Ha ucciso il suo cane e poi si è sparato. Ieri mattina un uomo di 91 anni ha interrotto la sua passeggiata quotidiana e si è seduto su una panchina del quartiere Terminetto a Viareggio per uccidersi. Ha tolto dalla tasca la sua pistola e ha fatto fuoco due volte. Ha deciso di morire insieme al suo cane, un meticcio che aveva 13 anni, lasciando sola la moglie di 88 e gettando nello sconforto lei, la figlia e gli altri parenti.
Nessuno in famiglia si aspettava una cosa del genere. L’uomo era molto vecchio ma non aveva malattie importanti e non ha scritto un biglietto per spiegare ai suoi cari il motivo del suo gesto, o almeno ieri mattina non è stato trovato in casa. Era molto legato al cane, stavano sempre insieme, «vivevano in simbiosi», spiegano dal commissariato di Viareggio. Un particolare confermato da tutti i vicini e i conoscenti, che anche domenica domenica sera in molti li avevano visti passeggiare insieme vicino a casa. L’anziano lavorava in un cantiere navale ed era andato in pensione tanti anni fa, addirittura 35. Probabilmente il cane gli ha fatto molta compagnia in questi ultimi anni, ed era diventato vecchio anche lui. Così ieri mattina il pensionato ha deciso di portarlo via con sé, ed è uscito di casa con la pistola che malgrado l’età deteneva regolarmente.
“Sucidio di coppia per non fare soffrire”
Si tratta di un suicidio di coppia, di qualcuno che se ne vuole andare e non intende far soffrire, tra quelli che restano, chi per lui è importante. O chi ritiene dipenda da lui». Annamaria Manzoni è una psicologa lombarda che ha scritto vari libri sul rapporto tra uomo e animali. La storia di Viareggio la colpisce ma per certi versi conferma anche le sue teorie. C’era un legame fortissimo tra l’anziano e il suo cane, un rapporto che ha fatto temere al suo padrone un futuro dell’animale senza di lui.
Cosa pensa del suicidio del novantenne?
«Conosco solo alcuni elementi di questo caso. Mi ha fatto subito pensare a quello che avviene quando una coppia di anziani si uccide oppure uno dei due decide che l’altro deve morire insieme a lui e gli spara prima di colpire se stesso. Sicuramente siamo di fronte a qualcuno che era convinto di fare del bene all’altro: mi tolgo la vita perché mi pesa e mi dà sofferenza. Non voglio più restare al mondo ma lo stesso vale anche per il mio compagnoo la mia compagna che soffrirebbero troppo. E senza di me non potrebbe più andare avanti».
Ma questa volta ad essere ucciso è stato un cane.
«L’idea alla base del suicida è che senza di lui certe persone non sopravviverebbero. Ed è particolarmente vero per un cane, che è cresciuto insieme al padrone e dipende da lui. Quell’uomo non sopportava l’idea di abbandonare al suo destino quel compagno di vita. Lo aveva visto crescere ed ora erano diventati molto vecchi entrambi. Magari ha addirittura pensato di interpretare la volontà del cane».
Le sembra possibile che il cane volesse morire con il padrone?
«Questo non possiamo dirlo. Però succede parecchie volte che quando viene a mancare la persona che era il suo punto di riferimento, il cane rimasto solo si ammala e se ne va nel giro di pochissimo tempo. Conosco tantissime storie di questo tipo. Ma, per fare un esempio di segno quasi opposto, ricordo anche il film Umberto D. di De Sica, con l’uomo che pensa di suicidarsi mentre tiene in braccio il suo cane. L’animale scappa per il suo istinto di attaccamento alla vita. Lui prima resta basito e poi si riprende. E’ stato per certi versi salvato dall’animale ».
Quanto sono importanti cani e gatti da compagnia per le persone anziane come l’uomo di Viareggio?
«Si crea un rapporto immenso. Tenendo conto delle differenze tra una persona e l’altra, succede comunque quasi sempre che per l’anziano il cane o il gatto diventino il compagno di cui prendersi cura. Non una questione di compagnia ma qualcosa di più. Uno dei problemi delle persone anziane è sentire la perdita di un ruolo, pensare che nessuno ha più bisogno di loro. Avere un cane da accudire fa sentire di nuovo importanti e attivi, e va a finire che ci modella a vicenda, insegnadosi molte cose. E poi l’animale diventa un “rompighiaccio sociale”, un’altra cosa importante. Chi va in giro con il cane viene notato, ha più facilità di rapporti con le altre persone, si sente quindi più partecipe nella società. E gli aspetti positivi non sono finiti qui».
Perché?
«Ormai ci sono diversi studi scientifici che hanno provato come la presenza dell’animale nel lungo termine altera positivamente la fisiologia. Il calore, l’affetto e la sicurezza che danno la presenza dell’animale abbassa la pressione, il livello di ansia, fanno bene al cuore».
Sembra che l’anziano di Viareggio non abbia lasciato alcun biglietto.
«Far ritrovare un messaggio è un modo per salutare gli altri, per consolarsi e per aiutarli a farsi una ragione di quello che è successo, a cercare il significato di una cosa che significato non ha. E non lasciare messaggi fa pensare proprio a una relazione prioritaria con il cane rispetto agli altri. Ma bisognerebbere conoscere bene il caso per essere certi di questo aspetto. E poi comunque, quello che succede nella testa di una persona che decide di uccidersi è sempre insondabile».
Repubblica – 21 luglio 2015