Un insetto ci sfamerà. La carne non basta per tutti e il pesce è sempre meno. E’ questo il cibo del futuro?
Per nutrire tutti gli abitanti del pianeta carne e pesce non bastano più. L’ultimo rapporto Fao parla chiaro: l’unica soluzione sarà ricorrere a cavallette, formiche, locuste, lombrichi, anch’essi ricchi di proteine animali. Così, c’è già chi si attrezza per allevarli. Ecco la cover story di Panorama di questa settimana. «A un certo punto, fra il 2013 e il 2014, sulle nostre tavole finirà più pesce allevato che pescato» calcola Janet Larsen, direttore della ricerca all’Earth policy institute, il centro di studi sull’ambiente fondato da Lester Brown. È una buona e una cattiva notizia, dipende da che parte la si guarda. La storia che racconta, tuttavia,è che il mare non basta più a soddisfare la domanda di pesce. «E presto neanche la terra potrebbe bastare per far fronte al crescente consumo di carne, uova, derivati del latte» aggiunge Larsen.
Come sfamare i 9,6 miliardi di esseri umani che popoleranno il pianeta nel 2050? Nutrendoci anche di larve, cavallette, grilli, lombrichi, api e tarantole. Insomma scegliendo tra le 1.900 specie di insetti ritenute commestibili. Del resto, come spiega un dettagliatissimo rapporto della Fao, 2 miliardi di persone già lo fanno. Coleotteri e bruchi sono ricchi di proteine e produrli ha un impatto ambientale 100 volte inferiore a quello degli allevamenti di bestiame. Prospettiva che sta risvegliando l’interesse anche di alcuni imprenditori in Europa e negli Stati Uniti. Una soluzione meno bizzarra e assurda di quanto possa apparire, e lo dimostrano due calcoli sul costo dell’attuale sistema alimentare. La domanda di proteine è aumentata di 5 volte nella seconda metà del XX secolo. La produzione di carne di manzo è passata dai 19 milioni di tonnellate all’anno degli anni Cinquanta agli oltre 60 milioni del 2012. Nello stesso periodo la quantità di pesce catturato in oceani, laghi e fiumi è schizzata da 19 milioni di tonnellate annuea oltre 90. Con effetti devastanti. Molti stock ittici sono al collasso. Il tonno a pinne blu è quasi scomparso dal nord Pacifico, e non è un caso se un raro esemplare da oltre 200 chili è stato venduto all’asta a Tokyo per oltre 1 milione di euro.
L’acquacoltura è una risposta, ma con un prezzo troppo alto: nel 2012 almeno 15 milioni di tonnellate di pesce sono stati usati per alimentarne altri più pregiati e adatti ai gusti dei consumatori. L’impennata nel consumo di roast beef, invece, sta rimpicciolendo la foresta amazzonica, convertita in allevamenti per bovini, ed è responsabile di una buona fetta delle emissioni di gas serra.
«Tre-quattro miliardi di persone stanno diventando più ricche e mangiano più proteine» ricorda Larsen «mai terreni per pascoli scarseggiano,i cambiamenti climatici mettono a rischio raccolti e riserve d’acqua. Se non si cambianoi modelli di consumo non sarà possibile garantire cibo a tutto il mondo». Se nel 1975 un cinese mangiava in media 8 chili di carne all’anno, nel 2012 è salito a 52. Il consumo globale di carne nella Repubblica Popolare è il doppio di quello degli Stati Uniti, ma ogni americano mette nel piatto più di 100 chili di hamburger, hot dog e bistecche ogni anno.
Cosa accadrebbe se gli abitanti di Pechino o Guangzhou, ma anche Città del Messico o Bangkok, facessero lo stesso? Ecco perché gli insetti, che da secoli (dall’Amazzonia all’Africa, dal Messico alla Thailandia) sono una fonte importante di proteine, sono indicati dalla Fao come una possibile soluzione. Le locuste contengono tra 13e 28 grammi di proteine ogni 100 grammi di peso,i bachi da seta tra 10e 17, le chapulines, cavallette del mais messicane, arrivano a 48 grammi controi 26 di un bovino adulto, o i 28 dello sgombro. Non solo: «Molti insetti sono ricchi di ferro e zinco, di cui almeno un miliardo di indiani anemici, soprattutto donne e bambini, sono carenti» sottolinea Arnold Van Huis, entomologo all’Università di Wageningen nei Paesi Bassi, tra gli autori dello studio sugli insetti commestibili della Fao.
