Addio comunità montane, viva le comunità montane. Risorte ieri, alla faccia di chi le dava per morte, grazie ad una legge approvata in consiglio regionale (la terza in un anno sul tema) e intenzionate ora a campare fino a data da destinarsi.
Le comunità montane, assurte loro malgrado a simbolo degli «enti inutili» da tagliare (in Veneto sono 19), avrebbero infatti dovuto chiudere i battenti il 31 dicembre, sostituite dalle «unioni dei Comuni» (montani e non) disciplinate da una legge messa a punto dall’assessore agli Enti locali Roberto Ciambetti. Legge che non è stata però ritenuta calzante alla delicata realtà delle Dolomiti e degli altipiani dall’assessore alla Montagna Marino Finozzi, che ne ha quindi scritta un’altra che di fatto va sì a chiudere le comunità montane, ma per riaprirle poi come «unioni montane» (stesse strutture e stesso personale), con l’unica novità, certo non irrilevante, dell’eliminazione delle indennità per i membri di nomina politica (ogni Comune che ne fa parte avrebbe diritto a due rappresentanti della maggioranza ed uno della minoranza). La legge di Finozzi, proprio perché comunità ed unioni sono sostanzialmente la stessa cosa, prevedeva il passaggio obbligatorio dei Comuni dal vecchio al nuovo ente, senza possibilità per chi lo volesse di chiamarsi fuori. Un dettaglio che ha spinto il governo ad impugnare immediatamente il testo di fronte alla Corte costituzionale.
E così si arriva alla legge di ieri (la terza appunto), obbligata dalla necessità da un lato di sottrarre quella precedente alla spada di Damocle della Consulta e dall’altro di allungare un po’ i termini, perché il mondo delle comunità montane, se non è finito oggi, dovrebbe comunque finire il 31. Dunque il termine è stato rimosso, così che le vituperate comunità continueranno ad esistere «fino alla costituzione delle unioni montane», e l’obbligatorietà del passaggio al nuovo ente è stato sostituito con un caloroso invito, non accompagnato da alcuna sanzione. E se non tutti i Comuni montani uscenti dalla morente comunità volessero entrare nella nascente unione? Poco male, quelli che restano possono rivolgersi ad altri Comuni, anche non montani (sic!), così da poter raggiungere comunque il numero minimo vitale. Domanda: ma se la specificità montana viene meno, non era meglio risparmiarsi la legge Finozzi e la legge di ieri e mantenere in vita solo la legge Ciambetti, quella originaria?
S’infuria Diego Bottacin, consigliere di Verso Nord: «Indipendentemente da come le si chiami, le comunità montane vanno abolite una volta per tutte. Sono un ente inutile che grava sulle spalle dei contribuenti». D’accordo Mariangelo Foggiato di Unione Nord Est: «Abbiamo perso un’ulteriore occasione per tagliare i rami secchi». Ma il relatore del testo approvato ieri, Sergio Reolon del Pd, non ci sta: «Le unioni montane sono un istituto utile, previsto dalla spending review. Quanto all’allungamento dei termini, va dato ai Comuni il tempo necessario per fare scelte ponderate».
Corriere del Veneto – 21 dicembre 2012