Dallo Speciale Expo del Sole 24 Ore. Non c’è settore produttivo, secondo l’opinione prevalente, che non abbia sofferto in questi anni della crisi finanziaria, debitoria, economica. Tutti apparentemente avrebbero subito la recessione in Europa e in Italia. In realtà, il settore alimentare si è difeso, a sorpresa. È ormai un volano cruciale dell’economia europea e dell’export italiano, tanto che a Bruxelles, le autorità comunitarie considerano il settore un marchio europeo da proteggere e da promuovere. Alcune cifre sono interessanti. Nel suo insieme, il settore alimentare dà lavoro all’11% degli occupati in Europa. Nel 2013, le esportazioni hanno raggiunto i 120 miliardi di euro, facendo dell’Unione europea il primo esportatore al mondo in questo campo, davanti agli Stati Uniti e al Brasile, paese quest’ultimo che 10 anni fa l’allora segretario di Stato americano Colin Powell definì «una superpotenza agricola».
Sempre nel 2013, l’attivo della bilancia commerciale è stato di quasi 19 miliardi di euro. L’Unione europea non produce, vende ed esporta soltanto carne, cereali o frutta. È anche un grande produttore di prodotti finiti, piatti congelati, menù precotti. Negli ultimi dieci anni, anonime società europee sono diventate delle piccole multinazionali. La francese Picard è un marchio nei pasti congelati. L’italiana Illy è sinonimo di caffè di qualità in giro per il mondo. Le catene belghe di ristorazione Exki e Le Pain Quotidien hanno filiali nelle Americhe e in Asia.
Nell’ultimo decennio, l’Europa ha quindi approfittato della globalizzazione del commercio internazionale e dell’aumento della prosperità in molti paesi emergenti, proponendo le specialità europee ben al di là delle sue frontiere. Secondo l’Organizzazione mondiale dell’alimentazione (FAO), la produzione alimentare dovrà aumentare del 70% entro il 2050 per rispondere alla domanda dei consumatori. I produttori europei hanno quindi spazio per crescere, purché garantiscano qualità e sicurezza.
In questo senso, in un discorso all’inizio di febbraio, il commissario all’alimentazione, Vytenis Andriukaitis, un medico lituano di 63 anni, ha spiegato come l’innovazione sia diventata un aspetto cruciale anche in questo campo. L’obiettivo delle autorità comunitarie è di garantire una alimentazione sicura, sana, e rispettosa dell’ambiente. Rischi alimentari si sono moltiplicati in questi anni – dall’influenza aviaria all’epidemia di Ebola per non parlare dello scandalo della mucca pazza.
Secondo la Commissione europea, circa 100mila persone nei Ventotto controllano i processi produttivi di circa 20 milioni di società. Due enti europei sono in prima linea. A Grange, in Irlanda, il Food and Veterinary Office effettua controlli in tutta l’Unione e anche nei paesi terzi fornitori dell’Europa. A Parma, in Italia, la European Food Safety Authority mette a disposizione della Commissione europea analisi indipendenti sulle tendenze e sui rischi alimentari in giro per il mondo.
Oltre a questi due enti, Bruxelles gestisce anche due sistemi di allerta. Il primo, nato nel 1979, è il Sistema di allerta rapida per alimenti e mangimi (Rasff). Si tratta di una banca dati europea, accessibile dagli stessi consumatori, che raccoglie informazioni provenienti dai Ventotto su eventuali rischi alimentari. Il secondo, creato nel 2004, è il Sistema esperto di controllo commerciale (Traces) che raggruppa gli enti veterinari europei e monitora l’importazione di prodotti alimentari o vegetali.
La sfida europea dei prossimi anni sarà di aumentare la produzione alimentare, ormai un motore dell’economia, anche per rispondere alla domanda in aumento, garantendo al tempo stesso qualità e salute. In un sondaggio Eurobarometro del 2012, i consumatori europei hanno ammesso di guardare con preoccupazione all’adozione di nuove tecnologie nella catena produttiva alimentare. Non per altro, negli ultimi anni si è affermata l’alimentazione biologica.
Il Sole 24 Ore – 14 marzo 2015