«Gli insetti sono più efficienti nel convertire il cibo in massa corporea, per questo emettono pochissimi gas serra» continua Van Huis, precisando che «quelli in natura non sono sufficienti, e decidere di allevarli in zone temperate come le nostre richiede molta energia».
Ma, soprattutto, richiede un balzo culturale: vincere il disgusto che nordamericani ed europei provano all’idea di addentare un grillo o una larva. «Non è un tabù, non ci sono divieti religiosi o morali alla base di questo atteggiamento» fa notare il francese Jean-Baptiste de Pana fieu, autore del libro Les insectes nourriront-ils la planète? (Gli insetti nutriranno il pianeta?). «Questa repulsione deriva probabilmente dal fatto che qui ce ne sono di meno che nelle aree tropicali e spesso vengono associati a sporcizia e malattie. La nostra tradizione culinaria ormai è molto lontana dall’idea di utilizzare insetti».
Eppure c’è chi come Cédric Auriol, 31 anni, dopo aver letto un altro rapporto Fao sugli insetti, nel 2011 ha arruolato un entomologo e un ingegnere agronomo e ha messo in piedi a Tolosa la Micronutris, allevamento di grilli e tarme della farina per consumo umano. Uno dei primi in Europa. «Quando facciamo conferenze con degustazione, l’80 per cento dei presenti è disposto ad assaggiarli» racconta. «Con una buona informazione è possibile superare le resistenze». La Micronutris quest’anno produrrà 15 tonnellate di insetti. Sul sito si possono acquistare grilli da sgranocchiare, confezioni di macaron agli insetti. «L’idea è venderli in negozi e supermercati» dice Auriol. Per ora i suoi prodotti sono cucinati da David Faure, chef stellato del ristorante Aphrodite di Nizza.
«L’interesse dei grandi chef occidentali è fondamentale» afferma Van Huis «soprattutto per spingere nuovamente il consumo di insetti nei paesi in via di sviluppo, dove è in calo a causa di mode occidentali come il junk food». La Fao punta a creare piccole aziende familiari dove allevare insetti di qualità costante e controllata: un modo per incentivare la produzione sostenibile di proteine dove l’aumento del fabbisogno sarà più pronunciato, e favorire la creazione di reddito. La raccolta di chapulines in Messico (utile per salvare i campi di mais dalla loro voracità) può fruttare a una famiglia anche 3 mila dollari. «Gli insetti sono una tradizione culinaria che risale agli aztechi» commenta Daniella Martin, autrice del blog Girlmeetsbug ed entomofaga entusiasta. «La prima volta che ho assaggiato una chapulina non era quello che mi aspettavo, ma mi piacciono le sfide». Nel giro di pochi mesi offriva cartocci di insetti in un baracchino di fronte al Getty museum di Los Angeles. Oggi organizza conferenze e catering. Per una festa di Halloween ha creato mele caramellate con i vermi. «Tutti volevano mettere una foto su Facebook mentre la addentavano» dice. «La curiosità cresce, siamo di fronte a un fenomeno simile al boom del sushi in Occidente».
Negli Stati Uniti fioriscono ristoranti, allevamenti di insetti e imprese che cercano soldi con il crowdfunding per produrre barrette energetiche a base di farina di cavallette. Un designer ha inventato il Lepsis, terrario domestico per allevare insetti a scopo culinario. «Ho provato le uova di formica, preferisco quelle di gallina» ammette Luigi Ruggeri, fondatore con la moglie Giovanna Cadoni della Microvita (vai al sito internet), azienda alle porte di Bologna che da 20 anni alleva con metodi biologici insetti utili in zootecnia e per la pesca. La Microvita ha fornito le prime degustazioni italiane di insetti e in autunno aprirà uno spazio in azienda dove assaggiare camole del miele, tarme della farina, grilli. «Ma non sarà un ristorante vero e proprio, sarebbe prematuro in Italia» afferma Ruggeri.
È d’accordo de Panafieu: «In Europa gli insetti saranno consumati tutt’al più come snack, al pari delle noccioline. Mentre potrebbero diventare una vera alternativa nell’alimentazione degli animali». La ricerca sta studiando come allevare insetti, usando rifiuti organici e letame, da trasformare in cibo per pesci, polli e maiali. La Ue ha stanziato 3 milioni di euro allo scopo. «L’ostacolo restano le leggi» osserva Van Huis. «Dopo mucca pazza le farine animali sono state vietate dall’Ue, dimenticando che ci sono pesci che mangiano insettie lo fanno anchei polli che razzolano».
