Problemi a incassare dagli allevamenti che attendono a loro volta contributi o forme di sostegno da parte di Ue, Stato e Regione. Una burocrazia complessa e una normativa di settore articolata. Sono queste le principali criticità con cui si misurano le imprese scaligere che operano come farmacie veterinarie da Verona Vet di Cologna Veneta a Zoofarma di Villafranca, da Vetagri di Santa Maria di Zevio ad Alfavet di Verona.
«Le nostre aziende si dividono in due tipologie: quelle che vendono e distribuiscono agli allevamenti collegati ai grandi gruppi del settore dei mangimi e chi lavora direttamente con le imprese zootecniche», sintetizza Fernando Bottacini, amministratore unico di Vetagri di Santa Maria di Zevio, 10 milioni circa di fatturato per otto dipendenti. «Le prime vengono pagate in tempi accettabili e non restano quasi mai scoperte; le seconde invece, a volte, faticano».
Le farmacie che conservano e vendono medicinali e vaccini per uso animale alle realtà seguite e approvvigionate da gruppi come Veronesi o Amadori, hanno una buona garanzia di sostenersi; le altre lavorano con un margine di rischio sugli incassi più elevato. A confermarlo, Massimo Bonfante, amministratore unico di Zoofarma, 10 dipendenti diretti, 5milioni e 800mila euro di ricavi nel 2013, che si occupae di nutrizione animale (formulazione e commercializzazione di integratori, ndr), avvalendosi di uno staff di veterinari ed agronomi. «La gestione finanziaria delle imprese del nostro settore è in affanno», ammette.
Puntuale l’analisi di Riccardo Fracalanza, socio di Veneta Zootecnici srl di Piombino Dese, in provincia di Padova, con succursale ad Arcole, nel Veronese, oltre 16 milioni di ricavi, 22 dipendenti diretti: «I problemi di incasso vengono dagli allevamenti meno strutturati e quindi più dipendenti dai contributi Ue e statali. Un’accelerazione verso le difficoltà è stata determinata dall’entrata in vigore del decreto legge 1/2012 sui tempi di pagamento dei prodotti agroalimentari, che vincola gli allevatori a saldare i fornitori di mais, granella, soia a 60 giorni».
Prima c’era l’abitudine a pagare a 120-180 giorni o addirittura completato l’allevamento dell’animale. «Da un anno a questa parte, dunque, gli operatori hanno dovuto congelare i vecchi debiti, spalmarli su piani di rientro pluriennali e ritardare i pagamenti destinati alle nostre imprese», prosegue. «Le farmacie veterinarie hanno risposto improntando la gestione del credito su una linea di maggiore rigidità, difficile da sostenere se si considera anche le nostre sono imprese familiari con rapporti consolidati e duraturi con gli allevamenti clienti».
La legislazione di settore è severa, a tutela del consumatore. Le farmacie veterinarie sono soggette a rilascio della licenza regionale, ci sono regole stringenti per la tenuta del magazzino e per la conservazione del farmaco. «Occorre garantire costantemente la presenza del farmacista, responsabile del medicinale consegnato, aldilà della prescrizione del veterinario», elencano gli imprenditori del settore. Inoltre, c’è il carico burocratico sulla vendita diretta a privati. «Se un allevatore di Cagliari o di Forlì acquista medicinali per l’allevamento di pecore, piuttosto che di polli, dobbiamo spedire noi copia delle prescrizioni veterinaria alle Ulss di appartenenza, mentre le farmacie ad uso umano mandano all’unica azienda di riferimento che poi smista», fanno presente i farmacisti dei dispensari veterinari.
«Un sistema datato, in vigore da oltre 20 anni», concorda Bonfante. «Con l’associazione di categoria Ascofarve, alla quale la nostra impresa aderisce, abbiamo avviato da un paio di anni un confronto con il ministero della Sanità per semplificare le procedure, superare il cartaceo e abbattere le spese postali», conclude Fracalanza. «In Piemonte si sta sperimentando la trasmissione delle prescrizioni dalle farmacie veterinarie ai data base della aziende sanitarie».
Valeria Zanetti – L’Arena – 18 marzo 2014