Chi prima arriva meglio alloggia. Da lunedì, per fare un esame del sangue, non sarà più sufficiente presentarsi con l’impegnativa del medico in un qualsiasi laboratorio analisi convenzionato della città. I centri privati accreditati (che svolgono prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale) hanno chiuso i rubinetti. Motivo?
Una delibera della Regione Veneto ha decurtato loro i finanziamenti e imposto rigidi tetti al numero di prestazioni in convenzione. Risultato, “fine dell’accesso diretto agli esami del sangue”. In altre parole, prima di bussare alla porta della struttura in cui si vuole fare il test, sarà necessario premurarsi che il centro non abbia già sforato il limite mensile erogabile all’interno del sistema sanitario nazionale. Se all’altro capo del telefono ci si sentirà rispondere con una desolato “mi spiace, ma oggi non possiamo accontentarla”, le alternative saranno due: o pagare di tasca propria oppure dare avvio ad un valzer di chiamate in altre strutture, sperando di avere maggior fortuna. «Siamo costretti a contingentare gli accessi alle strutture convenzionate», spiega Lia Ravagnin, presidente Anisap (Federazione delle associazioni regionali istituzioni sanitarie ambulatoriali private) e portavoce delle altre associazioni di categoria coinvolte nella manovra imposta dalla Regione Veneto (Cuspe, Ansoc e Federlab). «Il documento che la giunta Zaia ci ha imposto, prevede una decurtazione dei fondi al privato accreditato di 50 milioni di euro ed inoltre una riduzione del numero di prestazioni erogabili in convenzione che varia dal 30 al 70 per cento. Peccato che ancora non sappiamo quanto potremo fare, quindi siamo stati costretti a contingentare gli esami di laboratorio, in attesa che ci vengano chiariti i termini della questione. Lo diciamo da mesi che i primi a pagare per questa scelta miope saranno i cittadini. Noi abbiamo dato massima disponibilità alla Regione per aprire un confronto, ma per ora ci siamo trovati di fronte un muro. Abbiamo raccolto 47 mila firme tra gli utenti, 1500 tra i dipendenti, 130 tra i fornitori: Zaia e l’assessore alla Sanità Luca Coletto devono tenerne conto». Per ora l’unica soluzione a questo rompicapo è «l’erogazione delle prestazioni con il contagocce». A Mestre sono coinvolti i laboratori Fleming, Munari, Arc, Emme, Lamm, Tomasini- Ongaro del Lido e Sherman. «Non abbiamo altra soluzione» dice Donatella Pregel del laboratorio Munari, e a capo di Federlab. «Prima, quando superavamo il budget prefissato, continuavamo ad erogare i servizi che ci venivano riconosciuti dalla Regione con un abbattimento del 75%» prosegue Pregel «mentre oggi, non riconoscendoci nulla, siamo costretti a fermarci e a contingentare le analisi. In questo modo, di fatto, si creano le liste d’attesa: fino a dicembre dobbiamo garantire ogni mese, un dodicesimo del budget nuovo assegnato, come previsto dalla delibera regionale. E se il venti del mese, per fare un esempio, raggiungiamo il budget mensile, dobbiamo rinviare i pazienti al mese successivo. Ed è così che si creano le liste d’attesa.
La Nuova Venezia – 15 febbraio 2013