di Pietro Messina. E’ scattata anche in Italia l’allerta per il virus “Ebola”. Con una circolare del 4 aprile, il Ministero della Sanità ha comunicato l’attivazione di misure di vigilanza e sorveglianza nei punti di ingresso internazionali in Italia. La nota è stata inviata all’Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa Italiana. Per la prima volta, dal 1970 ad oggi, la nota dell’allarme è stata trasmessa anche al Ministero della Difesa. Le procedure attivate dal Ministero della Salute prevedono controlli sugli ingressi nel territorio nazionale e un monitoraggio, affidato al Ministero degli Esteri, degli italiani presenti nei paesi colpiti dall’epidemia. L’intero asset delle capacità diagnostiche del Paese – si legge sempre nella nota – è affidato all’Istituto Spallanzani di Roma che “dispone dell’unico laboratorio a massimo livello di bio contenimento”.
Sono stato allertati il Ministero della Difesa, le Regioni, l’ENAC, la Croce Rossa e l’Istituto Nazionale per le Malattie infettive. Ad ognuna di queste, il dicastero indica cosa fare.
In sostanza vengono attivate tutte le “misure di profilassi per esigenze di sanità pubblica” e concernente “Febbri emorragiche Virali”. Una serie di procedure precauzionali al fine di evitare un contagio o nel malaugurato caso, in un pronto intervento sul territorio nazionale. A tutti quelli che sono stati allertati, il dicastero ha sottolineato gli adempimenti da svolgere.
L’Enac è pregata di portare le compagnie operanti sul territorio nazionale “a conoscenza del suddetto decreto, ai fini della scrupoloso aderenza alle procedure”. La Croce Rossa in caso di necessitò dovrà fornire ogni possibile supporto. All’Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, che dispone dell’unico laboratorio a massimo livello di bio-contenimento del Paese, è attribuito il compito di provvedere a fare il punto sulle capacità diagnostiche del nostro sistema nazionale.
Il Ministero ci tiene a sottolineare che le misure sono precauzionali e “che l’OMS non raccomanda, in base alle informazioni correnti disponibili, restrizioni a viaggi o a rotte commerciali da applicare ai Paesi interessati da questo evento”. La circolare, probabilmente, oltre a mettere il nostro Paese sulla scia degli altri stati europei arriva dopo una serie di polemiche e accuse contro il Ministro, Beatrice Lorenzin, che non sarebbe stata tempestiva nell’attivarsi a proposito, come per un interrogazione parlamentare presentata dall’on. Fabrizio di Stefano (FI) nella quale si chiedeva al ministro “se l’Italia fosse a rischio contagio e quali misure fossero state prese”.
Il dato che preoccupa maggiormente gli scienziati è il tempo di incubazione del virus che varia dai 2 a i 21 giorni per la trasmissione a contatto con sangue e secrezioni, ed arriva sino ai 49 giorni per contagio derivante dallo sperma.
Nel documento realizzato dal dipartimento generale per la prevenzione si fa cenno alla necessità di controllare gli arrivi “diretti e indiretti”: un chiaro riferimento all’onda di migranti che proprio in queste ore sta facendo rotta su Lampedusa. Proprio nell’isola cerniera con i fenomeni migratori, l’Italia rischia di essere impreparata a fronteggiare quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la più grave epidemia degli ultimi anni. Nelle ultime 72 ore, a Lampedusa si è registrata la più grande ondata migratoria a partire dal 2011, quando nell’isola delle Pelagie arrivarono più di 50 mila migranti. Con il centro chiuso per lavori di ristrutturazione, i migranti intercettati dalla pattuglie navali di “Mare Nostrum” – il programma della marina Militare per contrastare gli sbarchi – vengono trasferiti sulla terraferma o restano in attesa sulla banchina del porto di Lampedusa, in condizioni igieniche disastrose.
A centinaia. “I migranti arrivati in questi giorni – racconta all’Espresso, Pietro Bartolo, coordinatore sanitario dell’isola – provengono in gran parte dalla Libia e questo dovrebbe escludere la presenza di portatori del virus ebola. Ma in ogni caso è meglio stare con gli occhi aperti perché la situazione è drammatica e non è possibile procedere all’identificazione dei migranti che arrivano”. Insomma, nessuna certezza su chi arriva e da dove a Lampedusa.
