di Roberto Ferucci. C’ è questo luogo comune, che vuole Venezia (Venezia centro storico) priva di verde, di alberi, di giardini. Un agglomerato di pietre d’Istria con qualche alberello sgangherato qua e là.
Spesso, ricorre una domanda, fatta ai genitori di bambini veneziani: ma come fate senza nemmeno un pò di verde? Come se nelle grandi città, poi, fosse tutto un tripudio di parchi e giardini. I genitori veneziani rispondono con un sorriso sornione e magari rimandano alla visione del fotopiano di Venezia che, dall’alto, immortala una città che di verde ne ha, eccome. E di parchi, anche, a cominciare da Sant’Elena che, non fosse circondata dalla laguna, potrebbe tranquillamente essere un parco del Nord Europa, con i giochi per i bambini, campi da tennis, calcetto, basket, pallavolo, pista di pattinaggio e attrezzi per tenersi in forma. Sì, a Venezia. O come il parco di Villa Groggia, con la ludoteca dove i genitori portano i propri figli e spesso ci organizzano festicciole di compleanno o di fine anno scolastico. Normale, no? No.
Perché Venezia è sì città unica al mondo, per certi aspetti anomala, speciale, ma poi è anche una città come le altre, vittima di costumi e, soprattutto, delle mode. Tipo quella che da un pò di anni ha fatto del possesso – e, soprattutto, dell’esibizione – di cani dalle razze più varie, un must assoluto.
All’ora dell’aperitivo è una sfilata, ovunque, in città. Bello, certo. Chi non si intenerisce davanti a questo o quel cagnolino? Solo che poi certi proprietari esagerano, a dir poco, nel loro rapporto con il proprio cane e di esso con il resto del mondo. Tipo quella signora che aveva portato il suo cane al parco di Villa Groggia, mentre vi si svolgeva la festa di compleanno di un bambino. Pare che l’esplosione di un palloncino – cosa normale a una festa dove ci siano bambini e palloncini – abbia terrorizzato il suo cane. Risultato: la signora è andata a protestare in Comune e il parco di Villa Groggia è stato vietato ai bambini. Sì, avete letto bene.
Vietato ai bambini che non devono coi loro giochi disturbare i cani o, più precisamente, i loro «esaltati» padroni. Come commentarla una notizia del genere? Con un sano no-comment, per evitare altri rischi. Come se non bastassero, poi, tutti i divieti di cui i ragazzini veneziani sono vittime.
Prendete il calcio, per esempio, meglio, il gioco del pallone. L’Unione Venezia è appena stata promossa in C1 (io la chiamo ancora così la Prima Divisione) grazie ai gol di due veneziani: Bocalon e D’Appolonia, che come i loro predecessori Poggi, o Marangon, o Collauto, hanno affinato la loro tecnica giocando nei campielli, giocando di sponda sui muri, salvando acrobaticamente il pallone dall’acqua. «Non fare il veneziano», si dice a quelli che non passano mai il pallone, innamorati del dribbling. Perché solo i veneziani, grazie ai campielli, all’acqua e ai muri, possono permettersi (esagero) una tecnica sopraffina. Ecco, vietiamogli tutto, ai bambini veneziani. E privilegiamo i cani, adesso. Diamo loro i parchi. E così i nostri figli saranno condannati alla playstation. E all’obesità.