Jean-Gabriel Levron, fondatore della Ynsect, start-up che alleva coleotteri e ditteri per uso animale, afferma: «Il 75 per cento delle proteine consumate dagli animali in Europa sono importate, per lo più soia ogm. C’è spazio per fonti alternative. Lo sviluppo del settore per l’alimentazione umana, invece,è complicato dalle incertezze normative». In Europa come in Usa mancano leggi che regolano produzione e vendita di larve o grilli per il consumo umano. «Quando iniziaia parlare di insetti commestibili, 13 anni fa, ero uno dei pochi» conclude Van Huis. «Oggi nella sola Università di Wageningen ci sono gruppi di ricerca in più dipartimenti.
E il libro Six-legged livestock (Fauna a sei zampe)è stato scaricato 6 milioni di volte». Che la repulsione contro bruchi e cavallette sia alla fine? «Quando mio figlio aveva 1 anno, non voleva nessun cibo tranne il mio latte. Un giorno, mentre mettevamo nei sacchetti le camole del miele per la pesca, ho scoperto con apprensione che le mangiava. Ho provato, allora,a dargli una caramella al miele. Mi ha guardato dicendo: “Ma è morta”».
Piatto forte del menù: il baco da seta
di Angelo Piemontese Quali altre sostanze nutritive contengono? Gli insetti hanno le stesse cellule organiche che servono al nostro organismo, quindi i nutrienti sono gli stessi. Vermi, bruchi e termiti contengono molti grassi, le cavallette un alto ammontare di zinco e ferro. I coleotteri possono fornire fino a 500 chilocalorie ogni 100 grammi (come la carne), e abbondanti sali minerali.
Quanti insetti ci vogliono per fare 1 tonnellata di proteine? Se per raggiungere questa quantità c’è bisogno mediamente di tre mucche, per produrre lo stesso ammontare servono 12 milioni e mezzo di api.
Altri vantaggi nel fatto di mangiare insetti? Oltre a essere facilmente digeribili, salvaguardano l’ambiente perché convertono l’energia in modo molto efficiente: per produrre l’equivalente calorico di una bistecca i grilli consumano otto volte meno mangime di un vitello. Ciò si traduce in un minor dispendio di acqua e in una riduzione dei gas serra.
Ma contengono anche sostanze nocive? Prima di mangiarli bisogna sapere quali insetti hanno tossine velenose che usano per difesa, e selezionare le parti che non ne contengono. Inoltre non vanno consumati così come sono, ma dopo la cottura: un po’ come avviene nel caso dei fagioli, che sono tossici se vengono ingeriti crudi. Altre sostanze nocive, soprattutto selenio e arsenico, possono invece essere accumulate nel loro organismo a causa dell’inquinamento ambientale. Ma basta allevarli in luoghi sicuri e non ci sono problemi. Alcuni insetti sono più nutrienti di una bistecca. Forniscono proteine ma anche sali minerali e carboidrati, come spiega a Panorama Furio Brighenti, professore di nutrizione umana all’Università di Parma e presidente della Sinu, Società italiana di nutrizione umana.
Quali sono oggi gli insetti commestibili, o che già vengono cucinati? Attualmente nel mondo si mangiano circa 1.900 specie, in ogni fase del loro ciclo vitale: uova, larve, crisalidi e adulti. I più consumati, soprattutto in Oriente, sono cavallette, locuste, grilli, termiti e insetti acquatici. Consapevolmente o no, anche noi ingeriamo insetti: alcuni scarabei rossi sono usati come agenti coloranti in molti alimenti e bevande.
Cosa dovremo aspettarci sulle nostre tavole in futuro? Il baco da seta. È ricco di grassi e proteine e, dopo una millenaria tradizione per la produzione della seta, ora la Cina ne sta valorizzando l’esportazione anche come alimento in Occidente. Quali sono gli insetti con il più alto contenuto proteico a parità di peso? Cavallette e locuste contengono fino a 77 grammi di proteine ogni 100, seguono scarafaggi e coleotteri (da 21 a 54), farfalle (da 15 a 60) e infine formiche e api (da 1 a 80). Molto di più della carne, che arriva al massimo a 55. Un recente studio, poi, ha dimostrato che le larve di una specie di falena (la Clanis bilineata) hanno molti amminoacidi, le basi delle proteine, di uova e latte. E sono una risorsa per la nutrizione umana.
Panorama – 31 agosto 2013