A Borgo Roma gli esperti oggi fanno il punto sulla situazione. Il professor Cornaglia: «Non sono mai state debellate del tutto e ci sono batteri resistenti agli antibiotici: nuovi agenti sono dietro l’angolo»
La peste nera, nel 1348, colpì l’Europa tanto duramente da far ridurre la popolazione di un terzo. In alcune città, come Firenze, morirono la metà delle persone. E Verona non fu esente dal pagare il suo tributo in termini di vite umane, né in quella, né durante le altre grandi epidemie che colpirono in passato il Vecchio continente. Il capoluogo scaligero fu investito dalla peste di manzoniana memoria, quella del 1630, al punto da essere una delle prime città a dotarsi di un Lazzaretto, quello che ancora oggi sorge all’interno del Parco dell’Adige Sud, esempio eccellente di architettura ospedaliera, realizzato probabilmente dal Sammicheli o comunque da allievi della sua scuola. Ma anche l’area dove oggi si trova il nosocomio di Borgo Roma era al tempo dedicata alla cura degli appestati. E poi colera, vaiolo, tetano, tubercolosi, poliomelite, infezioni debellate molto più recentemente. Le zone paludose del delta del Po sono state per secoli infestate dalla malaria. Il tempo dell’uomo è insomma segnato dalle grandi epidemie, spesso mortali, che sono oggi in Italia praticamente debellate, mentre nel mondo esistono ancora focolai. Per questo non bisogna mai abbassare la guardia, come ci ricorda la Giornata internazionale per la lotta alle infezioni, organizzata per il sesto anno consecutivo dall’Escmid, Società Europea di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive, che verrà celebrata oggi, martedì 23, nell’Aula Magna dell’ospedale di Borgo Roma. Il tema saranno le più famose malattie del passato. «Le grandi epidemie hanno avuto ricadute devastanti sulla popolazione», spiega Giuseppe Cornaglia, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Azienda ospedaliera veronese, docente nell’Ateneo scaligero ed ex presidente dell’Escmid, «anche se oggi nel nostro Paese sono scomparse, bisogna sempre mantenere alto il livello di attenzione. Il colera ad esempio è ancora presente nel mondo, come ci dimostra il terribile e recente esempio di Haiti». «Casi di tubercolosi ci sono stati anche qui a Verona, nel carcere di Montorio. Ma non bisogna pensare che siano gli stranieri a portare malattie, spesso siamo noi che ne veniamo infettati nei nostri viaggi. La malaria è ancora oggi endemica in molte parti del mondo. La poliomelite è ricomparsa nelle zone asiatiche dell’ex Unione Sovietica. Neanche la peste è sparita», precisa l’esperto, «perché resiste in alcune zone dell’Africa». Se questi sono nomi che fanno paura, evocando lo spettro di patologie particolarmente virulente, anche le più recenti influenze non vanno prese sotto gamba. «In Cina sta emergendo proprio in questi giorni una nuova aviaria», precisa Cornaglia, «e queste pandemie possono essere letali per i soggetti a rischio. Per questo bisogna ricordare l’importanza delle vaccinazioni. Senza i vaccini, oggi, a Verona, si morirebbe ancora di poliomelite. Il morbillo, che può essere mortale, grazie alla vaccinazione era quasi eradicato. Purtroppo ultimamente sta riprendendo piede, perché si è abbassata la guardia». Il medico veronese Girolamo Fracastoro già nel 1546 suggerì che le malattie epidemiche fossero veicolate da minuscole particelle, capaci di trasmettere le infezioni per contatto diretto o indiretto. Che ciò corrispondeva al vero fu scoperto solo diversi secoli dopo, consentendo anche di trovare la cura per le malattie infettive: gli antibiotici. «Oggi però nuovi ceppi si dimostrano resistenti ad essi, come il cosiddetto “batterio killer”. Nuovi agenti infettivi sono dietro l’angolo», conclude Cornaglia, «dobbiamo essere pronti, vigilare e non abbassare la guardia». Senza allarmi, ma sempre con grande attenzione e rapidità di intervento.
L’Arena – 23 aprile 2013