E’ da almeno dieci anni che le agenzie di intelligence di tutto il mondo avevano lanciato il rischio del bioterrorismo. Questa nuova ondata del virus Ebola, che si caratterizza con il ceppo “Zaire”, il più virale, potrebbe anche rientrare proprio nella casistica degli attacchi bioterroristici. L’epicentro della nuova infezione è la Guinea, dove dal 7 aprile sono stati registrati 151 casi con 95 decessi. Ebola sta già camminando nel centro Africa e ha colpito in Sierra Leone, Mali e Liberia. Secondo la classificazione di rischio dell’Organizzazione mondiale della Sanità , l’epidemia del 2014 è classificata come “serious public health impact”, come “evento raro, insolito o inaspettato” ed a rischio, seppure basso, di “diffusione internazionale”. L’epidemia non era stata prevista dalle autorità mondiali del settore sanitario.
Questi parametri hanno mobilitato le agenzie di intelligence, anche l’Aise italiana, che hanno mobilitato la rete di informatori per comprendere se l’esplosione di questa nuova epidemia sia un fatto casuale o sia stata provocata volutamente: un atto di bioterrorismo? Ipotesi chela comunità internazionale dell’intelligence ha formulato da parecchi anni. Basta ricordare quanto dichiarava nel 2002, Luciana Borio, docente del Johns Hopkins Center for Civilian Biodefense Strategies: ”Un’epidemia di Ebola avrebbe un impatto fortissimo nella nostra società , sia per l’elevata mortalità sia per l’assoluta mancanza di cure. Certo e’ impossibile predire con quale probabilità questi virus potrebbero essere utilizzati in attacchi biologici. Ma sappiamo che non e’ affatto impossibile trasformarli in armi. Per questo abbiamo l’obbligo di prepararci”. (L’Espresso e Repubblica – 11 aprile 2014)
Nella serata di venerdì 11 aprile, dopo che la notizia della nota del 4 aprile era già stata diffusa dagli organi di stampa, il ministero della Salute ha diramato una comunicazione.
Ecco le precisazioni del ministero della Salute:
“In merito a quanto diffuso da organi di informazione sull’epidemia di malattia da Virus Ebola che dopo i primi focolai in Guinea sta interessando alcuni Paesi limitrofi dell’Africa occidentale (Liberia, Sierra Leone, Mali), si precisa che:
il Ministero della Salute italiano fornisce costantemente aggiornamenti sull’evoluzione della situazione attraverso comunicati inviati alle Regioni e ad altre amministrazioni interessate alle problematiche sanitarie relative a viaggi e soggiorni internazionali. Questi comunicati sono consultabili nella Sezione del Portale del Ministero della Salute “Eventi Epidemici all’estero”.
Si sottolinea che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomanda, al momento, restrizioni di viaggi e movimenti internazionali di persone, mezzi di trasporto e merci.
Il rischio di infezione per i turisti, i viaggiatori in genere ed i residenti nelle zone colpite, è considerato molto basso se si seguono alcune precauzioni elementari, quali: evitare il contatto con malati e/o i loro fluidi corporei e con i corpi e/o fluidi corporei di pazienti deceduti oltre alle altre semplici e generiche precauzioni sempre consigliate in caso di viaggi in Africa Sub-sahariana quali ad esempio, evitare contatti stretti con animali selvatici vivi o morti, evitare di consumare carne di animali selvatici, lavare e sbucciare frutta e verdura prima del consumo, lavarsi frequentemente le mani.
Pur in presenza di un rischio remoto di importazione dell’infezione (va in proposito ricordato che l’Italia, a differenza di altri Paesi Europei, non ha collegamenti aerei diretti con i Paesi interessati dall’epidemia) il Ministero della Salute italiano ha dato per tempo disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali (porti e aeroporti presidiati dagli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera – USMAF) e sono state date indicazioni affinché il rilascio della libera pratica sanitaria alle navi che nei 21 giorni precedenti abbiano toccato uno dei porti dei Paesi colpiti avvenga solo dopo verifica, da parte dell’USMAF, della situazione sanitaria a bordo.
Per ciò che concerne gli aeromobili è stata richiamata la necessità della immediata segnalazione di casi sospetti a bordo per consentire il dirottamento dell’aereo su uno degli aeroporti sanitari italiani designati ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale 2005”.