Maurizio Tropeano. «Finalmente d’ora in poi non sarà più possibile vendere prosciutti di montagna in Italia ed in Europa, se i maiali da cui sono ottenuti non hanno trascorso parte della loro vita in quota, ponendo fine ad un inganno molto diffuso sul mercato nazionale». Coldiretti commenta così gli effetti della nuova regolamentazione comunitaria sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari che permette di riportare nell’etichetta l’indicazione «prodotto di montagna».
In questo caso, l’indicazione riguarda essenzialmente i prodotti derivati da animali allevati – almeno per gli ultimi due terzi del loro ciclo di vita – in zone di montagna e trasformati nella stesse aree. L’indicazione può essere applicata anche ai prodotti dell’apicoltura, se le api hanno raccolto il nettare e il polline esclusivamente in montagna.
Va detto che a livello comunitario non vi è alcun suggerimento in merito all’etichetta (forma, dimensione, altezza) nè si prevedono loghi europei e si tratta di una mera indicazione in etichetta che può essere redatta a discrezione dell’operatore. Fatta questa premessa, la scelta di Bruxelles viene comunque considerata un passo avanti. Renzo Testolin, assessore all’agricoltura della Val d’Aosta, si dice convinto che si tratta di «un marchio che può definire meglio il prodotto rispetto alla classica e generica definizione di “prodotto tipico”». Per questo può rappresentare «un valore aggiunto alle nostre produzioni sia di carne sia di formaggi e anche di miele».
Lido Riba, presidente dell’Unione Comunità montane del Piemonte Uncem, annuncia che «con le organizzazioni agricole del settore – faremo un’azione comune per rendere il marchio europeo riconosciuto e riconoscibile, a vantaggio di quanti scelgono le Terre Alte per produzioni enogastronomiche di altissima qualità». Certo la nuova indicazione, da sola, non basta a sostenere l’agricoltura di montagna». Adesso è fondamentale attivare e coinvolgere tutta la filiera che riunisce agricoltori e trasformatori delle aree di montagna, con evidenti ripercussioni positive sul settore dell’enogastronomia e del turismo rurale», spiega Enrico Borghi, presidente dell’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della montagna.
E in effetti qualcosa si è mosso. Nel nuovo Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 varato dal governo è prevista la possibilità di finanziare ai produttori organizzati iniziative di promozione della nuova indicazione di origine montana. Il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, sottolinea come «la scelta delle zone montane è indicata espressamente dal Regolamento, poiché esse sono caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione della terra e da un considerevole aumento dei costi di produzione». Ecco perché viene stabilito che a favore degli agricoltori delle zone montane siano erogate indennità annuali per ettaro di superficie agricola per compensare, in tutto o in parte, i costi aggiuntivi e il mancato guadagno dovuti ai vincoli cui è soggetta la produzione agricola nella zona interessata.
La Stampa – 6 luglio 2014