L’armonizzazione delle fasce orarie di reperibilità per l’accertamento delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici e privati, indicata nella riforma della Pa, se mai verrà realizzata, potrebbe portare solo a un aumento delle ore in cui i lavoratori privati dovranno farsi trovare a casa dal medico fiscale.
È quanto emerge dalla lettura del nuovo decreto della Funzione pubblica contenente il regolamento per l’«accertamento delle assenze dal servizio per malattia», firmato dalla ministra Madia di concerto con il ministro Poletti e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre scorso. Nel testo, infatti, si confermano le attuali 7 ore di reperibilità giornaliera per il settore pubblico (9-13 e 15-18) contro le 4 ore di vincolo per quello privato (10-12 e 17-19).
Il regolamento entrerà in vigore il 13 gennaio e sul punto delle fasce orarie di reperibilità dei dipendenti pubblici non desta, alla fin fine, particolare stupore. Se la motivazione addotta dalla Funzione pubblica – a quanto si apprende – sarebbe stata quella di volere evitare «una minore incisività sulla disciplina dei controlli», essa non fa che confermare un orientamento mai nascosto anche nei mesi precedenti la costituzione del nuovo Polo unico per le visite fiscali gestito dall’Inps e in vigore dallo scorso settembre. Una richiesta specifica, in tal senso, era arrivata anche dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, il quale aveva auspicato che la reperibilità a casa nei giorni di malattia sia «di almeno sette ore per tutti», non avendo senso «che ci siano differenze tra pubblico e privato» (si legga il Sole 24 Ore del 10 febbraio 2017). Un’opinione, quella di Boeri, fatta propria anche dalla Funzione pubblica e confermata di fronte al Consiglio di Stato, che sul regolamento che cambia la disciplina delle visite fiscali si era espresso con il parere 1939/17 (si legga il Sole 24 Ore del 5 settembre 2017). Sul tema il presidente dell’Inps è tornato anche ieri: «Non uniformare le fasce – ha detto – potrebbe far diminuire le visite fiscali nella Pa. La mancata armonizzazione rende più difficile realizzare quelle economie di scala che sono alla base della scelta del polo unico. Se ci sono due dipendenti malati, uno pubblico e uno privato in una piccola località, per ridurre i costi unitari dei controlli si potrà essere costretti a rinunciare a visitare sia l’uno che l’altro».
Venendo alle altre disposizione contenute nel decreto Madia-Poletti, non si segnalano particolari novità rispetto a quanto emerso nei mesi scorsi. Detto che la visita fiscale può essere richiesta dal datore di lavoro pubblico fin dal primo giorno di assenza del servizio, utilizzando il canale telematico messo a disposizione dall’Inps, si conferma che le visite fiscali possono essere effettuate con cadenza sistematica e ripetitiva anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale, nonché nell’ambito della stessa giornata. L’obiettivo è quello di ridurre la differenza fra le assenze nel settore pubblico (11 in media nell’anno) rispetto a quello privato (5), e a uniformare le percentuali d’assenza sul territorio nazionale (9,8 giorni di media registrati nel 2015 nel Nord-Est contro i 13 del Sud).
La stretta sulle assenze dei dipendenti pubblici si registra, infine, anche per quanto concerne le cause di esclusione dai controlli, per cui il nuovo regolamento prevede una disciplina unica. Su questo fronte il dipendente pubblico in malattia non avrà un obbligo di reperibilità solo in tre casi (prima erano cinque), ossia patologie gravi che richiedono terapie salvavita, malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio e stati patologici connessi alla situazione d’invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%: una percentuale minima, quest’ultima, già in vigore nel privato ma non presente nella Pubblica amministrazione.
Mauro Pizzin – Il Sole 24 Ore – 3 gennaio 2018