrati i principali contenuti e aspetti procedimentali delle linee guida Anac.
Ambito soggettivo della segnalazione. L’articolo 1, comma 51, della legge 190/2012 (che ha introdotto l’articolo 54-bis nel Tu Pubblico impiego) e l’articolo 1, comma 59, della legge 190/2012 individuano l’ambito soggettivo di applicazione della norma, sia sotto il profilo degli enti tenuti agli obblighi di tutela del whistleblower sia sotto il profilo della esatta individuazione dei soggetti tutelabili. Per quanto concerne le amministrazioni obbligate ad applicare la disciplina di salvaguardia del segnalatore, deve farsi riferimento all’articolo 1, comma 2, del Digs 165/2001, e successive modificazioni.
Nella nozione di Pa rientrano gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati o finanziati da pubbliche amministrazioni, cioè tutti gli enti pubblici non economici. Per quanto riguarda invece i soggetti direttamente tutelati, l’articolo 54-bis si riferisce specificamente a dipendenti pubblici che, in ragione del proprio rapporto di lavoro, siano venuti a conoscenza di condotte illecite. In considerazione della finalità della norma in termini di prevenzione alla corruzione, l’Autorità ritiene che vi rientrino sia i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del Digs 165/2001, sia i dipendenti degli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale e locale, nonché quelli degli enti pubblici economici.
Inoltre, il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con Dpr 16 aprile 2013, n. 62, prevede che le amministrazioni debbano estendere, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta che lo stesso codice stabilisce per i pubblici dipendenti. Pertanto, pur non essendo annoverabili tra i dipendenti pubblici in senso stretto, anche coloro che svolgono la propria attività professionale all’interno dei pubblici uffici, come i collaboratori o i consulenti, hanno diritto alla tutela della riservatezza della loro identità, in caso di segnalazioni.
La tutela del whistleblower deve essere fornita da tutti coloro che ricevono le segnalazioni, in primis l’amministrazione di appartenenza. In secondo luogo, dall’Autorità nazionale Anticorruzione (Anac), l’Autorità giudiziaria e la Corte dei conti, che attraverso la segnalazione possono attivare i propri accertamenti. Come indicato nell’attuale Piano nazionale anticorruzione (Pna), le azioni e le misure generali a tutela del dipendente che segnala condotte illecite sono obbligatorie.
Ambito oggettìvo della segnalazione. L’articolo 54-bis del Digs 165/2001 prevede espressamente che il dipendente pubblico possa segnalare le «condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro». Le condotte illecite cui si riferisce la norma devono riguardare situazioni di cui il soggetto sia venuto direttamente a conoscenza «in ragione del rapporto di lavoro». E sufficiente che il dipendente, in base alle proprie conoscenze, ritenga altamente probabile che si sia verificato un fatto illecito nel senso sopra indicato, e fornisca una segnalazione il più possibile circostanziata al fine di consentire all’amministrazione di effettuare le dovute verifiche. Non rilevano invece le segnalazioni fondate su meri sospetti o voci.
Momento di individuazione della tutela del whistleblower. La norma non individua il momento in cui cessa la garanzia della tutela, riferendosi genericamente alle responsabilità penali per calunnia o diffamazione o a quella civile extracontrattuale. L’Anac ritiene che solo in presenza di una sentenza di primo grado sfavorevole al segnalante cessino le condizioni di tutela dello stesso, ma in considerazione del principio della “cosa giudicata” sarebbe non solo più opportuno ma conforme alla normativa nazionale attendere una sentenza definitiva.
Procedura per la tutela della riservatezza del whistleblower. La segnalazione, una volta pervenuta al destinatario, deve essere inviata al Responsabile della prevenzione della corruzione dell’amministrazione. La ratio della norma e la necessità di non gravare le amministrazioni con eccessivi vincoli organizzativi rendono opportuno che i dipendenti inoltrino le loro segnalazioni direttamente al responsabile della prevenzione della corruzione. Se le segnalazioni riguardano il responsabile della prevenzione della corruzione, gli interessati possono inviare le stesse direttamente ail’Anac.
Sarebbe poi auspicabile che le pubbliche amministrazioni “rafforzassero” la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante mediante l’introduzione, nei codici di comportamento, di forme di responsabilità specifica sia in capo al responsabile della prevenzione della corruzione sia nei confronti dei soggetti che gestiscono le segnalazioni. La gestione delle segnalazioni dovrà essere effettuata da un sistema, interno alle singole amministrazioni, composto da una parte organizzativa, che si occupi principalmente delle politiche di tutela della riservatezza del segnalante, e da una parte tecnologica, concernente il sistema applicativo per la gestione delle segnalazioni, tra loro interconnesse.
di Carlo Maria Muscolo e Francesco Tassone (Muscolo&Partners associati) – Il Sole 24 Ore sanità
23 giugno 2015